Una cornice giuridica visionaria e una solida cooperazione internazionale per la ricerca europea sulla fusione
di Marco Franza
DOI 10.12910/EAI2019-015
La comunità scientifica europea nel settore della fusione è considerata una best practice della ricerca in ambito UE: un risultato reso possibile da un insieme di fattori, quali sicuramente la qualità dei ricercatori e delle istituzioni di ricerca, ma anche del Trattato Euratom che sin dagli anni 50 ha previsto un’efficace e visionaria cornice giuridica, unita ad una ben strutturata e solida cooperazione internazionale, senza le quali non sarebbe stata possibile l’attuale leadership europea a livello mondiale
Marco Franza, ENEA – Servizio Unione Europea e Organismi Internazionali, già esperto nazionale presso la Commissione Europea, Euratom International Agreements
La ricerca europea sull’energia da fusione è una storia di successo a partire dall’istituzione delle Fusion Association passando per l’adozione della Fusion Roadmap e la costituzione del consorzio EUROfusion. Oggi la comunità europea della ricerca nel settore della fusione è considerata una best practice, ossia un concreto esempio di piena integrazione della ricerca europea: un risultato reso possibile grazie da un insieme di fattori, quali sicuramente la qualità dei ricercatori e delle istituzioni europee di ricerca, ma anche da un’efficace e visionaria cornice giuridica, unita ad una ben strutturata e solida cooperazione internazionale, senza le quali non sarebbe stata possibile l’attuale leadership europea a livello mondiale nel settore.
Sin dagli anni ‘50, la ricerca nel settore della fusione si è sviluppata in un’ottica di collaborazione internazionale, considerata lo strumento indispensabile per riuscire a trovare risposte comuni a problemi globali, aggregando le risorse per metterle a fattor comune. In tal senso, la cornice giuridica europea è stata essenziale per creare le condizioni a supporto della ricerca in questo specifico settore.
La pietra miliare è il Trattato Euratom firmato nel 1957 insieme al Trattato che istituiva la Comunità Economica Europea, con l’obiettivo di promuovere il nucleare a fini pacifici, assicurando un alto livello di sicurezza. Nei suoi oltre 60 anni di vita il Trattato è stato il caposaldo che ha consentito di sviluppare le attività nucleari e la produzione di energia elettrica, ma anche una filiera di ricerca di frontiera quale è la fusione. Grazie ad una cornice giuridica visionaria1, rimasta sostanzialmente invariata fino ad oggi, i padri costituenti europei hanno fatto della collaborazione internazionale un elemento strategico2 per lo sviluppo e il rafforzamento delle attività di ricerca, avendo in mente il benessere dei cittadini europei.
La cooperazione multilaterale con la IAEA e l’IEA
In Euratom, la cooperazione internazionale sulla fusione si sviluppa a livello bilaterale, nella cornice di accordi governativi, con il contributo del consorzio EUROfusion e, a livello multilaterale, con l’adesione ad organizzazioni internazionali o la partecipazione ad attività sviluppate nel loro ambito.
Euratom ha un ruolo strategico nella gestione delle relazioni con i partner del progetto ITER3 – Cina, Giappone, India, Russia, Sud Corea e Stati Uniti – e ne è il maggior contributore con il 45% dei costi totali di costruzione (un quinto dei quali finanziato dalla Francia, in qualità di Paese ospitante e i restanti quattro quinti da Euratom stesso). La quota restante è suddivisa tra gli altri sei partner, con circa il 9% ciascuno.
Un interlocutore di rilievo è l’International Atomic Energy Agency (IAEA) che ha avuto un ruolo chiave in particolare nel promuovere e facilitare i negoziati per l’Accordo su ITER e l’avvio delle relative attività di ricerca4. L’Agenzia è il forum intergovernativo mondiale per la cooperazione nel settore nucleare e molte delle aree di sua competenza ricadono all’interno del mandato di Euratom. La storica collaborazione fra le due organizzazioni, anche nel settore della fusione, è stata formalizzata con il Cooperation Agreement del 1975 e il Memorandum of Understanding on Nuclear Safety Cooperation del 20135. L’Agenzia promuove la collaborazione e il coordinamento nell’area della ricerca sulla fusione attraverso l’International Fusion Research Council (IFRC)6, un forum consultivo internazionale che riunisce molti degli stakeholder del settore. L’IAEA, inoltre, organizza la più importante conferenza internazionale sulla fusione, a cadenza biennale e pubblica il Nuclear Fusion Journal.
Euratom ha una lunga e consolidata collaborazione anche con l’International Energy Agency (IEA), in considerazione del fatto che l’IEA è stata tra i primi attori internazionali promotori della cooperazione internazionale nella ricerca sulla fusione. In particolare, partecipa alle attività del Fusion Power Coordinating Committee (FPCC) che coordina la cooperazione internazionale nell’ambito di otto Fusion Technology Collaboration Programmes (TCP)7 organizzati sotto gli auspici di otto Implementing Agreements on Fusion Physics and Technology. Ogni TCP organizza in modo sinergico le attività di ricerca tra i partner internazionali firmatari, in specifici settori. Euratom è parte di tutti e gli otto TCP.
Di fatto, quindi, la partecipazione di Euratom a queste attività di ricerca in ambito multilaterale rispecchia la visione dei padri costituenti ‘tradotta’ nel Trattato Euratom di aggregare a fattor comune risorse per attività di ricerca con Paesi terzi, al fine di massimizzare i risultati.
La cooperazione bilaterale e l’accordo Broader Approach con il Giappone
Per ottimizzare e rafforzare la ricerca europea nel settore della fusione, Euratom ha avviato numerose collaborazioni bilaterali con istituti di ricerca di Paesi terzi partner di EUROfusion e stipulato specifici accordi governativi. Fra i più rilevanti, il Broader Approach Agreement (BA), firmato nel febbraio 2007 con il Giappone quale sorta di ‘compensazione’ per aver perso la competizione con la Francia come sede di ITER. Il BA disciplina le attività di ricerca e sviluppo da implementare in Giappone, sulla base di tre specifici progetti a supporto del programma sulla fusione, con al centro ITER e la definizione ingegneristica del futuro DEMO. Nell’ottica di aggregare risorse in una prospettiva sinergica internazionale. La prima fase del progetto si è conclusa ed è previsto l’avvio di una seconda fase a partire dal 2020. Il contributo Euratom è stato erogato anche in-kind ed è stato fornito principalmente da alcuni Stati membri su base volontaria (Voluntary Contributors) fra cui l’Italia, con un ruolo di rilievo dell’ENEA.
Altri accordi di cooperazione bilaterale di rilievo sono stati sottoscritti con il Giappone già nel 1988, con gli Stati Uniti – Department of Energy (DoE) nel 2001, con la Russia e l’Ucraina nel 2002, con il Kazakistan nel 2004, la Corea del Sud nel 2006, la Cina nel 2008 (R&D Cooperation Agreement in peaceful Uses of Nuclear Energy), l’India nel 2010 e il Brasile nel 2013. Si tratta di specifici Euratom Fusion Cooperation Agreements (CA) nell’ambito dei quali le parti adottano un Work Programme bilaterale, gestito e implementato da un Coordinating Committee. Tutte le attività di collaborazione bilaterale sono implementate da EUROfusion, insieme a istituzioni di ricerca e università dei Paesi partner.
Ad esempio la cooperazione con il Department of Energy degli Stati Uniti (DoE) riguarda principalmente ITER e comprende circa duecento attività di ricerca. Le due parti collaborano tra l’altro in tutti e gli otto Technology Collaboration Programme della IEA descritti in precedenza. Tale collaborazione bilaterale si inserisce inoltre nell’ambito dell’‘EU-US Energy Council’ istituito nel novembre 2009 per rafforzare l’impegno UE-USA nella ricerca nel campo della sicurezza energetica e dei cambiamenti climatici e presieduto dall’Alto rappresentante europeo per la politica estera, dal Vice presidente della Commissione per l’Unione dell’Energia, dal Commissario per l’Energia e Clima, dal Ministro degli esteri e dal ministro per l’energia USA. In tale cornice, la fusione è una delle quattro aree prioritarie, tenuto conto del comune obiettivo di Euratom e USA di sviluppare la produzione di energia da fusione quale risorsa sostenibile del futuro.
L’Accordo bilaterale di cooperazione con l’India è stato firmato in occasione del decimo summit UE-India del 2009, ma in precedenza erano già state avviate collaborazioni in aree specifiche. Le due parti collaborano anche in ITER IO e, più di recente, hanno istituito una task-force per rilanciare e ottimizzare la collaborazione nell’ambito del JET (Joint European Torus).
Fra i Paesi che più investono nella fusione vi è la Cina, che è diventata un leader indiscusso a livello mondiale per l’ammontare degli investimenti e considera questa tecnologia come particolarmente strategica nell’ambito della propria politica di ricerca. In considerazione delle risorse finanziarie ed umane impiegate nel settore, per il prossimo futuro la Cina potrebbe conquistare la leadership in alcune aree della ricerca sulla fusione, scalzando l’Europa. Per tali ragioni, la Cina è oggi uno dei principali interlocutori di Euratom ma, a differenza di tutti gli altri partner in ITER, non ha firmato uno specifico accordo bilaterale di ricerca sulla fusione con Euratom. Tuttavia, di comune accordo si è deciso di implementare la ricerca nell’ambito dell’ “Agreement between the European Atomic Energy and the Government of the People’s Republic of China for R&D Cooperation in the Peaceful Uses of Nuclear Energy” (R&D PUNE Agreement), firmato a Pechino nell’aprile 2008. Per rafforzare la collaborazione, Euratom e Cina hanno anche stipulato una partnership strategica nell’ambito della Strategia bilaterale al 20208. Inoltre, a seguito del R&D Pune Agreement, le attività in collaborazione sono balzate in pochissimi anni da una dozzina a più di un centinaio.
Prospettive di interesse possono inoltre derivare dall’accordo di cooperazione firmato con il Brasile che possiede vaste riserve e giacimenti di niobio, un importante materiale per la produzione di magneti superconduttori per la costruzione di future centrali a fusione e persegue il ruolo di attore globale emergente anche nel settore della fusione. Il Brasile non partecipa a ITER ma collabora nell’ambito del JET in attesa di un possibile futuro coinvolgimento nello sfruttamento di ITER.
Conclusioni
Quanto fin qui illustrato è conferma che il successo della ricerca europea nel settore della fusione nucleare è stato possibile grazie, e forse soprattutto, ad un quadro giuridico chiaro e consolidato e ad una solida e ampia cooperazione internazionale, a livello multinazionale e bilaterale. Di fatto, Euratom ha sviluppato un approccio strategico globale nello scegliere i propri partner e le aree di cooperazione in R&D, tenendo in considerazione l’eccellenza, scientifica e tecnologica, ma anche gli obiettivi di politica esterna dell’Unione, puntando sulla collaborazione internazionale quale strumento principale per affrontare nel modo più efficace le sfide sociali globali. Gli strumenti giuridici che fanno capo al Trattato Euratom hanno permesso, inoltre, di lanciare anche azioni di science diplomacy, si pensi all’Accordo di Associazione con l’Ucraina.
Il successo scientifico e tecnologico della ricerca europea nel settore della fusione potrà quindi continuare perseguendo e rafforzando l’approccio sin qui adottato che resta un modello per gli altri settori della ricerca europea, un modello pienamente compiuto dell’Area Integrata della Ricerca Europea.
- Le basi giuridiche di riferimento sono gli articoli da 4 a 11 del capo I ‘Sviluppo della ricerca,’ e da 101 a 106 del capo 10 ‘Relazioni con l’esterno’ sugli accordi internazionali. A conferma dell’importanza che continua ad essere riservata alla cooperazione internazionale nel settore della ricerca scientifica, la Commissione europea ha dottato nel settembre 2014 una nuova comunicazione ‘Strategia per la cooperazione internazionale nella R&D&I’ che ha confermato l’importanza vitale della cooperazione internazionale nel settore della ricerca. I segnali confermano tale evidenza, infatti la cooperazione internazionale è cresciuta in maniera significativa per tre differenti spinte: l’ascesa di nuovi attori sulla scena globale, l’internazionalizzazione della ricerca e dell’innovazione e l’urgenza di affrontare sfide su scala globale aggregando risorse comuni. Il Programma di Ricerca Horizon 2020, così come il futuro Horizon Europe confermano tale approccio. https://ec.europa.eu/research/iscp/pdf/policy/com_2012_497_communication_from_commission_to_inst_it.pdf#view=fit&pagemode=none
- “… la Comunità può impegnarsi mediante la conclusione di accordi o convenzioni con uno Stato terzo, una organizzazione internazionale…’
- ITER International Organization (ITER IO), accordo firmato nel 2006
- Il Direttore Generale dell’IAEA è il depositario del testo originale dell’Accordo
- Il Senior Officer Liaison Committee (SOLC) è l’organo esecutivo del MoU. https://ec.europa.eu/energy/sites/ener/files/documents/2013_5641_f1_commission_decision_en_v4_p1_738743_en.pdf
- L’IFRC è costituito nella cornice dell’IAEA e sin dal 1971 ha il ruolo di Advisory Body del Direttore Generale su materie oggetto della ricerca nel settore della fusione nucleare
- Environmental, Safety & Economy (ESEFP TCP; Fusion Materials (FM TCP); Nuclear Technology of Fusion Reactors (NTFR TCP); Plasma Wall Interaction (PWI TCP; Reversed Field Pinches (RFP TCP); Spherical Tori (ST TCP); Stellarator-Heliotron Concept (SH TCP); Tokamak Programmes (CTP TCP)
- Dalla Strategia Eu-Cina 2020: […] “Strengthen cooperation in the multilateral framework of the ITER project and build a strategic bilateral partnership on fusion energy research. Strengthen exchanges and cooperation on nuclear safety, nuclear fuel cycle, nuclear emergency response, nuclear waste management and nuclear security”[...] https://eeas.europa.eu/delegations/china/15408/travel-eu-china_en