Biotecnologie avanzate per un’agricoltura produttiva e sostenibile
di Riccardo Palmisano
DOI 10.12910/EAI2020-008
Le tecniche di innovazione genetica più recenti rappresentano una prospettiva ineludibile per l’agricoltura del futuro e di particolare interesse per il nostro Paese a fronte delle evoluzioni climatiche attese, all’insorgere di nuove patologie e organismi invasivi. Ma per poterle sviluppare e applicare con successo è essenziale un quadro normativo ripensato e rinnovato e la collaborazione tra ricerca privata e pubblica, superando i ritardi e i limiti di cui soffre quest’ultima
Riccardo PalmisanoPresidente di Assobiotec
L’espressione intensificazione sostenibile ben descrive la sfida che affronta l’agricoltura a livello globale per offrire cibo più abbondante e sano per tutti. Le biotecnologie hanno tutto il potenziale per portare un contributo importante a questa sfida, al pari di un’altra rilevante forma di innovazione che si affaccia sulla scena come protagonista, ovvero l’applicazione di automazione, l’elaborazione complessa di dati e la digitalizzazione, che prende il nome di agricoltura di precisione. Questo senza dimenticare che se già oggi siamo di fronte a notevoli progressi nella capacità di produrre di più con meno, cioè in maniera più sostenibile, lo dobbiamo a tecniche convenzionali: meccanica, chimica, ingegneria, genetica mendeliana sono basi che non tramontano, ma sono piuttosto destinate ad evolversi e ad integrarsi sempre più con biotecnologie e agricoltura di precisione.
La biodiversità nella sua accezione non solo fenologica, ma di approfondita conoscenza delle caratteristiche genetiche delle piante, rappresenta la base di partenza per qualsiasi ulteriore progresso nell’ambito delle biotecnologie, perché senza legare l’espressione di un carattere di interesse alle sequenze geniche da cui lo stesso dipende, non si può pensare ad una genetica avanzata.
Gli strumenti oggi a disposizione consentono una rapidità e una precisione di sequenziamento fino a ieri impensabile. Se a ciò uniamo la possibilità di automatizzare anche il rilevamento delle caratteristiche fenologiche con le piattaforme di fenotipizzazione, l’accelerazione delle potenzialità degli strumenti di conoscenza e di descrizione appare più che evidente.
La ricerca italiana ha dimostrato di avere caratteristiche di eccellenza e se oggi disponiamo di mappe geniche delle principali colture lo dobbiamo anche al rilevante contributo dei centri e dei ricercatori italiani che non sono secondi a nessuno.
La conoscenza della diversità genetica relativa alle diverse varietà coltivate, comprese quelle non più in uso diffuso fino a quanto di più simile al selvatico pre-domesticazione, va a costituire quel catalogo ideale di caratteri dove possiamo trovare una serie di risorse che vanno dalla resistenza alle avversità biotiche e abiotiche, all’adattamento agli stress ambientali, all’espressione di caratteristiche sensoriali utili all’apprezzamento del consumatore e dell’industria di trasformazione.
L’aver individuato tali caratteri d’interesse sarebbe di modesta utilità se non disponessimo ora di strumenti rapidi, efficienti e precisi per poterli utilizzare, il che significa poterli esprimere in varietà vegetali che, oggetto fino ad ora di una certamente utile genetica più convenzionale ed empirica, hanno comunque già raggiunto un potenziale produttivo notevole. Gli strumenti dell’editing genomico sono quelli che ci consentono oggi di prevedere ampie possibilità di riappropriazione di caratteri utili all’interno di una singola specie, senza perdere i vantaggi già ottenuti in decenni, se non secoli, di miglioramento genetico. Questa prospettiva di miglioramento non va oltre la barriera biologica della specie, non essendo inseriti geni estranei, ma consente di raggiungere, con precisione e rapidità fino a ieri impensabili, risultati che teoricamente si potrebbero raggiungere solo con un faticoso e lungo processo di miglioramento convenzionale, tanto che il risultato finale risulta indistinguibile rispetto alla tecnica, convenzionale o avanzata, con il quale si è ottenuto.
Investire in ricerca e proteggere la proprietà intellettuale
Le più recenti tecniche di innovazione genetica, in particolare l’editing genomico, rappresentano quindi una prospettiva ineludibile per l’agricoltura del futuro, tanto più in quanto la loro flessibilità, velocità e adattabilità le rendono particolarmente interessanti per l’agricoltura italiana, a fronte anche della necessità che essa ha di adeguarsi alle possibili evoluzioni climatiche e alla insorgenza di nuove patologie, così come alla presenza di nuovi organismi invasivi.
La collaborazione tra ricerca pubblica e privata è essenziale per sviluppare e applicare con successo queste prospettive di innovazione all’agricoltura italiana. In questo settore i programmi di ricerca pubblica in Italia soffrono dei ritardi e dei limiti strutturali comuni a tutti i settori di ricerca, limitandone i tempi di sviluppo e le prospettive competitive, mentre si delineano fenomeni di concentrazione delle attività di ricerca (Cina, Stati Uniti, Nord Europa) non necessariamente orientati alle esigenze della nostra agricoltura.
Inoltre, per garantire gli investimenti nella ricerca, siano essi pubblici o privati, è essenziale la protezione della proprietà intellettuale. Strumenti pubblici che favoriscano l’accesso alla protezione della proprietà intellettuale da parte delle imprese di dimensioni minori e della ricerca pubblica possono essere poi di rilevante importanza e devono essere promossi per sostenere gli sforzi rivolti all’innovazione.
Gli ostacoli per un’implementazione dei progetti di ricerca e più oltre del trasferimento dei risultati alle attività produttive, sono però di ordine prevalentemente giuridico. L’applicazione della Direttiva 18/2001, pensata per tecnologie diverse – di tipo transgenico – e in un contesto non più attuale, rappresenta, nella sostanza e nelle modalità di applicazione, uno strumento non solo inadeguato, ma tale da bloccare ogni possibile sviluppo dell’innovazione. Una sensibilizzazione delle autorità nazionali e dell’Unione Europea, in funzione di una legislazione che consenta la valutazione dei prodotti innovativi sulla base delle loro caratteristiche intrinseche e non sulla base del processo con cui sono stati ottenuti, appare ora come indispensabile. La possibilità di sperimentare in campo i prodotti dell’innovazione non dovrebbe però essere ora subordinata alla futura disponibilità di una nuova legislazione, ricorrendo – se non si individuano strumenti migliori – a una applicazione adeguatamente semplice e rapida dell’attuale normativa, cosa possibile a livello nazionale con la collaborazione delle Regioni, senza vincoli particolari.
Metodi diagnostici innovativi e trasferimento tecnologico
Oltre alle tecniche di editing genomico, anche altre tecnologie ascrivibili al settore biotecnologico appaiono come promettenti e di grande utilità. I metodi di sequenziamento rapido e preciso di cui disponiamo non sono solo utili come strumenti di conoscenza, ma ci permettono anche di mettere a punto metodi diagnostici per individuare contaminazioni microbiche o di altro genere, così come di caratterizzare le situazioni patologiche delle colture, ben al di là di quello che è possibile mediante la verifica visiva dei sintomi o con i metodi della microbiologia convenzionale. In una prospettiva diversa, quella di caratterizzazione dell’origine, della varietà e delle caratteristiche proprie dei prodotti (il “DNA garantito”), questi strumenti si offrono come tutela di produttori e consumatori, prevenendo fraudolente indicazioni a danno di entrambi.
La coltivazione di cellule e tessuti vegetali in vitro è un altro ambito in cui le conoscenze di biologia molecolare hanno consentito notevoli progressi. Ciò ci consente di portare a sviluppo completo come piante coltivabili quanto ottenuto a livello cellulare, ma anche di disporre di materiale vegetale riproduttivo di elevata sanità.
L’impiego di microorganismi o principi attivi da essi derivati per controllare le malattie fungine, batteriche e virali, nonché le avversità animali (insetti, acari, nematodi) delle piante è una tecnica già consolidata e che va a integrare i più diffusi presidi di natura chimica. Anche qui la disponibilità di metodi di biologia molecolare e una conoscenza più approfondita dei meccanismi biologici implicati nel rapporto parassita–ospite stanno consentendo di ottenere risultati di efficacia sempre più soddisfacenti.
La possibilità di un utilizzo più efficiente dei nutrienti messi a disposizione delle piante è una frontiera importante. Il miglioramento genetico può dare un contributo importante a incrementare la capacità delle piante di assorbire, utilizzare ed accumulare i nutrienti stessi. Con un approccio diverso, la constatazione che le comunità microbiche presenti nel terreno giocano un ruolo importante in questi processi, specie quando si rapportano strettamente con gli apparati radicali, fanno sì che questa area sia oggetto di interesse particolare da parte della ricerca biotecnologica, considerato anche che il microbioma può contribuire significativamente a contenere patologie che originano dal sistema terreno o stimolare l’energia germinativa dei semi.
Per quanto riguarda la difesa delle colture, anche le tecniche che utilizzano il meccanismo dell’RNA interferente, ovvero la capacità di frammenti determinati di RNA di spegnere l’espressione genica, sono oggetto di intensa attività di ricerca. Le modalità di impiego sono sostanzialmente analoghe a quelle dei prodotti chimici convenzionali, quindi di facile adozione e con un impatto ambientale prevedibilmente minore.
Superare gli ostacoli tecnici e finanziari frapposti tra laboratorio e campo
In conclusione, il settore industriale delle biotecnologie guarda con grande interesse alle prospettive di un’agricoltura produttiva e sostenibile, facente ampio ricorso agli strumenti e ai risultati della biologia molecolare, della genetica vegetale in primo luogo, ma anche di tutti gli altri strumenti riconducibili alle biotecnologie avanzate. Questo può avvenire solo in un contesto che veda un sostegno deciso alla ricerca nazionale, con un rapporto organico di collaborazione tra il settore pubblico e quello privato, orientati verso un modello di “open innovation”, dove le idee innovative trovino modalità e strumenti di trasferimento tecnologico, che consentano di superare gli ostacoli tecnici e finanziari che si frappongono tra il laboratorio e il campo.
Il risultato deve essere la messa a disposizione, in un contesto multidisciplinare di integrazione tra le più diverse competenze e tecnologie, di strumenti sempre più avanzati, a tutela del reddito degli imprenditori agricoli, per una corretta gestione ambientale e per la soddisfazione delle esigenze di salute e alimentazione dei consumatori.
Ma tutto ciò si deve accompagnare a un quadro normativo ripensato e rinnovato, come detto più sopra, che tenga conto delle peculiarità delle nuove tecnologie, con un razionale approccio di valutazione dei rischi e dei benefici basato sulla scienza. Senza dimenticare che agricoltura e alimentazione hanno anche una caratterizzazione culturale e comunitaria che fa parte dall’identità dei singoli territori e dell’Italia stessa, espressione di un aspetto di sostenibilità sociale del tutto peculiare che merita il massimo rispetto.