Donne, giovani, innovazione e COVID-19, le sfide per un’agricoltura protagonista del futuro verde
di Teresa Bellanova
DOI 10.12910/EAI2020-001
La pandemia ha evidenziato con forza il tema dell’approvvigionamento alimentare e la necessità, per tutti, di avere cibo, sano e sicuro e di mettere questa ‘filiera della vita’ al centro, declinandone la sostenibilità negli aspetti chiave: ambientale, sociale, economica. E, in questo contesto, l’agricoltura può e deve essere protagonista del ‘futuro verde’ annunciato dall’Unione Europea
di Teresa Bellanova, Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali
“Quando ci sono più donne a gestire risorse come le foreste, si ha una maggiore attenzione alla loro conservazione. E questo è importante in un’ottica di sviluppo sostenibile”. Apro questo mio breve contributo su come agricoltura, sostenibilità e innovazione sono, e sempre più lo dovranno essere, strettamente intrecciate, con le parole della grande economista indiana Bina Agarwal. Restituiscono una verità che si radica ancora più forte nell’esperienza di queste drammatiche settimane in cui il mondo si sta misurando con la pandemia da COVID-19 e in cui, dovunque, agricoltura e filiera alimentare confermano la loro essenzialità, strategicità, il loro essere abitate, in grandissima parte, da donne. Quelle che io considero, insieme alle nuove generazioni, il più straordinario e potente fattore di innovazione su cui poter contare in agricoltura.
Se è vero che nulla sarà come prima, questo è un punto che le scelte politiche dovranno contemplare. L’agenda economica e sociale del nostro Paese, come quella europea. Ancora una volta mettendo al centro la filiera alimentare come filiera della vita e declinando la sostenibilità nei suoi aspetti chiave: ambientale, sociale, economica.
Per questo l’agricoltura può e deve partecipare compiutamente, da protagonista, al futuro verde annunciato dall’Unione Europea.
È la ragione per cui ai colleghi ministri dell’agricoltura europei ho chiesto, nelle prime settimane dell’emergenza, coraggio e visione. Coraggio “per mettere in campo azioni mai immaginate”. Visione “per portare l’Unione europea oltre questo momento drammatico”.
Due elementi su tutti, concomitanti e ugualmente determinanti, muovono in questa direzione: la pandemia ha evidenziato con forza il tema dell’approvvigionamento alimentare e della necessità, per tutti, di avere cibo, sano e sicuro; le filiere di produzione alimentare sono state le uniche, insieme a quelle sanitarie, a non essersi mai fermate.
Un Piano straordinario per l’agricoltura
Garanzia dell’approvvigionamento di cibo e ruolo fondamentale dei sistemi agroalimentari si impongono. Oggi, come mai prima, la funzione della PAC torna dunque alla sua origine e c’è l’urgenza di un Piano straordinario per l’agricoltura europea con risorse straordinarie. Servono strumenti innovativi, differenti da quelli attivati in passato dinanzi a calamità naturali o a crisi di mercato. Una strategia di intervento comune per considerare e anzi anticipare, con risposte convincenti ed efficaci, i diversi scenari nel medio e lungo termine. Non un agricoltore, un allevatore o un pescatore dovranno smettere il proprio lavoro. E nessuno degli operatori della filiera agroalimentare, né della ristorazione.
È in questo scenario di sistema che si inscrive, e non può essere diversamente, una riflessione puntuale anche sull’intreccio agricoltura, innovazione, sostenibilità. Accesso al cibo, garanzia degli approvvigionamenti, qualità e sicurezza alimentare, tutela e salvaguardia del territorio e del paesaggio, tutela di risorse preziosissime come suolo, acqua e aria si rivelano con chiarezza indiscutibile fortemente interconnessi.
Innovazione anche come capacità di disseminare nelle aziende, anche quelle più piccole, quanto scienza, tecnologia, ricerca mettono a disposizione, perché l’intero mondo delle nostre imprese agricole e agroindustriali ne sia completamente coinvolto e informato. Una sfida nella sfida, direi, perché il Green deal non sia solo uno slogan o un elenco di buoni propositi ma divenga intelligenza applicata.
Sfida epocale
Se in queste settimane ci siamo resi conto che esiste uno spartiacque tra il mondo del prima e dopo il COVID-19, oggi dobbiamo prepararci a saper affrontare la trasformazione e la ricostruzione. Senza dimenticare l’urgenza concomitante del dover dare risposte alla crisi climatica, prefigurando il necessario cambiamento che richiede nei nostri modelli economici e sociali. Perché il cambiamento climatico sta già producendo i suoi effetti a livello globale come registriamo anche nel nostro Paese negli ultimi tempi con esiti fortemente drammatici: le alluvioni che flagellano il Paese, gelate al sud, siccità al nord, tempeste in grado di spazzare via milioni di alberi in un solo giorno, fitopatologie come conseguenza diretta della crisi climatica.
Eppure anche in questo caso l’agricoltura si conferma strategica e si afferma come parte centrale della soluzione. Anche nel suo ruolo di presidio del territorio e del paesaggio, oltre che nel suo essere un laboratorio straordinario di nuove pratiche e di innovazione, come ci dice l’agricoltura di precisione.
Non a caso nella Legge di bilancio abbiamo esteso Impresa 4.0 all’agricoltura e la parola blockchain è citata solo in relazione all’agricoltura e all’agroalimentare.
Un dato deve essere evidente: spopolamento, abbandono delle terre, incuria, dissesto idrogeologico, consumo di suolo e di acqua, perdita del paesaggio e dunque spaesamento, non sono irreversibili.
Se curiamo la terra e proteggiamo il paesaggio, se lavoriamo per riportare l’agricoltura, di precisione soprattutto, nei territori e nelle aree interne, se affiniamo sempre di più i quadri di conoscenza e li interconnettiamo, se non disperdiamo la lezione drammatica che arriva anche da queste settimane, se rafforziamo l’alleanza tra qualità, sicurezza alimentare, forza produttiva del nostro settore primario, innovazione, sostenibilità, noi disegniamo un paradigma formidabile.
Innovazione&Giovani
Il futuro del nostro Paese passa da qui. E passa da qui l’alleanza che costruiamo con le nuove generazioni, la più straordinaria leva per l’innovazione su cui possiamo contare. Agricoltura e agroalimentare rappresentano straordinari driver di futuro. La filiera alimentare coincide con una parte importante dell’interesse nazionale.
Molti di questi temi li abbiamo individuati come campo di lavoro di quella Consulta climatica che avremmo insediato a marzo e che abbiamo soltanto posticipato. Il luogo dove costruire il futuro dell’agricoltura nel nostro Paese e individuare politiche coerenti per una vera e proprio strategia nazionale sul sistema agricolo, agroalimentare, forestale e della pesca in stretta correlazione con futuro verde e neutralità climatica a cui l’Europa lega il suo destino.
Un destino che già ci vede leader. All’appuntamento con la sfida epocale delle trasformazioni climatiche e del green new deal l’agricoltura italiana si presenta con le carte in regola, forte di un assorbimento netto paragonabile, seppure con un ordine di grandezza inferiore, a quello dell’intera attività forestale.
Dal 1990 ad oggi, infatti, la nostra agricoltura ha capitalizzato nei suoli la sostanza organica, fissando la CO2, grazie allo sviluppo di pratiche agro-climatico-ambientali sempre più efficienti, sostenute dai regimi di aiuto della PAC, determinando un assorbimento netto di gas a effetto serra, principali responsabili dei cambiamenti climatici.
Come le foreste, polmone verde di tutti gli ecosistemi, anche il settore primario entra contabilmente con il “segno meno” nell’Inventario nazionale delle emissioni e degli assorbimenti dei gas serra, con la sottrazione di 28.581,50 kilotonnellate di CO2 dall’atmosfera, valore che sale a -75.244,41 kt se si considera anche l’effetto netto dei rimboschimenti e delle deforestazioni. Lo dice il confronto con la fotografia “emissiva” scattata nel 1990, anno base del Protocollo di Kyoto, e quella attuale relativa al periodo 2013-2017 e che misurano di fatto il credito di CO2 con cui l’agricoltura italiana parte nella roadmap del ‘Green deal’.
Contrariamente a quanto osservato per il settore energetico, i processi industriali, i trasporti e il ciclo dei rifiuti, il contributo agricolo positivo alla mitigazione dei cambiamenti climatici può dunque essere considerato uno dei baricentri intorno a cui definire un approccio strategico nazionale orientato a un maggiore livello di ambizione nelle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, di protezione dell’ambiente e di tutela della biodiversità.
Un approccio in cui sarà determinante anche il potenziamento degli strumenti di gestione del rischio che, attraverso la stabilizzazione dei redditi agricoli, contribuiranno, al pari dei regimi ecologici, a ricompensare gli agricoltori per le migliori prestazioni ambientali e climatiche, con interventi che includono la gestione e lo stoccaggio del carbonio nel suolo e un utilizzo più efficace dei nutrienti.
Una Strategia nazionale per acqua, territorio e contrasto al dissesto idrogeologico
A questo elemento, e mi avvio verso la conclusione, ne aggiungo un altro che considero di straordinaria importanza: la “Strategia nazionale su risparmio idrico, tutela territoriale, contrasto al dissesto idrogeologico”, messa in campo dal nostro Ministero per un uso efficiente delle risorse naturali non solo quale elemento indispensabile per garantire la sostenibilità ambientale dei processi produttivi ma anche fondamentale fattore di nuova competitività per il settore agro-alimentare da cogliere in chiave di innovazione tecnologica, innovazione di prodotto, creazione di nuove catene del valore all’interno di nuovi percorsi di bioeconomia ed economia circolare.
Una strategia ambiziosa e complessa che ha consentito, in questi anni, il finanziamento di decine e decine di progetti di rilevanza nazionale nel settore della bonifica idraulica e del risparmio idrico in agricoltura. E che prosegue anche quest’anno con ulteriori interventi in corso di finanziamento grazie allo scorrimento della graduatoria del Programma di sviluppo rurale nazionale - PSRN; l’utilizzo dei fondi del DPCM 11 giugno 2019 (295 milioni di €) per opere strategiche nel settore dell’irrigazione e della bonifica idraulica; il bando esclusivamente rivolto al Mezzogiorno, per 86 milioni di euro a valere sul Fondo sviluppo e coesione. Obiettivo: salvaguardare suolo e acqua e favorire la diffusione di metodi di produzione moderni basati sulle nuove tecnologie del precision farming e sull’efficace ricorso a sistemi di supporto alle decisioni, a partire dall’ammodernamento delle infrastrutture irrigue e delle relative tecniche agronomiche; ottimizzazione degli usi agricoli dell’acqua, anche attraverso l’impiego di tecnologie volte ad assicurare il monitoraggio, i sistemi di consiglio irriguo e la quantificazione dei volumi (prelevati ed impiegati).
Bonifica idraulica e risparmio idrico non equivalgono, però, solo a una pianificazione infrastrutturale, ma anche a un quadro di informazioni preziose. A questa Strategia si intreccia fortemente il sistema di conoscenze che si definisce attraverso la Banca dati Investimenti Irrigui e il Sistema informativo nazionale per la gestione della risorsa idrica in agricoltura, non ultimo il ruolo proprio del Sigrian nella definizione di modelli di certificazione sulla sostenibilità.
Accompagnare e governare nel senso più ampio che questa parola evoca il cambiamento in atto, questo l’obiettivo del processo descritto.
La transizione necessaria e i cambiamenti che si richiedono ai decisori politici hanno urgenza di un sistema di governance più efficace e capace di fornire adeguati strumenti per la gestione, la conoscenza e la trasparenza delle azioni intraprese e degli impatti generati. Gli agricoltori oggi, spesso senza accorgersene, sono grandissimi produttori non solo di cibo ma di dati. E la gestione di questi dati è fondamentale per indirizzare al meglio le buone pratiche di coltivazione.
Come gestirli?
Dal mio punto di vista la domanda corretta è: come può lo Stato rinnovarsi per essere all’altezza della sfida? Perché la capacità di analizzare e utilizzare questi dati sarà decisiva per guidare le scelte amministrative e politiche dei prossimi anni.
Più conosciamo a fondo le esigenze particolari delle nostre filiere e delle nostre agricolture, meglio potremo pensare di dare risposte.