Petrolio da sabbie bituminose? Perché no?
di Daniela Bertuzzi
La modifica alla Direttiva 2009/30/EC sulla qualità dei combustibili, proposta dalla Commissaria europea Connie Hadegaard, prevede per l’importazione in Europa di combustibili fossili una minor intensità di anidride carbonica che viene calcolata attraverso una apposita metodologia di valutazione della cosiddetta “carbon footprint”. L’obiettivo è quello di ridurre del 6%, entro il prossimo decennio, l’intensità carbonica così valutata e classificata.
Il petrolio estratto da sabbie bituminose è stato classificato “ad alta emissione” di anidride carbonica (oltre il 20% in più rispetto al valor medio contenuto nel petrolio estratto con metodi convenzionali). La maggiore emissione deriva dalla maggiore energia necessaria per estrarre il bitume dalle rocce in cui è contenuto e per convertirlo poi in petrolio greggio. Poiché la produzione di petrolio utilizzando sabbie bituminose è fondamentalmente canadese, il Canada considera questa classificazione non giustificata da una solida base scientifica, anzi vede in questa proposta della UE una discriminazione che riguarda l’origine e i metodi di produzione del petrolio e non il prodotto in sé (il petrolio da sabbie bituminose è indistinguibile dal petrolio estratto da giacimenti fossili), una discriminazione che si ripercuote anche nel libero scambio dei commerci internazionali. Il problema vero dovrebbe essere quello di ridurre l’uso dei combustibili fossili, non quello di cercare di stabilire dei criteri per selezionare il combustibile fossile “migliore”.
Le modifiche alla direttiva 2009/30/EC, che era all’esame il 23 febbraio scorso, non hanno raggiunto il consenso nell’apposito comitato tecnico che riunisce la Commissione Europea, l’Europarlamento e il Consiglio Europeo, sollevando le proteste delle associazioni ambientaliste.
L’8 marzo, su questa vicenda, anche se non direttamente evocata, si è svolto presso l’Ambasciata del Canada in Italia un convegno “Energia sicura e responsabile. Canada e Italia a confronto”, introdotto dall’ambasciatore del Canada in Italia James A. Fox. Nel corso del convegno è emerso che il Canada ha assunto, anche grazie alle sabbie bituminose, una leadership mondiale nel campo delle fonti energetiche e delle tecnologie energetiche per la produzione di energia. Alcuni dati presentati sono significativi: il Canada è al 3° posto nel mondo come riserve di petrolio, al 3° posto come riserve di uranio al 6° posto come produttore di energia elettrica; è terzo produttore mondiale di gas, quinto produttore di petrolio, secondo produttore di uranio. Le sabbie bituminose di cui il Canada dispone e che ammontano al 97% dei 174 miliardi di barili di petrolio delle riserve accertate al 2010 in territorio canadese, rappresentano un’opportunità economica ed un fattore di sicurezza energetico non solo per il Canada, ma anche per altri paesi, proprio perché queste riserve sono in Canada, un paese occidentale, politicamente stabile, ad economia di mercato e con le regole e gli standard (in campo sociale ed ambientale) dei paesi più avanzati.
Il volume delle sabbie bituminose in Canada è stimato in 1.800 miliardi di barili, tale, quindi, da offrire garanzie di sicurezza energetica anche di lungo periodo, superando i problemi delle possibili instabilità politiche dei fornitori come è avvenuto, di recente, in Italia con la Libia durante la cosiddetta “primavera araba”. Inoltre, con rigorosi regimi normativi e con le nuove tecnologie, più efficienti, meno invasive del territorio e più rispettose dell’ambiente, la “carbon footprint” del petrolio canadese sarà tale da offrire garanzie di sostenibilità ambientale, oltre che economica e sociale.
Le nuove proposte dell’Unione Europea sulla qualità dei combustibili che, salvo gli oli leggeri, tende ad escludere gran parte della produzione di petrolio canadese, devono perciò essere adeguatamente riconsiderate alla luce di diversi fattori tra cui: quelli dettati dalla WTO (organizzazione mondiale del commercio) per garantire a livello internazionale il libero scambio, e quello più specificamente ambientale, riguardante gli sforzi che il Canada sta compiendo per ridurre le proprie emissioni di gas serra del 17% al 2020 rispetto al 2005, e che ha già fatto tra il 1990 ed il 2009 per ridurre del 29% le emissioni di gas serra per barile di petrolio prodotto.
La decisione finale dell’Unione Europea su questo controverso argomento sarà presa a livello politico dal Consiglio dei Ministri europei nel prossimo mese di giugno.