Prospettive e opportunità delle tecnologie per la fusione
di Giuseppe Mazzitelli, Luigi Morici, Mariano Tarantino
DOI 10.12910/EAI2019-017
La ricerca sulla fusione offre opportunità di sviluppo di tecnologie innovative in molteplici settori, dall’aerospazio all’avionica alla componentistica meccanica di uso industriale, nel campo della salute con la medicina nucleare per indagini e cure di patologie oncologiche, in agricoltura per la tracciabilità dei prodotti e per la tutela del patrimonio culturale. I Centri ENEA di Frascati e di Brasimone sono all’avanguardia in questo campo con infrastrutture di eccellenza e 50 brevetti sviluppati negli ultimi 20 anni
Giuseppe Mazzitelli, ENEA, Responsabile della Divisione Tecnologie Fusione Nucleare, Luigi Morici, Sezione Superconduttività, Mariano Tarantino, Responsabile Divisione Ingegneria Sperimentale
La ricerca sulla fusione dall’inizio degli anni 60 è stata uno dei settori di punta dell’ENEA, prima con i laboratori del Centro di Frascati, dove sono stati progettati e realizzati il Frascati Tokamak (FT) e il Frascati Tokamak Upgrade (FTU), e poi, a partire dagli anni 90, con il Centro Ricerche del Brasimone sull’Appennino tosco-emiliano.
Per rendere l’idea delle sfide tecnologiche da superare per realizzare un reattore a fusione, basti pensare che all’interno di un tokamak si passa, in pochi metri, dalla temperatura di lavoro dei superconduttori – paragonabile a quella del fondo cosmico di radiazione, cioè la più fredda dell’Universo – a quella del plasma, circa cento volte più alta del nocciolo del Sole, uno dei punti più caldi dell’Universo1.
Affrontare e superare le sfide scientifiche e ingegneristiche necessarie per progettare un reattore a fusione è stato, quindi, un trampolino di lancio per l‘Agenzia verso lo sviluppo di tecnologie innovative applicabili in numerosi settori anche molto differenziati fra loro: dall’aerospazio all’avionica alla componentistica meccanica di uso industriale, dalla medicina nucleare all’agricoltura alla tutela del patrimonio culturale per citare solo alcuni esempi.
L’intensa attività ingegneristica e tecnologica legata alla ricerca ENEA sulla fusione ha inoltre portato allo sviluppo di circa cinquanta brevetti negli ultimi venti anni, con una costante azione di trasferimento tecnologico che ha contribuito alla crescita e alla competitività dell’industria nazionale. Oggi nel settore della fusione operano oltre un centinaio di imprese ‘tricolori’ che si sono aggiudicate commesse per oltre 1 miliardo di euro per realizzare le parti più importanti di ITER, quello che nel gergo reattoristico è definito come il “core” della macchina.
Materiali superconduttori
Dal punto di vista scientifico un primo settore di grande interesse nell’ambito della fusione sono i materiali superconduttori. Si tratta di un settore che lascia ampi spazi alla ricerca fondamentale – non essendovi ancora una teoria in grado di prevedere il comportamento di alcuni materiali superconduttori di ultima generazione – e che si arricchisce di anno in anno nella gamma di materiali superconduttori con un ampio ventaglio di possibili prestazioni.
Volendo sintetizzare, non ci si scosta molto dalla realtà affermando che per sostenere una determinata corrente è sufficiente un superconduttore cento volte meno spesso di un corrispondente cavo di rame. La possibilità di convogliare elevate correnti su fili sottili permette la realizzazione di strutture magnetiche compatte, e questo è un ulteriore vantaggio importante offerto dall’impiego dei superconduttori.
Di fatto, se per produrre i campi magnetici necessari in un tokamak venissero utilizzati materiali tradizionali come il rame, la quantità di energia necessaria sarebbe talmente elevata per sostenere le correnti nel rame, da rendere l’impresa economicamente improponibile. Con i materiali superconduttori, invece, è possibile abbattere di circa cento volte l’energia necessaria per produrre campi magnetici equivalenti. Addirittura, se nella fusione nucleare servissero solo campi magnetici costanti (ed ignorando per ora l’energia necessaria a garantire la bassa temperatura di esercizio del materiale), il superconduttore genererebbe i campi magnetici senza assorbire alcuna energia, cioè gratis. Questo è quanto succede per i magneti impiegati nell’imaging a risonanza magnetica, una diagnostica medica per immagini resa possibile su larga scala proprio grazie all’impiego dei superconduttori2.
L’ENEA ha sviluppato le competenze sia per condurre ricerca di base sui superconduttori, sia per progettare cavi superconduttori da impiegare in sistemi magnetici ed anche per progettare sistemi magnetici complessi (Figura 1). L’elenco dei progetti internazionali cui ha contribuito o nei quali è coinvolta è lunghissimo. Riguardo al Divertor Tokamak Test facility (DTT), la progettazione del complesso sistema magnetico sarà curata dall’ENEA, mentre la realizzazione dei magneti coinvolgerà ampiamente l’industria nazionale.
Progettare componenti complessi
Un’altra attività di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie è la progettazione e realizzazione di componenti complessi interni alle macchine tokamak e la caratterizzazione sia dei materiali strutturali che li compongono sia dei materiali che sono esposti al plasma.
Insieme con l’ANSALDO Nucleare, l’ENEA è stato coinvolto direttamente nella costruzione di otto prototipi a piena scala di unità ad alto flusso termico del cosiddetto ‘Inner Vertical Target’ del Divertore di ITER. La tecnologia è stata completamente sviluppata e brevettata presso i laboratori di Frascati (Figura 2). La procedura di giunzione per diffusione (Hot Radial Pressing), eseguita con l’ausilio di un forno speciale progettato in ENEA, permette la “saldatura” dei monoblocchi di tungsteno al tubo in lega di rame. La stessa tecnologia è adesso utilizzata per lo sviluppo del divertore per DEMO.
In questo contesto, un esempio di innovazione tecnologica è rappresentato dal sistema IVVS (In Vessel Viewing System – Figura 3), progettato e realizzato per ”vedere al buio” (senza bisogno di illuminazione) laddove una persona non può entrare, ovverosia in un ambiente ostile in cui si hanno contemporaneamente un alto campo magnetico (più di mille volte il campo magnetico terrestre), elevate temperature (centinaia di gradi centigradi), alto vuoto (come nello spazio interstellare), alti flussi di radiazioni ionizzanti (elevata radioattività).
Tecnologie per la salute e l’ambiente
La principale reazione di fusione su cui sono concentrati gli studi per un futuro reattore produce dei neutroni di elevata energia che, interagendo con i materiali costituenti il reattore, ne modificano le proprietà termomeccaniche. Infatti gli urti neutronici provocano una dislocazione degli atoni del materiale alterando il reticolo cristallino. Per la progettazione di questi reattori, è essenziale lo studio preventivo di questi effetti, attraverso macchine acceleratrici in grado di generare neutroni da fusione. L’ENEA ha progettato e costruito il Generatore di Neutroni di Frascati (FNG), operativo da più di 25 anni presso l’omonimo Centro Ricerche (Figura 4). Si tratta di un impianto, tra i più potenti al mondo, che permette attività di ricerca, sviluppo e di possibile trasferimento tecnologico che, oltre la fusione nucleare, sono d’interesse in numerosi ambiti:
Tecnologie per la Fusione:
- sviluppo di diagnostiche per i plasmi in macchine sperimentali per gli studi della fisica della fusione termonucleare a confinamento magnetico per la produzione di energia;
- sviluppo di database delle sezioni d’urto di reazione tra neutroni a 14 MeV e i materiali dedicati agli impianti per la fusione.
Tecnologie per grandi infrastrutture di ricerca internazionali: rivelatori di neutroni per applicazioni alla fisica di base alla ricerca applicata. Presso l’impianto FNG di Frascati sono stati testati rivelatori per la sorgente di neutroni ad esempio del Rutherford Appleton Laboratory in Gran Bretagna e/o la European Spallation Source in Svezia;
Tecnologie per la salute: medicina nucleare con lo studio dei processi di produzione di radionuclidi per la diagnostica per immagini e per la terapia, con particolare riferimento alla diagnostica per immagini tipo SPECT per patologie oncologiche e cardiovascolari per esempio e alla diagnostica per immagini tipo PET e terapie oncologiche;
Aerospazio e avionica: valutazione sperimentale della robustezza all’irraggiamento neutronico dei componenti elettronici utilizzati in satelliti e aerei.
Altri utilizzi strategici dell’impianto, grazie a possibile aumento di potenza e sviluppo di strumentazione ancillare prevista in un prossimo futuro, potranno essere:
Applicazioni industriali: sviluppo di tecniche di radiografia neutronica per studio di materiali strutturali e componenti meccanici utilizzati in motori, turbine e componenti meccanici ad uso industriale;
Beni culturali: studio della composizione dei materiali in manufatti (specialmente metallici) per informazioni sulla provenienza e per l’individuazione delle tecniche ottimali di restauro e conservazione;
Progettazione di sorgenti innovative di neutroni ad alta brillanza: sviluppo di sistemi di moderazione specifici per neutroni a 14 MeV per lo sviluppo di linee di fasci di neutroni termalizzati per studi in fisica della materia condensata;
Astrofisica e Cosmologia: studio di particolari reazioni nella nucleosintesi degli elementi leggeri nelle fasi di sviluppo dell’Universo subito dopo il Big Bang.
Produzione d’idrogeno ultra puro
Nell’ambito delle attività di R&D relative al ciclo del combustibile dei reattori a fusione sono stati sviluppati processi e tecnologie a membrana finalizzati alla separazione e purificazione di idrogeno ed isotopi con potenziali applicazioni in diversi comparti quali ad esempio la gestione sostenibile delle acque di vegetazione dei frantoi oleari.
I dispositivi vengono realizzati con tubi in lega di palladio (Pd) e vengono utilizzati per recuperare il trizio – uno degli isotopi dell’idrogeno che costituisce il ‘combustibile’ della fusione nucleare – nell’ambito delle attività europee sulla fusione (Figura 5). Questi stessi dispositivi a membrana sono stati applicati a processi per la produzione d’idrogeno ultra puro a partire da reazioni di deidrogenazione di alcoli, idrocarburi e biomasse.
La trasformazione dell’energia generata dalla fusione nucleare in energia elettrica così come la produzione del trizio quale combustibile per autosostenere la reazione di fusione, avviene attraverso uno dei sistemi più innovativi e complessi del reattore, denominato “Breeding Blanket” (BB).
L’ENEA, nell’ambito del Consorzio EUROfusion, sta sviluppando il “Water-Cooled Lithium-Lead” Breeding Blanket che rappresenta una delle due opzioni candidate per il reattore a fusione europeo DEMO. Questo concetto prevede l’uso di acqua in pressione come fluido refrigerante della lega eutettica piombo-litio per la generazione e rimozione del trizio e dell’EUROFER (acciaio a bassa attivazione) come materiale strutturale.
Il WCLL-BB è una struttura di circa un metro di spessore che si interpone tra la camera del plasma e il “Vacuum Vessel” che deve proteggere e schermare limitando il più possibile l’irraggiamento neutronico. Al suo interno troviamo la “first wall” o prima parete, che ha il compito di asportare il flusso termico proveniente dalla camera del plasma ed assicurare un ciclo termico del refrigerante primario per una efficiente conversione del calore in energia elettrica. Vi è poi la zona di “breeding”, una struttura all’interno della quale fluisce il metallo liquido e contiene i tubi che portano l’acqua di refrigerazione. Il sistema di refrigerazione del WCLL-BB è collegato ad un circuito primario che, attraverso 2 generatori di vapore e 2 scambiatori, garantisce la produzione di vapore necessaria per la generazione di energia elettrica. I collettori di ingresso e uscita del metallo liquido sono collegati ad un circuito ausiliario dove avviene l’estrazione del trizio prodotto e la purificazione del metallo liquido (Figura 6).
A supporto della progettazione e qualifica sperimentale di tale sistema, presso il Centro Ricerche Brasimone sono stati realizzati una serie di impianti sperimentali che hanno lo scopo di testare i progetti ingegneristici, analizzare i fenomeni fisici e validare i codici di calcolo. Larga parte di questi impianti sono progettati per lo studio della tecnologia dei metalli liquidi per la fusione nucleare, es. scambio termico e fluidodinamica, corrosione (compatibilità) dei materiali, sistemi/tecnologie di estrazione del trizio dal metallo liquido, fenomeni di interazione tra metallo liquido e acqua, analisi di sicurezza ecc.
Per quanto concerne i materiali strutturali, questi dovranno essere in grado di resistere agli elevati flussi neutronici, agli stress termici generati dal plasma e ai fenomeni di corrosione dovuti al contatto con il metallo liquido. Attualmente sono in fase di sviluppo acciai a bassa attivazione con nanodispersione di particelle ceramiche e acciai martensitici migliorati con trattamenti termici specifici in grado di ridurre i fenomeni di infragilimento a cui sono soggetti.
A Vienna il “Nuclear Technology Applications in Italy: From the Past to the Future”Le applicazioni delle tecnologie nucleari al settore civile, nel campo della salute, dei beni culturali, della protezione del territorio sono al centro di un evento coordinato dalla Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Organizzazioni Internazionali a Vienna e da ENEA, in occasione della Conferenza Generale della AIEA “Nuclear Technology Applications in Italy: From the Past to the Future” dal 16 al 20 settembre 2019. Al centro delle quattro giornate di incontri e dibattiti cui partecipano l’autorità di sicurezza, la ricerca italiana, il mondo accademico e l’industria, vengono affrontate molteplici tematiche legate alla tecnologia nucleare ed è previsto uno spazio espositivo congiunto con Unione Europea, Belgio e Finlandia. di Franca Padovani |
Conclusione
Da quanto premesso emerge con chiarezza che l’ENEA ha raccolto la sfida della fusione da molti decenni ed ha contribuito in maniera significa allo sviluppo di questa tecnologia e al trasferimento di know how alle imprese; adesso è pronta ad affrontare nuovi traguardi, sempre più impegnativi come la progettazione e realizzazione di DTT e del futuro reattore commerciale che verrà dopo ITER e DEMO.
All’articolo hanno contribuito:
Carlo Neri, Responsabile Laboratorio Ingegneria Elettronica e Elettrotecnica, Antonino Pietropaolo, Laboratorio Tecnologie Nucleari, Silvano Tosti, Responsabile Laboratorio Tecnologie Nucleari, Eliseo Visca, Responsabile Laboratorio Tecnologie Speciali
- I campi magnetici possono essere usati per confinare il plasma in una regione ben delimitata dello spazio. In altri termini, il plasma può essere costretto a rimanere all’interno di un recipiente dalle pareti magnetiche. A volte viene evocata l’immagine pittorica di “bottiglia magnetica” per illustrare il confinamento del plasma, anche se ovviamente non si deve pensare alle pareti della bottiglia magnetica come a qualcosa di materiale. In ogni caso, affinché la bottiglia magnetica possa funzionare, servono i più intensi campi magnetici che la tecnologia a nostra disposizione possa realizzare. Questi ultimi si realizzano con le correnti elettriche, e per avere campi tanto intensi da confinare un plasma alla temperatura di fusione, servono correnti veramente elevate. Per dare un’idea, i campi magnetici necessari sono centomila volte più forti del campo magnetico terrestre, e le correnti necessarie a produrli sono a loro volta elevatissime, dell’ordine delle decine di migliaia di Ampere
- Oltre a non consumare energia se percorsi da corrente costante, i superconduttori si differenziano dai conduttori ordinari per la capacitàdi trasportare una ben più elevata densità di corrente. In altri termini, a parità di corrente trasportata, bastano cavi molto più sottili