Sempre più ingenti i danni del disastro del Golfo del Messico
di Daniela Bertuzzi
Le conseguenze del disastro alla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, avvenuto nell’aprile 2010 nel Golfo del Messico, potrebbero essere molto più gravi rispetto a quanto si era inizialmente valutato. Lo dice una ricerca pubblicata on-line sul Canadian Journal of Fisheries and Aquatic Sciences e condotta da ricercatori ed economisti dell’Università canadese della British Columbia e dell’Università britannica della East Anglia.
Le valutazioni più recenti hanno stimato che a seguito dell’incidente sia stato rilasciato in mare un volume di 4,9 milioni di barili di petrolio, pari a 780 milioni di litri, dato che consente di qualificare il disastro del Golfo del Messico come il più grave incidente petrolifero avvenuto in acque americane. In confronto, l’incidente nel Golfo di Alaska alla Exxon Valdez del 1989, che aveva provocato il rilascio in mare di 0,5 milioni di barili di petrolio ed era stato giudicato molto grave (oltre un miliardo di dollari), appare ora abbastanza limitato.
Con le nuove valutazioni sull’entità dell’incidente alla Deepwater Horizon ed esaminando le caratteristiche economiche del Golfo del Messico, i ricercatori hanno valutato, attraverso una serie di modelli economici ed econometrici, i danni sul settore della pesca e quelli ad esso collegati in un periodo di sette anni, comprensivo sia dei danni finora subiti (2010-2012), sia di quelli prevedibili nel prossimo quinquennio (2012-2017).
I danni maggiori riguardano le attività dei pescatori, la maricoltura e le attività industriali legate alla produzione ittica. Entro il 2017 i ricercatori stimano che si arriverà a un impatto negativo sull’economia del Golfo del Messico, che si aggirerà su 8,7 miliardi di dollari, con una perdita complessiva di 22 mila posti di lavoro nel settore ittico. A questi danni bisognerà aggiungere quelli correlati alle attività ittiche, e cioè le attività di commercio e quelle legate al settore turistico ricreazionale che, si stima, potrebbero aggirarsi rispettivamente su 4,9 miliardi di dollari e su 3,5 miliardi di dollari. Più difficile è, invece, valutare i danni non direttamente collegati con il settore ittico, come i possibili danni alla salute umana, i danni sociali e al benessere socio-economico, o quelli derivanti dalle mutate opportunità di sviluppo economico dell’intera area del Golfo del Messico.
Ancora più difficile, se non impossibile, è la valutazione dei danni ambientali, di breve e di lungo periodo, sugli ecosistemi marino-pelagici, compresi quelli bentonici, sugli ecosistemi marino-costieri e sulla biodiversità, cui concorrono anche gli anfibi e gli uccelli marini, che direttamente o indirettamente dipendono dagli equilibri del sistema ambientale del Golfo del Messico, equilibri che sono stati modificati e per il cui ripristino occorrerà un numero non prevedibile di decenni futuri.
Come evidenziano gli autori di questa ricerca, l’analisi condotta sui danni del disastro del Golfo del Messico è del tutto parziale ed è estesa a un periodo molto limitato di tempo. Il quadro complessivo dei danni appare, invece, sempre più ampio e l’effettiva dimensione delle conseguenze di questo incidente si potrà forse tracciare solo fra molti anni.