L’efficienza energetica: una leva trasversale per la transizione energetica
di Ilaria Bertini
DOI 10.12910/EAI2020-033
L’efficienza energetica rappresenta una delle più importanti leve del processo di transizione energetica, insieme alla promozione delle fonti rinnovabili. Il suo carattere trasversale può senz’altro accelerare lo sviluppo economico e industriale del nostro Paese e consente benefici multipli in termini di efficientamento degli edifici, lotta alla povertà energetica e miglioramento della competitività del settore industriale.
Ilaria Bertini
Direttore del Dipartimento Unità Efficienza Energetica, ENEA
I sistemi di produzione e consumo che caratterizzano le nostre società si troveranno, nei prossimi anni, ad essere profondamente modificati da un processo di transizione energetica, nello sforzo comune di garantire uno sviluppo sostenibile. La transizione energetica è un percorso in parte già avviato: sicuramente non può essere imposta in modo top down, ma deve avvenire sfruttando diverse leve dal basso, anche di natura trasversale. L’efficienza energetica rappresenta una tra le più importanti di esse. Infatti, può senz’altro accelerare lo sviluppo economico e industriale del nostro Paese poiché, oggi, esistono tecnologie ormai mature che consentono di attuare politiche mirate in diversi ambiti rilevanti. A supporto delle politiche, l’attività progettuale tecnico-scientifica, ad esempio nel caso del Dipartimento Efficienza Energetica dell’ENEA, è sintonica con le priorità del SET-Plan, adottato dalla Comunità Europea. In particolare, tale attività è focalizzata sullo sviluppo di nuovi materiali e tecnologie per applicazioni dirette a migliorare l’efficienza energetica negli edifici e sul rafforzamento degli sforzi per rendere l’industria sempre meno energy-intensive e più competitiva.
Rinnovamento del parco edilizio nazionale e tecnologie ‘intelligenti’
Il settore degli edifici è responsabile nell’Unione Europea del 40% del consumo finale di energia e dovrà sensibilmente incrementare il suo tasso di ristrutturazione e riqualificazione energetica, che attualmente varia tra lo 0,4 e l’1,2% nei vari Stati Membri. Come delineato nella bozza di Strategia per la Riqualificazione del Patrimonio Immobiliare Nazionale (STREPIN), il settore civile è responsabile di circa il 45% dei consumi finali di energia e del 17,5% delle emissioni dirette di CO2 del nostro Paese. Oltre il 65% degli edifici a uso residenziale ha più di 45 anni, ovvero è precedente alla Legge n. 373 del 1976, la prima sul risparmio energetico. Il settore civile, nel suo complesso, ha già superato l’obiettivo di 4,9 Mtep/anno di energia finale al 2020: questo, però, grazie ad un rilevante contributo del settore residenziale che, al 2018, ha registrato un risparmio di 5,04 Mtep/anno, a fronte di un obiettivo di 3,67 Mtep/anno al 2020. Il contributo del settore terziario, invece, è stato di 0,31 Mtep/anno, con un divario di 1,23 Mtep/anno rispetto al proprio obiettivo.
Nella STREPIN sono individuati i tassi annui di riqualificazione per diverse tipologie di edifici, associati a interventi di riqualificazione globale che combinano diverse tecnologie per l’efficienza energetica: un tasso di riqualificazione annuo dello 0,8% per il settore residenziale e del 4% per il settore terziario risulterebbero compatibili con gli obiettivi al 2030 fissati nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC). Coerentemente con il Piano, anche la bozza di STREPIN affronta il tema energetico e quello della decarbonizzazione in modo congiunto, in linea con la proposta della Commissione Europea per una “legge per il clima” pubblicata nel marzo 2020. Questa legge dovrebbe creare un quadro di riferimento sicuro per istituzioni e investitori, in un contesto dove al 2030 sarà necessario uno sforzo aggiuntivo rispetto alla legislazione vigente in materia di clima ed energia.
Le tecnologie per l’efficienza energetica possono giocare un ruolo fondamentale nell’accompagnare queste riforme, rendendo gli impatti meno onerosi per i diversi attori del sistema economico e al contempo promuovendo la crescita di alcuni settori industriali. L’impostazione adottata nella STREPIN appare coerente anche con il Green Deal europeo, che tra le sue varie componenti include anche la Renovation Wave, in grado di generare benefici energetici ed economici derivanti dalla transizione e dall’efficienza energetica del settore dell’edilizia.
È importante, infine, sottolineare che la Direttiva sulla prestazione energetica dell’edilizia (2018/844) fa riferimento all’utilizzo delle cosiddette “tecnologie intelligenti pronte per l'uso” (Smart Ready Technologies, SRT) e prevede l’adozione di un sistema comune facoltativo per valutare la “predisposizione all’intelligenza” (smart readiness) degli edifici, ovvero la capacità di adattare il proprio funzionamento alle esigenze sia dell'occupante sia della rete al fine di migliorarne l'efficienza energetica e le prestazioni complessive. Il gruppo di esperti, al quale ha partecipato l’ENEA, dovrebbe a breve definire il quadro metodologico per il calcolo dell’indice (Smart Readiness Indicator, SRI), l’elenco dei servizi ‘intelligenti’ e una valutazione preliminare dell'impatto potenziale del nuovo indicatore sul settore edilizio europeo.
Mobilitare l’industria
La mobilitazione dell’industria è fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo di un’economia a impatto zero sul clima. In particolare, le industrie dei settori ad alta intensità energetica, come acciaio, cemento e chimica, dovranno avviare un importante percorso di decarbonizzazione e modernizzazione in quanto il loro ruolo nelle diverse catene del valore è fondamentale per l’Europa. Nel nostro Paese, il monitoraggio indica che il settore industriale al 2018 ha raggiunto poco più della metà del proprio obiettivo al 2020, pari a 5,1 Mtep/anno di energia finale, con un risparmio di 2,75 Mtep/anno. Il PNIEC assegna a questo settore un obiettivo di risparmio pari a 1 Mtep/anno al 2030, ma è interessante notare che l’analisi delle 11.172 diagnosi pervenute a ENEA a dicembre 2019 in ottemperanza all’art.8 del decreto legislativo 102/2014 mostra un risparmio da interventi effettuati pari a 750 ktep/anno e un risparmio potenziale da interventi individuati pari a 3,7 Mtep/anno.
Il processo di assistenza tecnica portato avanti negli scorsi anni da ENEA con le associazioni di categoria per quanto riguarda la redazione della diagnosi energetica sembra aver contribuito a far percepire questo strumento non come un mero adempimento ma sempre più come un’opportunità, per migliorare la conoscenza dei propri consumi e per facilitare gli investimenti in efficienza energetica.
Attraverso i dati contenuti nelle diagnosi, si è potuta realizzare un’analisi dei consumi energetici nei vari settori produttivi, al fine di identificare Indici di Prestazione Energetica di stabilimento e, ove possibile, indici afferenti alle singole lavorazioni. Tale analisi ha evidenziato un buon livello di efficienza energetica in gran parte dei comparti produttivi italiani, con consumi specifici spesso al di sotto dei benchmark di settore (BREFs), soprattutto nella produzione della carta, nella lavorazione del vetro, nella trasformazione delle materie plastiche e nella lavorazione della gomma. Ciò dimostra che, anche a fronte dell’elevata dipendenza del nostro Paese dall’estero e dei conseguenti prezzi elevati dei vettori energetici, l’industria italiana è riuscita a raggiungere una buona maturità in termini di efficienza energetica. Nonostante il successo delle politiche di incentivazione attuate nell’ultimo decennio, in particolare dei Titoli di Efficienza Energetica, il risparmio associato agli interventi individuati mostra che esiste ancora un elevato potenziale di riduzione dei consumi nell’industria, la quale si conferma un attore rilevante nel processo di transizione energetica.
Un’emergenza che non può attendere
Le stime indicano che nell’Unione Europea più di 50 milioni di famiglie si trovano in condizione di povertà energetica determinata dall’abitare in edifici inefficienti, con elevate spese energetiche, basso reddito e necessità familiari specifiche. In Italia, secondo la definizione già utilizzata nella Strategia Energetica Nazionale del 2017, la quota delle famiglie in povertà energetica nel periodo 2005-2016 è stata pari a circa l’8% del totale, con un andamento crescente negli ultimi fino al picco di 2,2 milioni di famiglie nel 2016. Nel PNIEC, si stima che l’incidenza della povertà energetica possa ridursi nei prossimi anni di circa un punto percentuale rispetto al valore del 2016, pari a circa 230.000 famiglie. Tali stime sono però antecedenti alla situazione emergenziale generata dalla pandemia che potrebbe avere un impatto negativo sull’incidenza di questo fenomeno. La povertà energetica ha assunto un ruolo di sempre maggiore importanza nella legislazione europea, in particolare attraverso la pubblicazione del Winter Package nel novembre 2016. Attualmente essa è menzionata in diversi provvedimenti legislativi: nuova Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia, nuova Direttiva sull’Efficienza Energetica (2018/2002), Regolamento sulla governance (2018/1999), Direttiva sul mercato interno dell’energia elettrica (2019/944) e nuova Direttiva sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (2018/2001). Ciò chiaramente implica una crescente attenzione a questo fenomeno anche nella legislazione nazionale di recepimento.
Sicuramente la transizione verso un sistema energetico a neutralità climatica dovrà garantire che nessun cittadino venga lasciato indietro, affrontando quindi anche il problema della povertà energetica. In quest’ottica, l’attuazione di misure di finanziamento volte alla promozione dell’efficienza energetica, con i benefici multipli ad essa associati, è sicuramente una soluzione in grado di supportare le famiglie nel risolvere in modo strutturale questa rilevante criticità. Diversi aspetti, spesso di natura interdisciplinare, devono essere presi in considerazione quando si pianificano misure di mitigazione della povertà energetica. Per citarne alcune, il regime proprietario è sicuramente un aspetto importante, in quanto le misure per la promozione dell’efficienza energetica devono fronteggiare il problema degli split incentives, ovvero incentivi contrapposti tra proprietari e inquilini (se l’inquilino paga separatamente le spese di riscaldamento, il proprietario non ha alcun vantaggio a investire in efficienza energetica prima della fine del contratto di locazione). Devono inoltre essere approfonditi il ruolo dei comportamenti, la formazione, le campagne informative, la presenza di impatti di fenomeni come la povertà energetica avversi agli obiettivi climatici ed energetici di lungo termine e la possibilità di fenomeni di gentrificazione nelle città (trasformazione di un quartiere popolare in zona abitativa di pregio).
Strategia, tecnologie e barriere
Per garantire che il settore edifici possa fornire il suo rilevante contributo al processo di transizione energetica sarà necessaria una vera e propria “ondata di ristrutturazioni” di edifici pubblici e privati che permetterà di ridurre sensibilmente il consumo di energia, contrastare il fenomeno della povertà energetica e fare da stimolo all’economia, sostenendo il settore industriale. Anche su quest’ultimo fronte, la disponibilità di investimenti e di opportuni incentivi potrebbe rendere attuabili numerosi degli interventi individuati, anche quelli con tempi di ritorno più elevati. Per dare realizzazione alla strategia europea appare molto importante poter soddisfare il fabbisogno di investimenti: in particolare, per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 sarà necessario mobilitare investimenti pubblici e privati per almeno 1.000 miliardi di euro. Secondo il Piano di investimenti per un’Europa sostenibile, nel prossimo decennio sarà destinata a clima e ambiente una porzione significativa del bilancio UE, con la mobilitazione di 260 miliardi di euro l’anno, principalmente da impiegare nel settore dell’energia e dei trasporti. Il settore che evidenzia il fabbisogno maggiore è quello della ristrutturazione degli edifici, ma in generale sarà necessario mettere in campo strumenti adeguati alla verifica di sostenibilità dei progetti e per garantire l’applicazione dell’efficienza al primo posto come principio trasversale per tutte le tipologie di investimento.
Nei diversi ambiti fin qui considerati, l’attivazione di un processo spontaneo e virtuoso, che massimizzi i ritorni positivi degli interventi di efficientamento, dipende strettamente dalla rimozione delle barriere amministrative, economiche o finanziarie, che attengono ad investimenti di piccola, ma anche di grossa taglia. In questo modo, gli strumenti finanziari volti a facilitare la riqualificazione degli edifici, come l’Energy Performance Contract (EPC) e le forme di partenariato pubblico privato (PPP) o gli strumenti di incentivazione disponibili per l’industria, potranno realizzare a pieno il loro potenziale. Molti ostacoli sono dovuti principalmente a elevati costi d’investimento iniziali, scarsa consapevolezza dei potenziali risparmi, difficoltà di accesso agli incentivi, aspetti gravanti sia sul lato utente finale sia dell’erogatore del credito/finanziamento. Occorre considerare che per gli edifici esistenti nei contesti urbani consolidati, le possibilità di efficientamento energetico sono fortemente limitate dalla complessità delle relazioni tra elementi materiali e immateriali. L’ottimizzazione tecnico-architettonica ha, quindi, caratteristiche decisionali complesse che coinvolgono a più livelli planner, decisori e cittadini e deve stimolare lo sviluppo di strumenti e metodologie che riguardino non solo singoli edifici ma l’intero contesto urbano.
In questo scenario si colloca l’attività di ricerca del Dipartimento Efficienza Energetica dell’ENEA che riguarda l’analisi dei processi connessi alla tipologia di prodotti che incidono sul settore dell’edilizia (sistema edificio-impianti), allo scopo di utilizzare la fabbricazione digitale per sintetizzare l’unicità del singolo prodotto edilizio pronto per la sua utilizzazione in cantiere e di migliorare l’efficienza dei processi in serie (costruzione di una filiera industriale verticalmente integrata dalla progettazione al cantiere). Con tale approccio si intende mettere a punto e diffondere innovativi sistemi integrati e soluzioni tecniche su misura finalizzati alla standardizzazione e alla promozione degli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano, con conseguente riduzione di costi e di tempi di esecuzione ed incremento della qualità della realizzazione dell’intervento, troppo legata alla fase di cantierizzazione.
Sul piano della ripresa economica si fa notare che, per quanto attiene alla riqualificazione energetica degli edifici, recenti stime hanno mostrato che un investimento di 200.000 euro in efficienza energetica è in grado di assorbire due occupati diretti e uno nell’indotto. Sulla base di tale evidenza è stato calcolato che dall’avvio del meccanismo delle detrazioni fiscali nel 2007, gli oltre 3 miliardi di investimenti attivati ogni anno, in media, hanno occupato oltre 31.000 addetti diretti e circa 16.000 nell’indotto. Ciò sembra fornire un’ulteriore conferma che l’efficienza energetica, in questo caso rappresentata dalla leva fiscale per favorire interventi di efficientamento sugli immobili esistenti, può essere la chiave di volta per rafforzare il binomio “crescita e sostenibilità” necessario per conseguire gli ambiziosi obiettivi europei e nazionali.
In generale, come mostrato dall’approccio adottato per le diagnosi energetiche, il raggiungimento degli obiettivi al 2030 non può che passare anche attraverso una proficua collaborazione tra le istituzioni preposte e gli operatori del settore, ovvero tra chi individua e stabilisce gli indirizzi strategici per il raggiungimento di un elevato grado di efficienza energetica nei comparti produttivi, e chi effettua gli interventi stessi, attraverso la pianificazione e la realizzazione degli investimenti. Le informazioni dalle diagnosi hanno fornito in questo senso un importante supporto alle aziende, che hanno trovato nei dati prodotti da ENEA uno strumento per “profilare” i propri consumi e individuare una baseline di riferimento rispetto alla quale programmare interventi di efficienza energetica.
In conclusione, le opportunità fornite dalle diverse tecnologie per l’efficienza energetica, applicate ai vari settori e con la dovuta attenzione al fenomeno della povertà energetica, sembrano fornire un contributo chiave per andare nella direzione di una transizione energetica attuata dal basso, con il sostegno di adeguati investimenti pubblici e di misure efficaci di incentivazione a supporto degli investimenti privati.