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Ricercare l’innovazione
di Gilberto Dialuce
Presidente ENEA
In uno scenario globale caratterizzato dalla necessità di raggiungere i traguardi indicati per la decarbonizzazione e la transizione ecologica, riflettere sul ruolo dell’innovazione è fondamentale, così come fondamentale è il ruolo degli innovatori, ovvero di quelle figure impegnate in prima persona e con profonda convinzione nella sfida dell’innovare. A questi ‘protagonisti’ dell’innovazione e all’innovazione stessa abbiamo scelto di dedicare l’attuale numero del magazine scientifico dell’ENEA, partendo anche dalla considerazione che al centro della nostra missione vi è proprio il “ricercare l’innovazione”.
La transizione verso un'economia sostenibile richiede trasformazioni fondamentali nella tecnologia, nell'industria, nell’economia, nella finanza e nella società nel suo complesso. Non sarà possibile raggiungere gli obiettivi prefissati con interventi esclusivamente di natura tecnologica, occorrono interventi sistemici basati su approcci integrati e riforme strutturali per favorire la trasformazione del sistema produttivo verso modelli nuovi, garantendo allo stesso tempo la sostenibilità economica e sociale. È una sfida impegnativa che rappresenta al tempo stesso un’opportunità di rilievo per la crescita economica e occupazionale.
In questo contesto, l’innovazione è pietra angolare ed elemento essenziale che ‘’fa la differenza’’. E gli innovatori hanno un ruolo di sempre maggiore rilievo e responsabilità. Come nota il Presidente di Avio Aero Sandro De Poli nell’articolo pubblicato nella sezione ‘Scenari’, l’innovazione tecnologica è, insieme alla decarbonizzazione, una delle principali sfide per le aziende di tutto il mondo. E gli investimenti in ricerca e sviluppo sono un fattore chiave per consentire alle aziende di consolidare la propria posizione competitiva ai massimi livelli.
E, come giustamente sottolinea Caterina Petrillo, Presidente di Area Science Park e membro del CdA di ENEA, non esiste un solo modo di innovare; si tratta piuttosto di riconoscere la complessità di processi che richiedono sperimentazione di modelli adattativi, costruiti e provati nello specifico contesto territoriale, eventualmente esportabili, ma sempre sviluppati con continuità nel tempo.
In Italia, i dati più recenti relativi agli investimenti in ricerca e innovazione nel settore manifatturiero mostrano come l’intensità tecnologica complessiva del tessuto produttivo sia tuttora inferiore alla media europea, nonostante il buon recupero registrato negli ultimi anni, con una quota delle spese in ricerca e sviluppo delle imprese in rapporto al Pil pari nel 2021 a poco più dello 0,9% contro l’1,4% registrato dall’UE nel suo insieme.
Dai contributi di numerosi articoli e interviste del Magazine emerge con chiarezza che il nostro Paese soffre di un consistente gap negli investimenti in questa direzione, nonostante via siano alcuni segnali positivi di incremento delle risorse dedicate alla R&S e, in definitiva, all’innovazione. Come dichiara il Presidente della Compagnia di San Paolo Francesco Profumo nella sessione delle interviste, l’’’investment gap’’ è una delle maggiori criticità per il nostro paese sul fronte dell’innovazione. A dirlo sono i numeri di EY sull’investimento Venture Capital pro capite: in Italia, nel 2022, questo valore si è attestato su 35 € mentre i leader europei – come Francia (149 €) e Germania (153 €) – si trovano a distanze siderali. Se osserviamo gli andamenti degli investimenti di Venture Capital effettuati annualmente a livello nazionale, essi fotografano un ritardo dell’Italia di 5-7 anni rispetto alle altre principali economie continentali, tra cui Francia e Germania, ma anche Spagna e Svezia.
L’Italia è un paese innovatore moderato e ciò significa che il nostro ecosistema non riesce a tradurre le competenze e le ricerche sviluppate in innovazione e in nuovi prodotti e mercati sottolinea la Presidente del CNR Maria Chiara Carrozza mentre Alberto Bombassei, fra i più noti imprenditori-innovatori, evidenzia che rispetto al Global Innovation Index 2022, che analizza la propensione all’innovazione dei Paesi ed è costruito su 81 indicatori, raggruppati in sette categorie, ci precedono, e largamente, tutti i grandi paesi industriali con i quali competiamo quotidianamente.
L’investimento in ricerca e innovazione per lo sviluppo di tecnologie innovative riveste quindi un ruolo di assoluta preminenza ed impone, dunque, un cambio di passo.
Un’opportunità di rilievo in questa direzione può essere la Missione 4 Componente 2 (Dalla ricerca all’Impresa) del PNRR, che, partendo proprio dall’innovazione nel settore della ricerca (e della formazione), ha la finalità di garantire un futuro alle nuove generazioni. Con 11,44 milioni di euro - evidenzia il Rettore dell’Università di Camerino Claudio Pettinari, sarà sicuramente possibile sostenere lo sviluppo di una economia ad alta intensità di conoscenza e di competitività - e magari risalire la china. Queste risorse dovranno però essere bene utilizzate e l’impatto misurato costantemente.
Ma in quali settori i ritardi sono più evidenti? La capacità di innovazione dell’industria italiana appare ancora limitata, in particolare nel settore della transizione energetica ed ecologica, mettendo anche a repentaglio il rispetto dei target ambientali se non al prezzo di crescenti importazioni dall’estero, che graverebbero alla lunga sul deficit estero compromettendo lo sviluppo del Paese.
L’attuale quadro dell’innovazione nazionale nelle tecnologie low carbon segnala, ad esempio, una situazione di sostanziale despecializzazione che trova peraltro riscontro nell’emergere di crescenti passivi sul fronte dell’interscambio commerciale nell’insieme delle tecnologie low-carbon. Questa situazione rende prioritaria la necessità di riequilibrare la specializzazione italiana nelle tecnologie strategiche per la decarbonizzazione.
Non solo: la sfida per la competitività che l’Italia deve affrontare è lo sviluppo di un sistema integrato ricerca-industria, con un maggior contatto e coordinamento tra ricerca e produzione in grado di accelerare l’introduzione sul mercato di nuove tecnologie e prodotti.
È in questo scenario che si inserisce la necessità di avere una forte, ampia e strutturale collaborazione tra ricerca pubblica e imprese, che alimenti processi di co-creation e di open innovation. Come spiega il Vicepresidente di Confindustria Francesco De Santis dobbiamo ridurre la distanza, promuovere una vera cultura della R&S. In questa direzione abbiamo lavorato in questi anni per colmare il divario in investimenti e in collaborazioni pubblico-privato rispetto agli altri Paesi Ocse.
Colmare il divario, quindi, trovando nuovi strumenti, nuovi approcci culturali, rafforzando il dialogo fra i diversi stakeholder coinvolti, prendere esempio dalle best practices internazionali. Cambiare il passo, ma senza trascurare che alcuni cambiamenti positivi sono già in corso e che vi sono esperienze di eccellenza anche nel nostro Paese.
Come ENEA abbiamo soprattutto negli ultimi anni introdotto nuovi strumenti per un rafforzato dialogo con le imprese, partendo dal presupposto che occorre andare oltre il ‘trasferimento tecnologico’ puntando sul ‘trasferimento di conoscenza’ e la creazione di partnership fra ricerca e impresa. I primi risultati sono positivi anche se non mancano criticità. L’importante, per noi, è aver avviato questo processo e di volerlo continuamente migliorare per centrare sempre meglio la nostra missione di ‘’ricercare l’innovazione”.