Incentivare il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici: il Green Deal inglese
Il governo britannico ha varato una normativa, chiamata Energy Act 2011, che prevede interventi per 7 milioni di abitazioni esistenti entro il 2020. Fra le misure in programma la più imponente è il Green Deal, approvato a inizio 2013, che promuove misure di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, residenziali e non, senza spese iniziali per i proprietari: il costo degli interventi verrà saldato con l’ammontare dei risparmi nelle bollette di elettricità e gas resi possibili dagli interventi
DOI: 10.12910/EAI2013-02
Virginia Cinquemani
“Green Deal: energy savings for your home or business”: è lo slogan con il quale il sito ufficiale del governo britannico (https://www.gov.uk/green-deal-energy-saving-measures/) promuove questa iniziativa secondo la quale si può avere accesso a misure di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, residenziali e non, senza spese iniziali. Il costo, infatti, rientrerà direttamente dai risparmi in bolletta. Un incentivo statale promosso e capitanato dall’iniziativa privata – risultano coinvolti attori britannici di prim’ordine nel ramo finanziario, edilizio ed energetico – è stato lanciato per riattivare il mercato dell’edilizia che languiva in uno stato di profonda stagnazione, tramite la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente.
Un’idea inspirata da un ambizioso progetto pilota completato nel 2010, la Victorian Terrace al BRE (Building Research Establishment, http://www.bre.co.uk/) sito a Watford, Regno Unito. Un edificio di epoca vittoriana in condizioni precarie, con un rating di certificazione energetica pari a “F”, che un team “visionario” ma articolato intorno a ricercatori e partner dell’industria edilizia ha trasformato in un modello di efficienza energetica (con un rating “A/B”), grazie ad un approccio organizzato in tre step: ‘fabric first’, ossia il miglioramento dell’involucro edilizio prima di tutto (riparazioni improrogabili, quindi isolamento termico con materiali innovativi delle murature e della copertura, vetri camera); ‘then heating and hot water’, ossia upgrade degli impianti di riscaldamento ed acqua calda sanitaria; ‘finally renewables’, infine l’adozione di sistemi di micro-generazione per venire incontro al fabbisogno energetico residuo di un involucro già reso efficiente.
In questo progetto (che oggi può essere visitato dal pubblico come parte di tour organizzati all’Innovation Park del BRE), molti materiali sperimentali sono stati utilizzati per la prima volta in assoluto. Tra questi, ad esempio, l’Aerogel, un isolante termico ad altissima efficienza, di spessore tra i 5 e i 10 mm, con la conduttività termica più bassa di qualunque materiale solido conosciuto (pari a 0,013 W/mK), originariamente creato dalla NASA per isolare le tute aerospaziali.
Il governo britannico, che ha finanziato in parte il retrofit della Victorian Terrace, ha tratto insegnamento dalle opportunità offerte da un’operazione del genere su una potenziale larga scala operativa.
La Gran Bretagna, come altri paesi, ha risentito del periodo di recessione più lungo dal dopoguerra ad ora. Nonostante ciò, nel 2011 l’industria edilizia ha generato 89,5 miliardi di sterline del valore aggiunto lordo, 6,7% del totale nazionale, dando lavoro a 2,04 milioni di persone. Questo per sottolineare come, nonostante la “double-dip recession”, l’industria edilizia – pure in sofferenza a causa di un numero notevolmente inferiore rispetto al passato di contratti nei lavori pubblici e nell’edilizia domestica – abbia continuato a costituire uno dei settori trainanti dell’economia negli ultimi cinque anni, in termini di impiego e produzione, direttamente nel settore di competenza e a cascata nell’indotto ad essa collegato ed interdipendente.
Il governo, in collaborazione con l’industria, ha pertanto elaborato una strategia tesa al rilancio dell’economia e della creazione di nuovi posti di lavoro in un settore trainante rispetto all’economia nazionale. I fattori di successo ci sono tutti: il 74% del patrimonio edilizio in Gran Bretagna è stato costruito anteriormente al 1975 e il settore residenziale-edilizio in particolare è responsabile del 27% dei gas climalteranti prodotti nel Regno Unito; ancora, il prezzo dell’energia è salito in maniera significativa negli ultimi anni, così da obbligare quasi 4 milioni di persone che vivono in abitazioni fatiscenti e fatalmente inefficienti da un punto di vista energetico, a spendere più di un decimo della spesa media familiare in elettricità e gas.
In aggiunta a ciò, il governo ha stabilito dei target stringenti per ridurre dell’80% le emissioni di carbonio totali del paese entro il 2050, inclusa l’ambiziosissima normativa secondo la quale tutte le abitazioni di nuova costruzione dal 2016 dovranno dimostrare di essere “zero carbon” (ossia le emissioni prodotte dalle case e dalle attività che in esse si svolgono dovranno risultare pari a zero nel corso dell’anno solare).
A questa scadenza seguirà il target dell’eco-retrofit di 7 milioni di abitazioni esistenti entro il 2020. A questo scopo è stata varata una normativa chiamata Energy Act 2011, che include il Green Deal, il roll out di smart metres, la sicurezza energetica ed altre iniziative relative alla gestione energetica in Gran Bretagna.
Ma cosa è il Green Deal e come può contribuire a rilanciare questa complessa macchina economica?
Il Green Deal, lanciato ufficialmente il 28 gennaio scorso come progetto a lungo termine, è un sistema di supporto finanziario che consente ai proprietari di immobili esistenti (intesa in termini di edilizia residenziale, commerciale e pubblica) di incrementare l’efficienza energetica di tali edifici tramite pacchetti di misure di retrofit il cui costo non verrà affrontato immediatamente, ma che verrà saldato, mese per mese, attraverso le bollette di elettricità e gas con l’ammontare che verrà risparmiato.
In aggiunta al Green Deal, un incentivo finanziario a partire da £ 1.000 (1.170 euro) per proprietà verrà riconosciuto a tutti coloro che firmeranno un contratto di Green Deal in questa fase di start-up, mentre un altro incentivo per famiglie a basso reddito o residenti in edifici che presentano condizioni di particolare criticità operativa verrà sostenuto dal cosiddetto ECO (Energy Company Obligation, entrata in vigore il 1 maggio 2013, allo scadere di simili accordi legislativi terminati all’inizio di quest’anno): si tratta di un protocollo d’intesa firmato dai principali fornitori energetici britannici, che li obbliga a supportare progetti di efficienza energetica nel settore residenziale ed a ridurre progressivamente le loro emissioni di carbonio.
È stato stimato che il Green Deal, il cui reale impegno finanziario è stato valutato in circa 14 miliardi di sterline (16,4 miliardi di euro), creerà più di 60.000 posti di lavoro entro il 2015 nell’industria dell’isolamento di murature portanti in mattoni (intervento molto efficace da un punto di visto di miglioramento energetico, ma normalmente uno dei più difficili e costosi da implementare), senza considerare i possibili posti di lavoro creati nell’indotto immediatamente collegato (tramite la manifattura, distribuzione, progettazione, consulenza ed installazione di 45 diverse misure di efficienza energetica: da finestrature a doppia camera, a nuovi impianti di riscaldamento/raffrescamento, ai sistemi di micro-generazione energetica – dalla co-generazione al fotovoltaico – ed altri sistemi di isolamento termico).
Il processo del Green Deal è stato studiato per essere piuttosto semplice nella sua fase applicativa:
- una valutazione sull’efficienza energetica della proprietà, con inclusa una stima dei lavori che potrebbero essere portati a termine per migliorarne l’efficienza, viene svolta da un consulente autorizzato Green Deal;
- viene prodotto un EPC (Energy Performance Certificate, o certificato di performance energetica dell’edificio in oggetto) con un report che riassume i suggerimenti sulle tecnologie e le misure più appropriate per la proprietà in questione, coerenti con le finalità di Green Deal (l’utente ha la possibilità di chiedere più di una valutazione con preventivo a vari Green Deal Providers - operatori di energia, fornitori al dettaglio di fai da te ed altri servizi ecc.);
- una volta scelto il Provider, le misure di miglioramento energetico verranno implementate dalle aziende autorizzate all’installazione;
- il Green Deal Provider prescelto pagherà immediatamente le aziende in appalto per i lavori, mentre i proprietari degli immobili (o inquilini, nel caso di immobili in affitto), ripagheranno il debito maturato col Provider tramite le bollette di elettricità e gas (che adesso risulteranno meno onerose grazie alle misure di efficienza applicate), con contratti fino a 25 anni, ed usufruendo nel contempo di un risparmio economico e di edifici più confortevoli.
La regola fondamentale alla base della fattibilità del Green Deal è la cosidetta Golden Rule, secondo la quale il risparmio economico previsto, dato da una domanda inferiore di energia, dopo l’installazione nell’edificio delle misure di efficienza energetica, deve essere superiore al costo complessivo di materiali ed installazione delle stesse misure. Inoltre, il payback deve essere non più lungo della vita della tecnologia installata. Riuscire a rientrare in questi parametri non è sempre semplice, specialmente per interventi onerosi che prevedono payback a lungo termine, quali ad esempio l’isolamento delle murature; in questi casi possono intervenire altri sussidi compatibili con il Green Deal, come l’Energy Company Obligation.
Il sistema finaziario dietro il Green Deal non manca di una certa complessità. Per permettere ai proprietari (o anche agli affittuari degli immobili) di pagare il debito nel corso degli anni della convenzione tramite l’ammontare risparmiato sulle bollette energetiche piuttosto che in anticipo, una serie di entità private (istituti bancari, fornitori energetici, costruttori, manifatture: tra i partecipanti, nomi illustri come EDF Energy, Goldman Sachs, HSBC, Kingfisher, Lloyds Bank, npower, PwC) si sono unite in un consorzio formato su iniziativa privata dell’industria, non governativo e no-profit, la Green Deal Finance Company (GDFC), nata con il duplice obiettivo di mettere a punto e gestire un sistema di supporto finanziario per il Green Deal che fornisca agli utenti il miglior rapporto qualità/prezzo. Il coinvolgimento diretto di importanti attori del mercato finanziario e grandi operatori del mercato energetico, rassicura gli esperti sulla effettiva operatività di questo modello.
Per lanciare questo progetto al suo primo round s’è reso necessario un primo investimento pari a un miliardo di sterline (1,17 miliardi di euro), proveniente da fondi pubblici e fondi europei pari a 700 milioni di euro, e da fondi privati prevalentemente ad alto rischio; infatti, la difficoltà maggiore nel promuovere un piano finanziario di questa entità, è costituita dalla sua stessa “novità”, senza precedenti e, pertanto, senza garanzie. La riluttanza degli investitori privati in particolare registrata fin quasi al lancio del progetto (gennaio 2013), i tassi di interesse piuttosto elevati (minimo 7,67%) rispetto a quanto originariamente previsto, la mancanza di chiarezza sui dettagli ed obiettivi di questo progetto insieme alla partenza a scoppio ritardato del sistema di finanziamento, ha fatto sì che molte siano a tuttora le incertezze che circondano il Green Deal tra gli utenti.
A complicare la situazione, una serie di fattori:
- banche ed altri istituti di credito offrono altre forme di prestito per misure di miglioramento dell’efficienza energetica in competizione con il Green Deal (con tassi di interesse a partire dal 2,29%), alcune tramite estenzione dei mutui sulle proprietà;
- da sondaggi effettuati, in tempi di austerity, la gente è meno propensa ad accendere nuovi debiti, nonostante gli esperti dicano che questi prestiti a lungo termine siano in realtà meno onerosi e verranno concessi a più gente rispetto a prestiti ordinari;
- il prestito viene acceso sull’immobile, non sul proprietario, per cui se l’immobile viene ceduto, anche il contratto Green Deal passa al proprietario successivo, e questa regola ha creato non pochi dubbi nei proprietari sulla futura vendibilità dei loro immobili;
- l’associazione di consumatori Which? ha messo il pubblico in guardia dai pericoli insiti in un sistema che si basa effettivamente su rappresentanti che offrono prodotti “porta a porta” (oltre a valutare le misure di miglioramento dell’efficienza energetica);
- vige una certa incertezza sulla garanzia di prodotti innovativi a risparmio energetico e installazioni oltre i 5 anni, quando i contratti Green Deal sono stipulati tra i 10 e i 25 anni;
- il governo ha lanciato il Green Deal in maniera poco eclatante, e molti addetti ai lavori hanno criticato la mancanza da parte del governo di obiettivi chiari e di dettagli per il pubblico, cosicchè pochi a tutt’oggi sanno effettivamente di cosa si tratti.
News contrastanti si susseguono in questo periodo: da un calcolo recente, dopo 6 mesi di Green Deal, circa 19.000 proprietà sono state sottoposte a valutazione, ma solamente 200 sono effettivamente state riqualificate secondo il protocollo Green Deal; da una stima della Cavity Insulation Guarantee Agency, il numero di abitazioni nelle quali sia stato installato un isolamento all’interno di murature a cassetta (la maniera più efficace ed economica per migliorare l’efficienza energetica della maggior parte delle abitazioni costruite in Gran Bretagna dopo il 1919) negli ultimi 12 mesi è crollato del 97%, probabilmente perchè incentivi governativi precedenti al Green Deal permettevano l’installazione di quasi tutte le misure a costo zero, mentre con il Green Deal i proprietari devono accendere un prestito sulla proprietà; di contro, e in difesa del Green Deal, il Governo fa sapere che si tratta di un piano a lungo termine, appena all’inizio, e che questa partenza a singhiozzo non compremetterà la riuscita del risultato finale di ristrutturare almeno 682.000 abitazioni in questa decade; in aggiunta a ciò, implementare il Green Deal potrebbe incrementare il valore delle abitazioni fino al 38%, come si apprende da uno studio fatto su un campione di 300 mila abitazioni.
Nonostante le numerose critiche, se questo sistema dovesse decollare come pianificato, sarebbe il primo al mondo ad offrire un sistema ad ampio respiro, che copra non solo la micro-generazione ma anche le misure di efficienza energetica, che giovi non solo al settore residenziale ma anche al settore dell’edilizia commerciale e pubblica, organizzato su iniziativa privata con l’appoggio del governo. Un sistema potenzialmente replicabile in altri paesi con un ricco patrimonio edilizio esistente, inclusa l’Italia, purché si possano mettere in atto misure di controllo sulle aziende autorizzate e sulla certificazione di prodotti, così da regolamentare questo sistema a tutela dei consumatori, come già sta succedendo in Gran Bretagna.
Virginia Cinquemani - BRE - Building Research Establishment, Gran Bretagna