Il ruolo fondamentale dell’efficienza energetica come volano della ripresa
di Roberto Moneta e Alessandro Pellini
DOI 10.12910/EAI2020-060
In questo periodo così difficile è ancora più importante guardare avanti e interrogarsi su come rilanciare l’economia e dare speranza a famiglie, imprenditori e lavoratori. L’efficienza energetica ha un ruolo fondamentale e può certamente essere un volano della ripresa economica, in particolare modo per la riqualificazione del patrimonio edilizio e nei trasporti, settori cui sono riconducibili i tre quarti dei consumi finali italiani e dove si registrano ampi margini di riduzione delle emissioni.
Roberto Moneta
Amministratore Delegato del Gestore dei Servizi Energetici – GSE
Alessandro Pellini
Funzione Studi e Monitoraggio Piano Energia e Clima, Gestore dei Servizi Energetici - GSE
Il 2020 si è appena concluso, anno che ci ha posto di fronte ad un evento senza precedenti, quello della pandemia da COVID-19 che tanto sta costando al nostro Paese e al mondo in termini di vite umane e di danni per l’economia. A tal proposito, secondo l’ultima rilevazione di ISTAT sulle “imprese nell’emergenza sanitaria da COVID-19” sette imprese su 10 (il 68,4% che rappresentano il 66,2% dell’occupazione) tra giugno e ottobre hanno denunciato un calo del fatturato rispetto al 2019. Nel 45,6% dei casi il fatturato si è ridotto tra il 10% e il 50%, nel 13,6% si è più che dimezzato e nel 9,2% è diminuito meno del 10%. Rispetto a quanto rilevato per il bimestre marzo-aprile 2020 si è notato un miglioramento (ad es: le imprese che hanno registrato un fatturato più che dimezzato passano dal 41,1% di marzo-aprile al 13,6% di giugno-ottobre), ma resta confermata un’elevata incidenza di imprese che presentano valori delle vendite in flessione. Purtroppo, anche all’inizio del 2021 l’andamento della curva epidemiologica e le misure di contenimento dei contagi in atto non lasciano prevedere una ripresa sostenuta almeno nel breve periodo. Proprio in queste giornate difficili per quanto sta avvenendo in Italia, in Europa e nel mondo diventa ancora più importante guardare avanti e interrogarsi su come rilanciare l’economia e dare speranze alle famiglie, agli imprenditori e ai lavoratori.
Pilastri fondamentali
Nel discorso sullo stato dell’Unione del 16 settembre 2020 Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, ha presentato la sua visione di un’Europa che emerge più forte dalla pandemia e entra vitale nel nuovo decennio. Secondo Von der Leyen il Green Deal europeo sarà “il motore per la ripresa” e la “bussola” per trasformare la crisi dovuta alla pandemia in un’opportunità per ricostruire le economie e le società degli Stati Membri in modo diverso e più resiliente e per affrontare i cambiamenti climatici. La pandemia deve spingere a rafforzare gli elementi costitutivi del Green Deal europeo e innalzarne le ambizioni. Per questo, su impulso della Commissione Europea e della sua Presidente, l’11 dicembre 2020 i leader dell'UE hanno raggiunto un accordo per incrementare l'obiettivo di riduzione delle emissioni per il 2030 dal 40% al 55%. Ciò metterà l’UE sulla buona strada per conseguire la neutralità climatica entro il 2050 e per rispettare gli obblighi derivanti dall’accordo di Parigi. Inoltre, il 37% dei finanziamenti derivanti da Next Generation EU, il nuovo strumento per la ripresa con una dotazione di 750 miliardi di euro, nelle intenzioni della Commissione dovrà essere investito negli obiettivi del Green Deal europeo, compresi i progetti faro europei: idrogeno, edilizia ecocompatibile e un milione di punti di ricarica dei veicoli elettrici. L’energia e la transizione verso un sistema energetico decarbonizzato e basato sul principio “energy efficiency first” che prevede di tenere nella massima considerazione, nelle decisioni di pianificazione energetica, le misure di efficienza energetica sono uno dei pilastri fondamentali alla base del Green New Deal.
Il nostro Paese è pronto alla sfida e il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) tratteggia il percorso verso un 2030 più sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Ambiziosi sono gli obiettivi stabiliti nel Piano:
- il raggiungimento del 30% dei consumi finali lordi da rinnovabili che richiede un forte sviluppo in particolare di fotovoltaico, eolico e pompe di calore;
- la riduzione dei consumi di energia primaria del 43% rispetto allo scenario di consumi tendenziale;
- la riduzione di gas serra nei settori non ETS del 33%.
Fondamentale è la sfida posta dal Piano in tema di efficienza e di riduzione dei consumi energetici. Nel PNIEC sono stati definiti due obiettivi principali che prevedono la riduzione dei consumi di energia primaria del 43% al 2030, a fronte di un obiettivo comunitario indicativo del -32,5% e la generazione di nuovi risparmi annui a partire dal 2021 pari allo 0,8% dei consumi finali come previsto dall’art. 7 della direttiva (UE) 2018/2002. Il primo obiettivo richiede che il Paese nel 2030 consumi 125 Mtep di energia primaria riducendo i suoi consumi primari di 23 Mtep rispetto al 2016 e di oltre 90 Mtep rispetto ai consumi al 2030 dello scenario tendenziale PRIMES 2007 utilizzato come riferimento a livello comunitario. Il secondo obiettivo discende dall’articolo 7 della nuova direttiva sull’efficienza energetica – (UE) 2018/2002 –, il quale prevede un target di riduzione dei consumi finali minimo dello 0,8% annuo nel periodo 2021-2030. Ciò si traduce per il Paese in un obiettivo di risparmio di circa 0,9 Mtep di energia finale ogni anno ovvero 51,4 Mtep su base cumulata nel periodo 2021-30 (9,3 Mtep su base annua nel 2030), mediante la realizzazione di nuovi interventi di efficienza energetica, da politiche attive.
Più di 180 miliardi di investimenti green
I target in tema di efficienza energetica sono di primaria importanza anche perché gli obiettivi proposti nel PNIEC non possono essere considerati slegati gli uni dagli altri, ma al contrario fortemente interrelati. Solo per fare alcuni esempi, la riduzione dei consumi favorirà anche la penetrazione dell’energia da fonti rinnovabili (obiettivo del 30% al 2030), specialmente quella nel settore riscaldamento e raffrescamento. Inoltre, la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio nazionale consentirà anche di traguardare l’obiettivo di riduzione del 33% al 2030 delle emissioni di gas ad effetto serra nei settori non coperti dal sistema ETS, tra cui figurano il settore civile, ma anche i trasporti, l’agricoltura e i rifiuti. Proprio l’efficientamento dei settori civile e dei trasporti rappresenta uno dei principali ambiti di intervento individuati nel Piano. A tali settori sono riconducibili i tre quarti dei consumi finali italiani e ampi sono i margini di riduzione Dei 9,3 Mtep di risparmi annuali di energia negli usi finali al 2030 previsti per raggiungere gli obiettivi dell’art. 7 della Direttiva sull’efficienza energetica, circa il 60% riguarderanno il settore civile pubblico e privato. Senza dimenticare il settore industriale, responsabile ad oggi di oltre il 20% dei consumi finali del Paese, che costituisce un comparto trainante per l’efficienza energetica e le nuove tecnologie e che fino ad oggi è stato protagonista degli interventi di efficientamento in particolare finanziati attraverso il meccanismo dei certificati bianchi. Per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica il Piano propone il mantenimento e potenziamento delle principali misure vigenti (Certificati Bianchi, Conto Termico, detrazioni fiscali, fondo nazionale efficienza energetica, PREPAC, Piano Impresa 4.0 ecc.). A tal proposito, un importante impulso agli interventi di efficientamento energetico viene dalla recente approvazione del Decreto Rilancio e del cosiddetto super ecobonus del 110%.
L’efficienza energetica rappresenta, inoltre, un volano per gli investimenti green nel prossimo decennio. Gli investimenti aggiuntivi cumulati al 2030 necessari per conseguire gli obiettivi fissati nel PNIEC dovrebbero superare i 180 miliardi di euro. Alla riqualificazione edilizia sono destinati circa 68 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi, rispetto allo scenario base (44 miliardi di euro dovrebbero essere spesi nel settore residenziale e 24 miliardi di euro nel settore terziario). Nel PNIEC, inoltre, si stimano mediamente oltre 60 mila occupati equivalenti diretti e indiretti impiegati annualmente nella riqualificazione edilizia sia nel settore residenziale (39 mila ULA) sia nel terziario (22 mila ULA).
Il ruolo fondamentale dell’efficienza energetica e in particolar modo della riqualificazione del patrimonio edilizio esistente per la ripresa economica è stato ribadito dalla Commissione europea il 14 ottobre scorso con la pubblicazione della strategia cosiddetta “Renovation Wave” per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici. La Commissione punta almeno a raddoppiare i tassi di ristrutturazione nei prossimi dieci anni per ridurre il consumo di energia e risorse negli edifici: migliorerà così la qualità della vita delle persone che vi abitano e li usano, diminuiranno le emissioni di gas serra, la digitalizzazione farà un salto in avanti e s’intensificheranno il riutilizzo e il riciclaggio dei materiali. Entro il 2030 potrebbero essere ristrutturati 35 milioni di edifici e la Commissione stima che per ogni milione di euro investito nella riqualificazione edilizia si possano creare dai 12 ai 18 posti di lavoro.
Ricadute sull’occupazione e transizione equa
Le ricadute che la transizione energetica produrrà sul piano occupazionale sono un tema quanto mai di attualità, specialmente in questo periodo di forte incertezza per gli esiti finali e imprevisti che la pandemia produrrà sull’economia nazionale. Il settore energetico, specialmente quello legato all’efficienza, in questi anni ha dimostrato di essere resiliente e anticiclico, tuttavia forte è l’accento posto sulla necessità di una transizione equa dal punto vista sociale sia a livello nazionale sia europeo. Le ricadute economiche e occupazionali degli effetti delle politiche previste dal Piano dovranno essere oggetto di un attento monitoraggio. In tal senso il PNIEC assegna al GSE un ruolo di primo piano.
Le politiche pubbliche che promuovono l’efficienza energetica rappresentano anche una risposta efficace al problema della povertà energetica, un sostegno alla salute e al benessere delle persone vulnerabili e un aiuto a ridurre le bollette dell’energia. Secondo le stime della Commissione Europea quasi 34 milioni di europei non possono permettersi di riscaldare adeguatamente le loro abitazioni e la pandemia in atto rischia di aggravare ulteriormente il problema. Per questo la Commissione raccomanda che in sede di elaborazione delle misure e delle politiche per adempiere ai propri obblighi di realizzare risparmi di energia, gli Stati membri tengano conto dell’esigenza di alleviare la povertà energetica, tema trattato anche dal PNIEC.
Secondo stime di Banca d’Italia, nel 2016 circa 2,2 milioni di famiglie, pari all’8,6% del totale, versavano in condizioni di povertà energetica. Nel Piano è espressa la volontà del Paese di contrastare il fenomeno riducendolo al 2030 di circa un punto percentuale rispetto al 2016.
Ciò sarà possibile estendendo e rafforzando le attuali politiche di contrasto, come i bonus elettricità e gas, e istituendo un programma di efficientamento degli edifici di edilizia popolare anche per incrementare il valore del patrimonio abitativo pubblico.
Tra l'altro nel Piano è previsto che il Ministero dello Sviluppo Economico istituisca un Osservatorio Istituzionale sulla Povertà Energetica, operativamente coordinato dal GSE ma al quale saranno chiamati a far parte diversi soggetti ed istituzioni. L'obiettivo è giungere ad una rilevazione, definizione, perimetrazione e monitoraggio del fenomeno della povertà energetica, interlocuire con le istituzioni comunitarie e supportare il decisore pubblico nell'individuazione di opportune politiche di contrasto. Sono ancora fitte le nubi che si addensano all’orizzonte e ardue le sfide che ci aspettano nel futuro. La transizione energetica e gli investimenti ad essa legati rappresentano un antidoto alla crisi.
Le misure di indirizzo programmatico volte alla crescita economica non possono non tenerne conto.
Superbonus, un booster per le imprese edili
di Laura Moretti
Il superbonus ha iniziato a ‘spingere’ il settore edile: tra luglio e settembre 2020 sono infatti quasi 5mila le “nuove nate” nel settore costruzioni (+0,6%), il doppio rispetto allo stesso periodo del 2019, con un aumento di quasi 24mila unità rispetto al trimestre precedente. Tra queste, circa il 75% (3.691) è rappresentato da piccole aziende individuali, professionisti e tecnici dei settori impiantistica, finitura degli edifici e posatori di infissi.
E' quanto emerge dai dati pubblicati da Unioncamere-InfoCamere sulla dinamica delle imprese italiane che ha fatto il punto sul nuovo scenario dopo la prima ondata del COVID19.
In generale nel terzo trimestre dell'anno il bilancio fra le 66.355 nuove imprese (in linea con le 66.823 del luglio-settembre 2019) e le attività cessate (42.849) si è chiuso con un saldo attivo di 23.506 unità che alla fine di settembre ha fatto raggiungere al sistema imprenditoriale italiano quota 6.082.297 imprese registrate. In lieve crescita il settore commercio, con +0,3% (in linea con lo stesso periodo dello scorso anno) le cui difficoltà complessive sono attenuate dall’aumento delle imprese che operano nella vendita di prodotti via internet: +1.542 nel terzo trimestre, quasi il 40% delle 4.202 imprese commerciali in più registrate nel trimestre.
Per quanto riguarda le chiusure relative al trimestre estivo, il rapporto ha evidenziato invece una forte dissonanza tra dati 2020 e 2019: 42.859 contro le 52.975 del 2019.