Il ruolo del Consorzio RFX: 60 anni di ricerca al servizio della fusione
di Francesco Gnesotto
DOI 10.12910/EAI2019-010
Il Consorzio RFX è uno dei laboratori di eccellenza a livello mondiale sulla fusione, che ha come soci CNR, ENEA, INFN, Università di Padova e Acciaierie Venete SpA. Fondato nel 1996, ha raccolto l’eredità della scuola di ricerca padovana sulla fusione che trae le sue origini dalla fine degli anni ’50. Oggi RFX è impegnato, fra l’altro, nel completamento della Neutral Beam Test Facility che avrà un ruolo strategico in ITER e partecipa alla realizzazione di DTT. Le sue competenze di fisica e ingegneria si integrano per progredire nello studio del confinamento magnetico del plasma e nella tecnologia della fusione, nel quadro del programma europeo e con particolare attenzione al progetto ITER
Francesco Gnesotto
Presidente del Consorzio RFX di Padova
Il ruolo che il Consorzio RFX vuole giocare nei prossimi decenni, quando la comunità fusionistica dovrà dare la risposta definitiva sulla possibilità di realizzare reattori sostenibili (in termini di sicurezza, impatto ambientale e costi), si fonda sulle competenze acquisite dal gruppo di ricerca di Padova in 60 anni di lavoro. Agli albori della ricerca sulla fusione per usi pacifici, dopo una fase di studio e orientamento, il gruppo ha deciso di focalizzarsi su una cosiddetta “linea alternativa” al Tokamak, ossia la configurazione magnetica “Reversed Field Pinch”, costruendo e sperimentando in sequenza tre macchine di dimensioni crescenti: Eta Beta 1, Eta-Beta 2 e RFX.
I risultati sperimentali, con il supporto di solide basi teoriche, portano oggi a ritenere che questa configurazione presenti proprietà di confinamento del plasma inferiori a quelle offerte da Tokamak di equivalenti dimensioni e perciò, nonostante i considerevoli vantaggi potenziali ad esempio in termini di minore intensità di campo magnetico e di geometria più accessibile, essa non è candidabile per costituire il nocciolo di un reattore della generazione di DEMO.
Il motivo di questo forte distacco nelle prestazioni di confinamento si può spiegare abbastanza facilmente: il campo magnetico di minore intensità comporta un’attività magnetoidrodinamica del plasma assai più vivace che nel Tokamak e di conseguenza maggiori perdite di energia. Sulle nostre macchine abbiamo lottato per decenni con l’obiettivo di ridurre questi fenomeni, cercando di controllarli. E qui abbiamo progressivamente sviluppato una vera e propria miniera di competenze: dai modelli teorici che, applicati sia alla configurazione RFP che a quelle Tokamak e Stellarator, hanno consentito di approfondire la conoscenza delle dinamiche MHD presenti in tutti i tipi di plasmi caldi, agli esperimenti su una macchina (RFX) particolarmente adatta allo studio di un’ampia gamma di fenomeni fisici, agli algoritmi di controllo particolarmente evoluti, grazie alla disponibilità del più completo sistema di trasduttori e attuatori magnetici esistente su una macchina per la fusione, alle apparecchiature diagnostiche in molti casi esportate su altre macchine in tutto il mondo.
La necessità di controllare con grande accuratezza e su scale di tempi rapidissime questi fenomeni ha portato a sviluppare una particolare competenza sui sistemi di conversione ed accumulo dell’energia, per i quali RFX ha acquisito una posizione di leadership globale.
È ora in corso una sostanziale modifica alla macchina RFX, che permetterà per alcuni anni di produrre risultati scientifici di rilevanza generale, in particolare proprio nel campo della magnetoidrodinamica.
Nel frattempo, il gruppo ha cominciato a lavorare al progetto DTT, facility sulla quale dalla metà del prossimo decennio si concentreranno le attività sperimentali italiane.
Fin qui non ho accennato ad ITER, che è oggi e sarà per i prossimi decenni il fulcro della ricerca a livello mondiale. Nei primi anni 2000, durante le accese discussioni sulla scelta del sito, l’Italia ha offerto di ospitare a Padova la Neutral Beam Test Facility nel caso in cui ITER fosse stato costruito in Europa. La necessità di una facility dedicata stava emergendo in modo chiaro, a causa della preoccupante distanza tra le prestazioni offerte dagli iniettori di fasci di neutri disponibili e quelle necessarie per ITER, considerato che solo con iniettori di neutri di tali prestazioni si potrà raggiungere la potenza di fusione promessa.
Nel 2006 Cadarache è stata scelta come sito di ITER e la proposta di Padova si è così concretizzata. La (non facile) decisione è stata assunta qualche anno più tardi, grazie alle competenze offerte dal gruppo RFX, dai vicini Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN e dal laboratorio Alte Tensioni dell’Università di Padova. Gli edifici (finanziati con fondi MIUR, circa 25 milioni di euro) sono stati completati nel 2016 ed è ora in corso l’installazione delle apparecchiature (finanziate dalle Agenzie europea, giapponese e indiana, valore stimato 200 Milioni di euro).
Nel 2018 è stato inaugurato il primo dei due esperimenti previsti, SPIDER; il secondo, MITICA, entrerà in funzione nel 2023. Questa impresa costituisce dunque il secondo pilastro della strategia del gruppo per gli anni futuri: divenire il riferimento globale per il più importante sistema di riscaldamento del plasma del reattore. Due pilastri, che affrontano due sfide fondamentali in prospettiva reattoriale, quella del confinamento e quella del riscaldamento del plasma; attorno a questi due pilastri ruotano attività di minore impegno ma di grande importanza strategica, tra cui vorrei almeno citare la partecipazione al progetto concettuale di DEMO e l’intensa attività di formazione di giovani ricercatori.