Lo scenario della ripresa post-COVID dal punto di vista della ricerca sul sistema elettrico
di Maurizio Delfanti
DOI 10.12910/EAI2020-028
La situazione che drammaticamente si è imposta all’attenzione di tutti con la pandemia da COVID-19 è stata un fattore disruptivo di molte delle ipotesi alla base dei piani energetici, ma anche un vero e proprio stress test che ha fornito elementi di riflessione sulle strategie da mettere in campo per la ripresa. Come organismo impegnato nell’elaborazione ed analisi di scenari a supporto delle politiche energetiche, RSE ha realizzato quattro studi condivisi con la comunità dei ricercatori e dei tecnici dal titolo emblematico, “Un esperimento che non avremmo mai voluto fare”.
Maurizio Delfanti
Amministratore Delegato Ricerca Sistema Energetico - RSE SpA
Le conseguenze della crisi sanitaria provocata dalla pandemia da COVID-19 hanno evidentemente investito anche il sistema energetico, per la drastica e repentina variazione del modo di vita e degli assetti della popolazione. Non sono mancate le analisi e i commenti sull’andamento di parametri in qualche misura connessi con il sistema elettrico, nell’ambito della più generale riduzione dei consumi di energia come conseguenza della sospensione di gran parte delle attività abituali.
Nella prospettiva di un organismo di ricerca come RSE, impegnato nell’elaborazione ed analisi di scenari a supporto delle politiche energetiche, la situazione che drammaticamente si è imposta all’attenzione di tutti ha costituito da una parte un fattore di disruption di molte delle ipotesi formulate a supporto degli scenari, dall’altra un vero e proprio esperimento di perturbazione, uno stress test, che non avremmo mai voluto fare, ma che ora è necessario considerare a fondo. Nel bel mezzo della crisi e del lockdown, abbiamo quindi avviato un lavoro di analisi dei dati disponibili, da continuare certo e da approfondire, avvalendoci delle competenze che, nel tempo, abbiamo costruito, messo a punto, e utilizzato in diversi settori. I risultati preliminari di questi studi sono stati prontamente condivisi con la comunità dei ricercatori e dei tecnici dell’energia tramite la diffusione di brevi saggi redatti in modo da essere divulgabili anche dalla stampa specializzata. Sono ad oggi disponibili quattro nostri DossieRSE (www.dossierse.it) sul tema “Un esperimento che non avremmo mai voluto fare”.
Il primo DossieRSE riguarda la situazione del sistema e del mercato elettrico nel mese di marzo 2020, in paragone con l’analogo periodo dell’anno precedente.
Esaminando il contributo delle diverse fonti energetiche, si osserva che la produzione termoelettrica è diminuita del 16%, in modo più marcato rispetto alla domanda di energia. Ciò era prevedibile considerando che le fonti rinnovabili hanno costo variabile di produzione molto basso, ed è quindi l’utilizzo di gas e carbone ad essere prioritariamente ridotto.
Fra le fonti rinnovabili, la cui produzione è influenzata principalmente dalla disponibilità, si nota un forte aumento dell’idroelettrico (+32%) e un altrettanto netto calo dell’eolico (-28%) e in minore misura del fotovoltaico (-13%). Nel complesso, la produzione da rinnovabili nel marzo 2020 è solo di poco inferiore a quella dello stesso mese 2019 (-4%).
Un mix di produzione dominato dalle rinnovabili
Domenica 5 aprile 2020 è stata particolarmente significativa: alla bassa domanda tipica di una domenica di primavera, ulteriormente ridotta a causa del lockdown, si è accompagnata una sostenuta produzione da fonti energetiche rinnovabili, e in particolare da fonti rinnovabili non programmabili (FRNP - sole e vento). Nello specifico, si è arrivati ad una quota di produzione media oraria del 70% da rinnovabili e del 59% da sole e vento. Questa giornata è quindi risultata, molto più della media annuale, prossima alla situazione di un sistema elettrico fortemente de-carbonizzato, complice anche il basso prezzo del gas che ha ridotto ai minimi termini la produzione da carbone, simulando una sorta di “phase-out”.
È una situazione prossima al sistema elettrico al 2030 disegnato dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), come peraltro osservato da numerosi altri commentatori.
Un mix di produzione dominato dalle rinnovabili (ahimè per effetto di un calo non proprio fisiologico) ha quindi potuto essere sperimentato nella realtà: il sistema ha retto e i gestori hanno saputo limitare veramente al minimo eventuali conseguenze per gli utenti. In realtà, la disponibilità di sole e vento non ha avuto caratteristiche tali da incidere pesantemente sul ricorso ai cicli combinati a gas e così il contributo delle rinnovabili non è stato tagliato in modo drastico. Abbiamo peraltro osservato un forte innalzamento dei costi di bilanciamento: un fatto che rafforza la necessità di procurarsi opzioni e nuovi strumenti che aumentino la flessibilità delle reti man mano che l’installazione di rinnovabili procede.
Abbiamo poi portato l’analisi ad un livello più locale, per cogliere alcune delle implicazioni energetiche del cambiamento nelle condizioni di vita delle persone e delle comunità. Tale cambiamento, seppur avvenuto in tutta Italia a partire dai primi di marzo, quando il Governo ha disposto lo “stare a casa” generalizzato, ha avuto peraltro una più completa attuazione in Lombardia, la regione che ha sperimentato dolorosamente la maggior incidenza del virus. Ci siamo avvalsi di una conoscenza approfondita di alcune caratteristiche del territorio in cui RSE è ubicato e di un network di consolidate collaborazioni, fondamentali per contestualizzare le osservazioni.
Abbiamo quindi dedicato un successivo DossieRSE alle variazioni territoriali del carico elettrico della rete di distribuzione, mettendole in relazione alle caratteristiche delle utenze e al progredire delle misure di lockdown. Nel mese di marzo 2020 la domanda nazionale (corretta per gli effetti climatici e del numero di giorni lavorativi) è risultata del 10,8% inferiore allo stesso mese del 2019.
Per quanto riguarda invece le reti delle due città servite da UNARETI (gruppo A2A), a Brescia, rispetto al periodo immediatamente precedente, si è registrato un calo percentuale pari al 39,4% nella settimana del 6 aprile; a Milano del 19,4% nella settimana del 16 marzo. Ma le variazioni nelle ore della giornata e nelle varie porzioni della rete di media tensione sono state spesso assai più pronunciate ed inattese. Ad esempio, a Brescia, i nodi delle cabine di distribuzione che forniscono energia nella zona industriale hanno mostrato carichi inferiori fino all’83% nel periodo di chiusura; a Milano, capitale del terziario, la riduzione è stata un po’ più uniforme. L’“esperimento” ha richiesto l’impiego di tecniche di big data per analizzare una messe di dati quartorari veramente imponente, generosamente messi a disposizione da UNARETI, il DSO concessionario. È emersa chiaramente la necessità, per i gestori delle reti di distribuzione, di potenziare i sistemi di previsione del carico per poter garantire la qualità della fornitura, non solo per quanto riguarda fenomeni imponenti come quelli avvenuti in questa emergenza, ma anche per affinare la conoscenza delle esigenze dei clienti.
Smart working e qualità dell’aria
Il coinvolgimento degli utenti del servizio elettrico è riassunto nello slogan “il cliente al centro” che viene ripreso dalle principali utility, anche sulla spinta delle indicazioni dell’Unione Europea. Ed effettivamente il comportamento dei cittadini, le loro abitudini di vita, le condizioni sociali che determinano il fabbisogno di energia, specie nelle città, sono oggetto di grande attenzione da parte degli operatori, al pari delle amministrazioni. Ancora una volta l’“esperimento COVID” ha permesso di valutare, con la brutalità del lockdown, il possibile impatto dello “smart working” sulla domanda di mobilità nel capoluogo lombardo. Infatti, incrociando i dati (anonimi e criptati) sulle posizioni dei cellulari con quelli rilevati dall’Agenzia della Mobilità del Comune (AMAT), si è giunti a stimare un calo di spostamenti fino al 55%. Questi spostamenti sono riferibili alla popolazione di “occupati” (lavoratori e studenti) e “occasionali” con un’incidenza maggiore (65%) per gli occupati, che costituiscono circa il 70% dei residenti. Con opportune ipotesi, e grazie a dati pregressi sull’utilizzo di diverse opzioni di trasporto per gli abitanti del Comune, è stato quindi possibile quantificare l’apporto specifico di misure di riduzione della mobilità che le autorità metropolitane sono chiamate a bilanciare nei prossimi mesi – potenziamento del TPL, incentivo alla mobilità “dolce”, ricorso allo smart working. Per dare un’idea, nella nostra stima, un ricorso esteso allo smart working potrebbe consentire di evitare emissioni pari a 500 tonnellate al giorno di PM2,5 e 1.300 tonnellate di CO2.
Infine, visto che si è introdotto il tema dei trasporti, indubbiamente decisivo per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, e finora aggredito in modo molto ridotto da tecnologie carbon free, non abbiamo voluto trascurare il tema della qualità dell’aria. Infatti, specie nelle situazioni urbane, è importante riconoscere le varie sorgenti di inquinamento per valutare interventi nell’uso. La riduzione del traffico registrata a Milano ha permesso di “togliere” fisicamente una fonte di inquinanti, tra i quali in particolare gli ossidi di azoto, considerati un buon tracciante specifico. Grazie a condizioni atmosferiche di dispersione sufficientemente simili a quelle del corrispondente periodo dell’anno precedente, abbiamo avuto quindi l’opportunità di validare l’ottima funzionalità della suite di modelli utilizzati da RSE per simulazioni di impatto dei diversi interventi per migliorare la qualità dell’aria. In conclusione, abbiamo potuto verificare che per realizzare risultati consistenti di riduzione degli inquinanti atmosferici, le politiche di riduzione delle emissioni dei veicoli con motore a combustione interna devono necessariamente essere applicate con continuità e in modo estensivo, pena la sostanziale ininfluenza sulle condizioni di qualità dell’aria.
In sintesi, avvalendomi di alcuni esempi tratti dal lavoro corrente del nostro organismo di ricerca, attento a cogliere nelle condizioni che abbiamo attraversato anche gli spunti necessari per supportare i decision maker sulle politiche energetiche ed ambientali, ormai inscindibilmente legate, ho cercato di delineare un percorso che la comunità scientifica ha avviato per sostanziare con dati ed esperienze le proposte di interventi necessari per una ripresa sostenibile dopo la crisi pandemica. Con l’auspicio che, collaborando insieme come è avvenuto in questo periodo, ricercatori, operatori e amministrazioni, a tutti i livelli, possano rapidamente individuare le strade a disposizione per la ripartenza.