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La protezione dei risultati della ricerca in ENEA
DOI 10.12910/EAI2023-049
di Davide Fratini, Responsabile Servizio Tutela, Protezione e Valorizzazione della Proprietà intellettuale - ENEA
La pratica di proteggere i risultati della ricerca tramite l’accensione di istituti giuridici di protezione della P.I. in ENEA vanta una lunga tradizione. D’altro canto, all’ENEA, così come a tutto il sistema della ricerca pubblica, è sempre più richiesto di trasferire la conoscenza prodotta nei propri laboratori nei diversi contesti applicativi, attraverso le relazioni con le imprese, con l’obiettivo di rendere più competitivo il sistema industriale e contribuire così allo sviluppo economico.
Il primo brevetto dell’ENEA (quando si chiamava ancora CNEN) risale al 1957 ed era relativo ad un procedimento di produzione di combustibile nucleare. Come si può vedere dal grafico seguente, da allora l’ENEA ha continuato a depositare titoli di Proprietà Industriale ed Intellettuale (P.I.), prevalentemente brevetti, ma anche modelli di utilità, privative per nuove varietà vegetali, disegni e modelli, oltra a diritti d’autore per software e banche dati, oltrepassando la soglia dei 900 titoli.
Il portafoglio dei titoli di Proprietà Industriale ed Intellettuale vigenti varia di anno in anno, in funzione dei nuovi titoli depositati e di quelli che cessano la loro vigenza per termini di legge o perché si decide di abbandonarli ai fini di una oculata e razionale gestione del portafoglio. Ad esempio, la durata legale di un brevetto è di 20 anni, ma molto raramente si detiene un titolo per un tempo così lungo, pagando le relative tasse di mantenimento, se non si è avviato un qualche tipo di sfruttamento del brevetto.
La distribuzione dei titoli di P.I. per settore tecnologico (secondo la classificazione realizzata dalla Questel sulla base dell’International Patent Classification – IPC) mostra poi che i risultati della ricerca dell’ENEA che generano invenzioni brevettabili coprono i settori più disparati, dalle Biotecnologie ai Processi Chimici, dagli Strumenti e Metodi di Misura e Controllo ai Processi Termici.
La pratica di proteggere i risultati della ricerca tramite l’accensione di istituti giuridici di protezione della P.I. è quindi una pratica che in ENEA vanta una lunga tradizione. È cioè generalmente abbastanza diffusa la consapevolezza tra il personale di ricerca della possibilità di brevettare i risultati ottenuti nei laboratori.
Ma qual è l’opportunità per l’ENEA di proteggere un risultato suscettibile di formare oggetto di brevetto e/o di registrazione ai sensi delle leggi sulla Proprietà Industriale (e per estensione anche le leggi sulla Proprietà Intellettuale per quanto riguarda il diritto d’autore relativo a software e database), tenendo conto che la protezione dei diritti di proprietà industriale ha un costo e quindi deve essere considerata un investimento?
Incertezze legate allo sviluppo tecnologico e al mercato
I brevetti dell’ENEA, così come quelli di altri Enti Pubblici di Ricerca (EPR) e delle Università, sono generalmente diversi da quelli depositati dalle imprese industriali in quanto non hanno lo scopo di proteggere prodotti o servizi da portare sul mercato in brevissimo tempo. Molte invenzioni sono ancora allo stato embrionale e avranno scarse possibilità di essere sfruttate direttamente per la produzione di nuovi beni e servizi. Il processo che trasforma i risultati della ricerca pubblica in applicazioni commerciali è contraddistinto da una profonda ed ineliminabile incertezza, legata sia allo sviluppo tecnologico che a quello di mercato. Il livello di maturità tecnologica di partenza è in genere relativamente basso e il business model per la valorizzazione del risultato non è ben definito. Ne consegue che il rischio associato allo sviluppo di queste tecnologie è troppo elevato per attivare gli investimenti da parte delle imprese per arrivare al mercato.
Tuttavia, tali invenzioni possono contenere informazioni scientifico-tecnologiche di assoluto livello, magari difficilmente pubblicabili su riviste scientifiche (in quanto appunto invenzioni e non teorie o scoperte scientifiche “di base”). In questo caso il brevetto rappresenta per l’ENEA un documento che “attesta” in qualche modo le conoscenze e le competenze sviluppate nei propri laboratori in un determinato ambito tecnologico. Il brevetto diventa quindi uno strumento di qualificazione dell’ENEA e dei propri ricercatori verso l’esterno e può essere “sfruttato”, anche se non direttamente, per essere oggetto di ulteriore attività di ricerca, anche in progetti realizzati con altri partner pubblici e privati sia a livello nazionale che internazionale. Ad esempio nei Consortium Agreement, obbligatori nei progetti di ricerca europei, è necessario stabilire, tra l’altro, regole condivise sulla disseminazione dei risultati e sulla proprietà intellettuale: per fare ciò è necessaria la descrizione del background cioè di tutte quelle informazioni e conoscenze ed in generale di ogni tipo di diritto di P.I. (quali ad esempio invenzioni, database, codice sorgente, brevetti, know how secretato, archivi, ecc.) che risulti essere strettamente necessario per svolgere l'attività prevista nel progetto o per poter utilizzare il futuro risultato della ricerca. Un esempio tipico di questa tipologia di brevetti sono quelli che scaturiscono dalle attività di ricerca sulla fusione nucleare, tecnologia alla frontiera che non vedrà certamente una concretizzazione industriale nel breve periodo, ma che rappresenta un filone di ricerca all’avanguardia, finanziato a livello internazionale e in cui l’ENEA eccelle sia a livello scientifico-tecnologico che conseguentemente nella capacità di acquisire finanziamenti.
La piattaforma “Knowledgeshare” e la “Knowledge Exchange Strategy”
D’altro canto, all’ENEA, così come a tutto il sistema della ricerca pubblica, è sempre più richiesto di trasferire la conoscenza prodotta nei propri laboratori nei diversi contesti applicativi, attraverso le relazioni con le imprese, con l’obiettivo di rendere più competitivo il sistema industriale e contribuire così allo sviluppo economico. Tra le varie iniziative a riguardo si può citare la piattaforma “Knowledgeshare” (https://www.knowledge-share.eu), un progetto congiunto del MISE Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM), Netval (Associazione che annovera tra i suoi membri Università, Enti Pubblici di Ricerca, IRCCS ed altri enti che operano nel settore della promozione dell'innovazione e del trasferimento tecnologico) e del Politecnico di Torino. Knowledgeshare è un portale nato per rendere disponibili in modo chiaro e comprensibile informazioni relative a brevetti e tecnologie che rappresentano l’eccellenza del know-how scientifico delle Università italiane e dei Centri di Ricerca, al fine di rendere fruibili le notizie riguardanti la Terza missione e mettere in contatto gruppi di ricerca ed imprese con l’obiettivo di valorizzarne i risultati.
I brevetti però rappresentano solo uno degli strumenti attraverso i quali, con un percorso decisamente non lineare, si determinano connessioni tra ricerca pubblica e applicazioni industriali, spesso promosse da uffici dedicati negli EPR al trasferimento tecnologico.
L’esperienza maturata negli anni e i numerosi studi presenti in letteratura, hanno determinato il passaggio da un approccio lineare incentrato sul “technology transfer”, ovvero sul tentativo di trasferire all’industria i risultati generati autonomamente dagli EPR, ad un approccio più orientato al cosiddetto “knowledge exchange” in un’ottica di open innovation. In questo nuovo approccio i vari attori protagonisti del processo di innovazione (la ricerca, l’industria, ma anche la finanza e le istituzioni pubbliche) sono messi a sistema per avviare percorsi di ricerca collaborativa con il fine di fare arrivare più facilmente i risultati della ricerca al mercato. È proprio seguendo questo nuovo approccio che l’ENEA, tramite la Direzione ISV, ha messo a punto la cosiddetta “Knowledge Exchange Strategy”, che si pone l’obiettivo di creare collaborazioni di lungo termine tra i vari attori del processo di innovazione per condividere e valorizzare la conoscenza maturata nei laboratori dell’ENEA. La realizzazione del portale “Knowledge Exchange Program”, per la creazione di collaborazioni di medio-lungo termine con le imprese, e la costituzione e gestione di un fondo interno di “Proof of Concept”, finalizzato ad innalzare il livello di maturità tecnologica dei risultati di ricerca dell’ENEA in progetti svolti obbligatoriamente in collaborazione con partner industriali, sono due iniziative che vanno proprio nella direzione dell’open innovation.
In questo nuovo approccio, l’attenzione alla protezione della P.I. non va posta solo al termine dell’attività di ricerca, cioè quando si ottengono dei risultati potenzialmente brevettabili, ma in tutte le fasi della collaborazione con i soggetti che partecipano al processo di innovazione. Diventa cioè fondamentale utilizzare, valorizzandoli, tutti quegli strumenti giuridici che regolano la gestione della P.I. tra gli attori coinvolti, quali i contratti di ricerca (in collaborazione o commissionata), gli accordi di partenariato (es. Consortium Agreement), gli accordi di segretezza/riservatezza, gli accordi di gestione della Proprietà Intellettuale congiunta, i Material Transfer Agreement (MTA), fino ad arrivare ai contratti di licenza o cessione. Una maggiore consapevolezza della gestione della P.I. in tutte le fasi del processo di innovazione non è un mero fatto tecnico, ma rientra in un più ampio cambio culturale nel quale il ricercatore consideri fin da subito il potenziale applicativo, industriale e di mercato della propria attività di ricerca
Come proteggere l’innovazione
di Francesco Maurizio Noto, Funzionario alla Sicurezza nell’ambito dell’Organo Centrale di Sicurezza (OCS) dell’ENEA
Scienza, ricerca, tecnologia e innovazione, per l’importanza che rivestono sullo sviluppo e sulla crescita del Paese sono da considerare suscettibili di protezione ai fini della sicurezza nazionale.
Difatti, questi settori vengono ricompresi nella “protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell'Italia” nel nuovo assetto normativo delineato dalla legge 124/2007 Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto.
Detentori di conoscenze e competenze nell’uso di tecnologie emergenti e di strumenti innovativi, questi ambiti risultano appetibili a vari livelli, da cui l’importanza di implementare nuove strategie per la protezione del patrimonio tangibile e intangibile, con specifica attenzione alle applicazioni anche solo potenzialmente dual-use.
Nell’ambito del variegato universo tecnico e tecnologico sotteso dalle competenze, dai saperi e dai rapporti di questi settori identificati nella legge, la sfera dei beni e degli interessi da tutelare è molto ampia e la varietà dei fenomeni di minaccia pone il problema di una proattività volta a minimizzare eventuali danni di non chiara identificazione da parte di una presenza ostile, non determinabile a priori.
Interessante è comprendere i possibili fattori di vulnerabilità nel campo scientifico, accademico e industriale rispetto alla tutela degli interessi nazionali e alla protezione della popolazione, delle infrastrutture e del territorio. Ciò evidenzia come le future politiche volte a coniugare scienza, ricerca, innovazione, formazione e sicurezza nazionale dovranno essere sempre più caratterizzate dall’integrazione di attività istituzionali e individuali, in un contesto ove i principi di consapevolezza, responsabilità e informazione siano, oltre che basilari e condivisi, anche fondanti di una cultura in grado di mitigare le multiformi dimensioni delle odierne e, aggiornando ciclicamente le previsioni, future minacce.
In conclusione, emerge la necessità di ipotizzare un percorso volto a valorizzare il know-how di ciascun ambito della ricerca anche sotto il profilo del “valore” del dato stesso e a proteggerne la “proprietà” sotto le diverse, ma concorrenti, specie della protezione dei dati personali, della riservatezza delle informazioni e della tutela della proprietà intellettuale.