Sfide attuali, centralità del cibo e terza ‘rivoluzione verde’
di Massimo Iannetta
DOI 10.12910/EAI2020-003
Produrre di più e meglio con meno risorse, ridurre gli sprechi, favorire una distribuzione più equa: è la grande sfida con la quale i sistemi alimentari sono chiamati sempre più a confrontarsi, ponendo grande attenzione alla sostenibilità. È una sfida che vede il consumatore/cittadino come vero driver nella produzione di alimenti attraverso la richiesta di cibi più salubri, nutrienti e naturali e che richiede una vera e propria ‘terza rivoluzione verde’, imperniata sull’uso efficiente delle risorse, una grande capacità di adattamento e la diffusione di metodologie di agricoltura conservativa e di precisione
di Massimo Iannetta, Responsabile Divisione Biotecnologie e Agroindustria, ENEA
La Commissione Europea nel 2015 ha lanciato l’iniziativa “FOOD2030: Research and Innovation for Tomorrow’s Nutrition and Food Systems”, identificando le priorità nell’ambito della ricerca ed innovazione agroalimentare: nutrizione per diete salubri e sostenibili; rispetto dell’ambiente e del clima; efficientamento delle risorse e circolarità; innovazione e coinvolgimento delle comunità. Ha preso così forma il concetto di filiera e si è arrivati all’idea di sostenibilità integrata e di bioeconomia rigenerativa e circolare attraverso la strategia “Farm to Fork” dell’attuale Green new Deal europeo.
Il cibo europeo è famoso per essere sicuro e di alta qualità e ora dovrebbe anche diventare lo standard globale per la sostenibilità. Ci sono nuove opportunità per tutti gli operatori della filiera alimentare. Le nuove tecnologie e lo sviluppo della conoscenza scientifica, unite alla crescente consapevolezza dell’opinione pubblica per una domanda di alimenti sostenibili, andranno a beneficio di tutte le parti interessate. Gli obiettivi in via di definizione sono essenzialmente quelli di:
- garantire prodotti alimentari sostenibili a costi contenuti,
- far fronte ai cambiamenti climatici,
- proteggere l’ambiente,
- preservare la biodiversità e potenziare l’agricoltura biologica,
- favorire l’inclusione sociale.
Il tutto, nell’ottica di una transizione che vedrà protagonisti tutti gli attori della filiera:
- agricoltori e pescatori europei dovranno sostenere maggiori sforzi per affrontare i cambiamenti climatici, proteggere l’ambiente e preservare la biodiversità, riducendo significativamente l’uso e il rischio di pesticidi chimici, di fertilizzanti e antibiotici. La Commissione identificherà le misure necessarie sulla base di un dialogo con le parti interessate. Parallelamente, il quadro europeo dovrà tener conto delle prove scientifiche sul rischio sanitario rappresentato dalle sostanze chimiche usate in agricoltura, come interferenti endocrini del nostro sistema ormonale;
- gli operatori della trasformazione e della vendita al dettaglio dovranno agire sui trasporti, lo stoccaggio, l’imballaggio ed i rifiuti alimentari per ridurne l’impatto ambientale;
- i consumatori dovranno scegliere diete sane e sostenibili e ridurre gli sprechi alimentari, orientando la produzione verso nuovi modelli in grado di valorizzare la provenienza del cibo, il suo valore nutrizionale e il suo impatto ambientale, con gli annessi aspetti etici e sociali annessi.
L’Osservatorio Nomisma, in un recente studio, ha evidenziato tre dati fondamentali riguardanti l’agricoltura in Italia. Il primo riguarda la sicurezza degli alimenti che, secondo i controlli delle autorità per la sicurezza alimentare, risultano essere assolutamente privi di residui, meglio di quanto possano vantare Francia, Spagna e Germania. Sul fronte degli sprechi, l’indagine mostra un secondo dato particolarmente significativo: i rifiuti alimentari pro-capite (126 kg annui) risultano inferiori del 16% rispetto alla media europea e in forte calo nell’ultimo decennio.
Alla sensibilità green degli agricoltori italiani va il merito del terzo dato da evidenziare, ossia quello relativo all’impiego di fitofarmaci e fertilizzanti. Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), nell’ultimo decennio l’utilizzo di questi prodotti è stato notevolmente ridotto: è il caso degli insetticidi (da 1,2 kg di principi attivi ad ettaro a 0,6 kg), dei fungicidi (-30%), degli erbicidi (-20%), ma anche di azoto (-25%), anidride fosforica (-36%) e ossido di potassio (-50%). Ancora, secondo il report, il nostro paese detiene il record UE di superficie e incidenza bio per seminativi e colture permanenti con 1,5 milioni di ettari, davanti a Francia, Spagna e Germania. Infine, il settore agroalimentare italiano registra un calo delle emissioni di gas serra (-12,3% negli ultimi vent’anni secondo Eurostat), che incidono per il 7% sul totale delle emissioni contro il 10% della media europea.
Le criticità risultano invece evidenti nella disponibilità di risorse idriche, dove è troppo elevato il rapporto tra prelievo e disponibilità, nel consumo di suolo cresciuto del 50% negli ultimi trenta anni e nei redditi delle imprese agricole italiane, che non sono minimamente cambiati rispetto a cinque anni fa, a fronte di una crescita media europea del 6% (con Spagna e Francia a +11%). Un fenomeno che si lega principalmente a fattori strutturali del settore agroalimentare italiano, come la frammentazione aziendale, la ridotta organizzazione produttiva e commerciale, gli alti costi di produzione e la mancanza di economie di scala.
Il nuovo ruolo del consumatore
In Europa e in Italia in particolare, il consumatore/cittadino, può diventare sempre di più il driver nella produzione di alimenti, invertendo il paradigma della filiera in termini di “Fork to Farm”, attraverso la richiesta di cibi più salubri, nutrienti e naturali, in relazione anche ai concetti di sostenibilità ambientale (gestione dei suoli, salvaguardia dei territori, riduzione degli sprechi). Il nuovo ruolo del consumatore può trasformare il concetto di qualità totale di un alimento in qualità globale del sistema agroalimentare, dove la qualità si costruisce lungo tutta la filiera, che parte dal campo e si conclude nel piatto del consumatore.
La rilevante novità che questo approccio introduce è l’aspetto transdisciplinare dei Sistemi Alimentari Sostenibili, che deve essere intrapreso per poter intervenire al meglio sui diversi ambiti che contribuiscono alla qualità globale.
La strategia conterrà “misure legislative e non legislative” per aumentare la sostenibilità della produzione agricola e alimentare, inclusi i settori della vendita al dettaglio, integrandosi con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che in maniera ancora più ambiziosa guarda al tema della distribuzione delle risorse agroalimentari per ridurre la forbice tra scarsità e abbondanza, che caratterizza sempre di più le dinamiche globali del cibo.
La maggior parte dei prodotti scambiati sui mercati internazionali (seminativi, colture industriali, foraggere) vengono considerati “commodities”, prodotti indistinti soggetti alla forte volatilità dei listini, governati da pochi a danno di tanti. Sono mercati che non premiano i territori e la qualificazione delle produzioni; occorre quindi trasformarli attraverso innovazioni che sappiano guardare al forte legame delle produzioni agroalimentari con gli agroecosistemi di riferimento a livello locale per valorizzarne le potenzialità, ma anche alle recenti traiettorie della bioeconomia rigenerativa e circolare affinché possano diventare delle “specialties”. Tutto ciò concaratteristiche in linea con i fabbisogni (anche nuovi) dei consumatori e del mercato, con una piena valorizzazione sia delle parti nobili della coltura, destinate al food, che dei bioprodotti derivanti dagli scarti e sottoprodotti di diverse filiere.
Sistemi di agricoltura conservativa e di precisione
Fare fronte a questi nuovi bisogni implica grande capacità di adattamento nel mettere a punto sistemi di agricoltura conservativa e di precisione per un uso efficiente delle risorse, recupero di varietà locali, strumenti di prevenzione, monitoraggio e controllo delle fitopatie, approcci agroecologici e biotecnologici per ridurre l’uso dei fitofarmaci, tecnologie omiche e di genome editing per un’agricoltura resiliente ai cambianti ambientali e sostenibile, anche in ambienti urbani e peri-urbani, orientata alla salute dell’ambiente e dell’uomo. Si tratta di una vera e propria terza rivoluzione verde! Su questi temi si sta misurando l’ENEA e la sua rete diffusa di collaborazioni a livello nazionale, europeo e internazionale nel mondo della ricerca e dell’innovazione.
Conclusioni
Sempre di più ci stiamo avvicinando ai consumatori per sensibilizzarli su questi temi, mediante azioni mirate di comunicazione e formazione inerenti la qualità e sicurezza alimentare, la rintracciabilità di materie prime e prodotti e la dimostrazione di origine, nonché la diffusione di buone pratiche anti-spreco, che sono essenziali per rendere i consumatori più consapevoli dell’importantissimo ruolo che essi possono svolgere a tutela della propria salute e dell’ambiente. Determinante sarà quindi il rapporto con le associazioni dei consumatori, per declinare le loro reali esigenze e favorire una più corretta informazione/educazione, volta anche a rafforzare una più equa distribuzione del cibo tra le classi sociali più deboli, in linea con gli Obiettivi dell’Agenza 2030 sullo sviluppo sostenibile dell’ONU.
L’organizzazione di iniziative condivise tra i diversi attori rafforzerà sempre di più l’interazione tra i consumatori e il mondo della ricerca, le agenzie di ispezione e controllo, il sistema produttivo e la distribuzione, consentendo di rafforzare la loro fiducia nella filiera di produzione e nel sistema di garanzia che ne è alla base.