Copertina della rivista
Featured
computer monitor innovazione

Innovare significa innanzitutto conoscere

di Carlo Cavazzoni e Franco Ongaro

DOI 10.12910/EAI2023-036

Il processo di innovazione di Leonardo, a partire dall’agenda per una visione al 2030, incorpora la sostenibilità, le tecnologie digitali e la sicurezza cibernetica, in tutti i segmenti di mercato in cui opera. L’innovazione è il processo attraverso il quale si compie l’evoluzione, ed in taluni casi la rivoluzione, nell’ambito delle tecnologie.

Carlo Cavazzoni

Carlo Cavazzoni

Head of Computational R&D and Director HPC Lab

Franco Ongaro

Franco Ongaro

Chief Technology and Innovation Officer, Leonardo S.p.A.

Abbiamo chiesto a Bing: “definisci innovazione” Risposta: L'**innovazione** è l'atto di introdurre nuovi prodotti, servizi, processi, modelli di business o migliorare quelli esistenti1. In ambito aziendale, innovare significa introdurre per la prima volta nel sistema economico nuovi prodotti, servizi, processi, modelli di business o migliorare quelli esistenti². Innovare significa anche introdurre nuove modalità di progettare, pensare produrre o vendere beni o servizi; significa cambiare l’ordine delle cose esistenti per far cose nuove e aggiungere loro valore³. Una definizione molto accurata ma, a mio giudizio, poco profonda, nel senso che non coglie gli elementi che determinano il processo di innovazione.

Innovare significa innanzi tutto conoscere. La conoscenza aiuta a rimuovere la paura della situazione incognita e di conseguenza aiuta un individuo o un insieme di individui ad uscire dalla propria zona di confidenza e cambiare i processi aziendali, la cultura al cambiamento è dunque fondamentale, per rimuovere gli ostacoli psicologici, legati alla paura dell’incognito.

Evoluzione e rivoluzione

Nella vicenda umana, l’allocazione delle risorse naturali e la necessità di risposte migliori ai propri bisogni, fa sì che le tecnologie siano state oggetto di una evoluzione continua. Evoluzione, che non sempre è costituita da un processo lineare, ma spesso si muove a salti determinando una rottura con lo stato attuale. In questo caso si parla più propriamente di rivoluzione, in quanto l’equilibrio del sistema e le relative rendite di posizione vengono completamente sovvertite, determinando profondi cambiamenti anche in altri ambiti come quelli culturali e sociali. Si pensi alla rivoluzione rappresentata dall’agricoltura, dall’industria e non da ultimo dall’informatica. Ciascuno di questi passaggi ha determinato un cambiamento profondo nelle abitudini delle persone e nell’allocazione delle risorse. L’innovazione è il processo attraverso il quale si compie l’evoluzione, ed in taluni casi la rivoluzione, nell’ambito delle tecnologie.

La caratteristica che la rende difficile da governare o imporre è legata alla genesi stessa dell’atto di innovare. Spesso prende avvio su piccola scala, attraverso l’azione di un soggetto (singolo, comunità o impresa) che scopre come rispondere meglio ad un bisogno, allocando meno risorse, oppure trova una risposta ad un nuovo bisogno non soddisfatto. Da qui la novità aumenterà la propria quota di adozione, fino a soppiantare le precedenti soluzioni. Come ben illustrato nel libro “Il dilemma dell’innovatore” per le imprese questo significa una “condanna” ad innovare, pena l’essere inesorabilmente superati, a maggior ragione oggi dove i cicli di rinnovamento tecnologico, soprattutto per quanto concerne l’information technology, sono molto brevi. Tipicamente passano dai 5 ai 7 anni prima dell’emergere di una innovazione che cambia completamente il mercato ed i suoi leader (esempio: il web, i telefoni cellulari, gli smartphone, i servizi di streaming, i social network, il cloud, i big data, l’intelligenza artificiale, etc.… tutte avvenute negli ultimi 30 anni.)

Questa turbo innovazione alla quale assistiamo nel mondo delle tecnologie digitali, è sostenuta dal mercato di massa che rende possibile il ritorno di enormi investimenti in breve tempo e la nascita dei così detti unicorni, ossia aziende che in brevissimo tempo, raggiungono capitalizzazioni miliardarie. In questo contesto spesso bisogna avere il coraggio di cambiare un processo, un prodotto o un servizio che apparentemente ha successo attraverso un processo di ottimizzazione continua, per evitare che si perda il mercato senza nemmeno rendersene conto.

Anche se oggigiorno le tecnologie digitali sono presenti trasversalmente in tutti i settori, la velocità di innovazione non è la stessa per tutti, ed il motore non è il mercato di massa.

Innovazione e regolamentazione

Per certi aspetti il mercato della difesa ha contribuito fortemente nel corso della nostra storia ad introdurre importanti innovazioni che nel tempo hanno determinato un impatto su tutti i mercati e le imprese. In questo settore, infatti, il motore principale è la necessità di determinare una superiorità strategica per dissuadere l’avversario ad azioni offensive. Soprattutto pensando alle superpotenze globali, questa necessità sommata al rischio di perdere rilevanza, sono elementi sufficienti a determinare l’allocazione di importanti risorse economiche e sociali, che contribuiscono a spingere l’innovazione.

Diverso è il mercato dell’aerospazio, dove l’attenzione maggiore è rivolta alla massima sicurezza dei prodotti. Ogni singolo incidente, infatti, soprattutto se coinvolge civili, ha enormi ripercussioni sul mercato stesso e ne può mettere a rischio i proventi e la stessa sopravvivenza delle compagnie. In questo caso l’innovazione è controbilanciata dalla regolamentazione, che ha l’obiettivo di evitare che tecnologie innovative poco collaudate, possano risultare fatali.

Come anticipato, le tecnologie digitali più avanzate, come i big data e l’intelligenza artificiale, grazie alla loro trasversalità, si stanno facendo strada velocemente all’interno del mercato della difesa e dell’aerospazio, determinando la necessità di una loro adozione, compatibilmente con i vincoli di cui si parlava sopra. Per il mercato della difesa, per far sì che venga mantenuta la capacità di deterrenza, si rende necessario avere autonomia strategica sulle supply chain dei componenti (ad es. i microprocessori), per evitare che una crisi determini l’impossibilità di costruire apparati di difesa. Per l’Aerospazio invece vi è la necessità di conciliare le tecnologie digitali con la regolamentazione, spingendo la ricerca verso soluzioni che siano sempre più sicure.

Transizione green, transizione digitale e sicurezza cibernetica

Altro elemento che complica ulteriormente il quadro in cui aziende come Leonardo si trovano ad operare nei vari mercati, è la necessità di una transizione green, realizzabile solo se contemporanea ad una transizione digitale, la così detta twin transition.

Leonardo, operando in tutti e tre i settori sopra citati, si trova al centro di tutto questo e deve affrontare la sfida quotidiana di trovarsi di fronte a processi di innovazione molto diversi tra di loro, di doverli riconciliare, anche attraverso strumenti culturali adeguati, come ad esempio il fatto di mettere la sostenibilità al centro dell’azione dell’innovazione per le divisioni produttive.

Un esempio concreto di questa complessità è dato dall’impiego delle tecnologie digitali negli oggetti che, utilizzando un termine spesso usato impropriamente, diventano “smart”. Con il termine “smart” si intende che un determinato oggetto può dialogare con altri oggetti, in particolare attraverso applicazioni web, e compiere azioni in autonomia. Nei campi della difesa e dell’aerospazio, la capacità di connettersi e dialogare con altri oggetti e applicazioni, deve avvenire seguendo protocolli che innalzano di molto il grado di sicurezza cibernetica. Per un’azienda come Leonardo, innovare in questo campo significa anche mantenere il massimo controllo su di esse, a tutti i livelli, dal microprocessore, all’intelligenza artificiale passando per il cloud. Questo lo si può fare attraverso investimenti nella deep technology come la High Performance Computing, o ancora attraverso strumenti culturali.

Al pari della sostenibilità la sicurezza cibernetica deve dunque diventare il pensiero primario di ogni progettista che voglia innovare un prodotto per l’aerospazio, per la difesa e per l’information technology stessa. Essendo Leonardo una compagnia che guarda primariamente agli interessi strategici e di difesa dell’Italia, abbiamo deciso di condividere questa transizione culturale, fondando una Scuola di sicurezza cibernetica (Cyber Academy) operata dalla divisione Cyber & Security e costruendo una fitta rete di collaborazioni con le università, gli enti di ricerca e le associazioni di imprese.

Anticipare i bisogni dei clienti

Il processo di innovazione di Leonardo, a partire dall’agenda per una visione al 2030, incorpora la sostenibilità, le tecnologie digitali e la sicurezza cibernetica, in tutti i segmenti di mercato in cui opera. Oltre a questo, per rispondere meglio ai bisogni dei clienti nel mantenere il livello di competitività della compagnia, costantemente minato dalle sfide lanciate dalla turbo innovazione del digitale, le tecnologie digitali non possono essere agite solo in modo reattivo e segregato in funzione di una esigenza contingente, ma richiedono di far parte di un disegno organico, dove le problematiche, le opportunità e le sfide vengono affrontate analizzando tutti gli elementi delle stack tecnologiche attraverso una visione di insieme, che porti ad anticipare i bisogni dei clienti che, a causa della velocità e complessità del cambiamento, non sono a volte nemmeno in grado di esprimere. Questo è fondamentale perché i confini tra le tecnologie e gli ambiti diventano sempre più sfumati e, come nel caso della sostenibilità, il cliente può non avere la stessa sensibilità o interesse in una determinata azione se non è opportunatamente regolamentata. Regolamentazione che, essa stessa fatica a reggere i ritmi dell’innovazione, ed attendere che una tecnologia (ad esempio l’Intelligenza Artificiale) venga normata, per essere presa in considerazione nell’innovazione dei prodotti, potrebbe rivelarsi fatale.

Fin qui, abbiamo parlato della necessità di innovare, della complessità di gestirla in mercati ad alta tecnologia come aerospazio, difesa e sicurezza, e di come sia una questione vitale per le aziende. La domanda è quindi: come si organizzano le aziende per innovare? Difficile immaginare che un’azienda possa attendere che qualcuno si svegli con un’idea innovativa, altrettanto difficile immaginare che l’innovazione possa nascere da un processo produttivo come quello che realizza i prodotti. Per creare innovazione quindi le aziende seguono svariati processi per stimolare o cercare idee, incanalarle nella direzione utile ai prodotti o comunque verso aree limitrofe alle capacità produttive, selezionare quelle più meritevoli di investimenti ulteriori, e portarle a sviluppo per ricavarne benefici e vantaggi di mercato.

Innovazione interna, innovazione aperta

Vi sono due approcci principali: innovazione interna, innovazione aperta.

L’innovazione interna, prevede che le aziende si attrezzino con dei laboratori o centri di ricerca a livello corporate o anche esternalizzati (come i famosi capostipite Bell Labs, Xerox, skunk works, etc.).

Questo approccio permette di controllare gli sviluppi lungo tutta la scala di maturità tecnologica,mantenendone la proprietà intellettuale ed il segreto industriale sulle aree di sviluppo che non si vogliono mostrare ai concorrenti. Storicamente è stata una metodologia molto efficace per creare innovazione, ma la separazione dalle aree operative dell’azienda, cercata per evitare che i ricercatori fossero fagocitati dalle problematiche quotidiane, separava anche i risultati dall’operatività dell’azienda stessa. Ciò metteva in questione l’effettivo ritorno sull’investimento per il business (sempre molto difficile da valutare nel mondo dell’innovazione), ed ha portato nel tempo ad una progressiva diluizione o abbandono dell’approccio, se non da parte di grossi gruppi con forte capacità di investimento (e.g. IBM, Samsung, etc.). I Leonardo labs, sono una recente evoluzione del concetto, in quanto i ricercatori sono fisicamente in prossimità dei centri di produzione, scambiandosi con le ingegnerie le esigenze di innovazione di queste ultime con i primi risultati di ricerca, garantendo così che la ricerca stessa sia orientata al business stesso e la fase di industrializzazione possa essere accompagnata dai ricercatori stessi. Questo schema prevede anche il cambiamento delle linee di ricerca che, raggiunta la maturazione desiderata, vengono sostituite da altri temi più urgenti.

Innovazione aperta. Come in altri campi, la modernità nelle metodologie per stimolare la ricerca ed innovazione non è necessariamente schumpeteriana. I modelli di cui sopra convivono e si modificano per essere più efficaci e nuovi modelli nascono dal mutato contesto politico ed economico. I grossi centri di ricerca nazionali e internazionali che restano fucine di innovazione, le organizzazioni internazionali quali CERN, ESO, ESA ecc. nate nel dopoguerra per permettere una massa critica alla ricerca dei paesi europei; la capacità dell’Europa dell’euro di mettere a fattor comune tutti i campi di ricerca delle competenze nazionali e ancora, più recentemente, la crescita del mondo finanziario e l’appetito per il rischio, hanno portato la finanza privata a mettere in gioco capitali, che difficilmente gli Stati sovrani avrebbero rischiato, su idee molto innovative ma altresì rischiose in termini di ritorno.

Fenomeno, questo, condizionato anche da Internet e dalle tecnologie digitali, che, come già anticipato,hanno aperto la porta allo sviluppo di servizi che possono servire un mercato vastissimo (ci sono più smartphone che esseri umani) con investimenti ridotti in termini di strumenti di sviluppo.

Il digitale, figlio dei grandi enti di ricerca del passato (DoD, NASA, CERN, ESA ecc.), ha oggi dei cicli di maturazione/obsolescenza talmente rapidi, da rendere quasi impossibile un’innovazione efficace da parte di organismi centrali e burocratizzati, favorendo invece il processo darwiniano di creazione disordinata delle startup, dove è l’utente, in tempi ristretti, a decretare il successo o meno della nuova tecnologia o servizio. Questo è uno dei motivi per cui anche le aziende tecnologiche più grandi hanno abbracciato l’open innovation come complemento ai propri centri di ricerca tradizionali.

Anche in Leonardo i Labs sono affiancati da attività di open innovation, che includono borse di PhD all’università, competizioni universitarie (drone contest), competizioni aperte in cui un problema viene pubblicato sul sito dell’Azienda e le migliori soluzioni proposte vengono compensate con contratti per proof of concept, fino allo scouting e supporto diretto a start up con prodotti ed idee innovative di interesse.

Riferimenti

  1. Origine: conversazione con Bing, 10/6/2023(1) Innovazione: che cos'è in ambito aziendale? - Inside Marketing. https://www.insidemarketing.it/glossario/definizione/innovazione/
  2. Cosa significa oggi fare innovazione e perchè è importante - Startup Info. https://startup.info/it/significato-di-innovazione
  3. https://treccani.it/vocabolario/innovazione/
  4. https://it.wikipedia.org/wiki/Innovazione
  5. innovazióne in Vocabolario - Treccani. https://www.treccani.it/vocabolario/innovazione/
  6. innovazione: definizioni, etimologia e citazioni ... - Treccani. https://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/innovazione/
feedback