L'Editoriale: Le smart grid dell’acqua
di Tullio Fanelli - Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Ambiente
Con i cambiamenti del clima la pressione sulle risorse idriche sarà sempre maggiore in gran parte di paesi del mondo; infatti gli effetti connessi all’aumento dell’intensità di fenomeni estremi, come alluvioni e siccità, si sommeranno a quelli determinati dalla crescita della popolazione mondiale e dalle esigenze di sviluppo economico e produttivo, compresa la produzione alimentare ed energetica.
Secondo i più recenti scenari di IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) e le valutazioni dell’Agenzia Ambientale Europea, in alcuni paesi industrializzati, come l’Italia, la pressione antropica (aumento degli emungimenti) e quella degli effetti dei cambiamenti del clima (riduzione delle disponibilità), possono condurre a un elevato livello di criticità con importanti conseguenze in termini economici, sociali e ambientali.
Non è quindi rinviabile una seria riflessione su come procedere per conseguire una gestione razionale delle risorse idriche che garantisca, anche nei nuovi scenari, le disponibilità d’acqua necessarie sia per gli usi idropotabili, sia per gli usi agricoli ed industriali, senza compromettere l’integrità e gli equilibri del sistema ambientale naturale.
Gli obiettivi sono chiari e già da tempo individuati e declinati nelle direttive comunitarie (2000/60 CE e 2007/60 CE): riduzione dell’inquinamento e protezione delle risorse idriche come risorsa naturale e fonte di vita per gli ecosistemi (e non solo quelli lacustri e fluviali); gestione sostenibile delle risorse idriche e in particolare gestione integrata dell’acqua per gli usi necessari allo sviluppo umano (e non solo quello economico); prevenzione delle conseguenze negative e dei danni derivanti dagli eccessi (alluvioni) e dalla mancanza d’acqua (siccità) che mettono a rischio sia l’ambiente naturale, che quello antropico (salute umana, insediamenti residenziali e di attività economiche, patrimonio culturale ecc). Obiettivi che occorre conseguire tenendo conto, come stabilito dalla Commissione UE (COMM2007/414 e Libro bianco sull’adattamento ai cambiamenti climatici), anche delle prospettive future di cambiamento del clima, cioè dei rischi aggiuntivi indotti dagli impatti dei cambiamenti climatici.
La situazione attuale italiana non è certo tranquillizzante.
Le stime correnti sulle necessità di investimenti per ristrutturare le reti idriche (soprattutto acquedotti), comprese le reti di fognatura e la depurazione delle acque reflue, convergono su importi per almeno 40 miliardi di euro. Le perdite di acqua dagli acquedotti sono valutate mediamente attorno al 30%, ma con punte, in alcune aree, superiori perfino al 60%.
A tali investimenti occorre sommare quelli per la messa in sicurezza idraulica ed idrogeologica del territorio nazionale, anch’essi valutabili in alcune decine di miliardi di euro; d’altra parte, in assenza di tali investimenti l’insufficiente prevenzione dei rischi legati al dissesto idrogeologico e la non corretta gestione del suolo comporterebbero ingenti e crescenti costi ogni anno per inseguire le diverse emergenze legate all’acqua e porre rimedio ai danni conseguenti sul territorio.
La riflessione da condurre non può e non deve essere sul “se” ma sul “come” investire per ottimizzare le risorse e i risultati.
Non vi è dubbio che un primo importante aspetto riguarda l’assetto organizzativo della gestione sostenibile delle risorse idriche che, come previsto dalle direttive, deve essere basata sulle unità geografiche ed idrologiche naturali, costituite dai bacini idrografici, a loro volta raggruppate ed interconnesse fra loro in un unico coordinamento territoriale integrato individuato nel “distretto idrografico”.
Prima si arriverà al definitivo superamento degli innaturali confini amministrativi, prima potranno essere ottimizzate le scelte di investimento.
In quest’ottica occorre superare anche un’altra tipologia di confini, ovvero quelli delle finalità degli investimenti: uno stesso investimento, ad esempio un nuovo invaso, può essere ottimizzato per cogliere risultati sia rispetto alla finalità della disponibilità dell’acqua che a quella della sicurezza idrogeologica. Occorre dunque una organizzazione della gestione dell’acqua che promuova una progettualità capace, ove possibile, di massimizzare i benefici sull’intero spettro degli obiettivi.
Tuttavia gli strumenti di tipo organizzativo a livello nazionale e territoriale, sebbene siano fondamentali, non sono gli unici applicabili per l’ottimizzazione delle risorse: una “governance” delle risorse idriche oggi può basarsi anche su nuovi e più avanzati strumenti di tipo tecnologico.
Le nuove tecnologie di cui attualmente disponiamo, come le ICT (information and communication technologies), i sistemi di telerilevamento terrestre e di osservazioni dallo spazio, le nanotecnologie e le nanobiotecnologie di controllo remoto degli acquiferi e degli ambienti idrologici naturali, i sistemi di analisi e di previsione meteorologica e idro-meteorologica di eventi estremi, possono essere utilmente organizzate per permettere una gestione complessiva, equilibrata ed intelligente delle risorse idriche.
Se a questi sistemi aggiungiamo anche opportune reti di trasduttori (smart transducer) e di contatori intelligenti (smart meters) dislocati sugli acquedotti, sul reticolo irriguo e sui nodi principali del ciclo dell’acqua (prelievi e scarichi, invasi idrici e serbatoi, impianti di potabilizzazione, stazioni di pompaggio, depuratori, utenti ecc.), gestite adeguatamente da sistemi informatici, le Autorità competenti potrebbero disporre di uno strumento avanzato di programmazione e gestione in “tempo reale”, sia per conoscere la qualità e la quantità delle acque disponibili, compresi i bilanci idrologici, sia per coordinare in modo equilibrato i diversi usi dell’acqua ed intervenire sulle inefficienze, sia, infine, per predisporre per tempo le più opportune contromisure per la sicurezza idrogeologica del territorio in caso di alluvioni o la siccità.
Inoltre, tutte le persone interessate, dai singoli cittadini alle istituzioni, collegandosi via internet, potrebbero essere informati della situazione esistente e delle attività di gestione che vengono condotte sulle risorse idriche, favorendo così, da una parte, la partecipazione ed il coinvolgimento della popolazione, e, dall’altra parte, il controllo dei cittadini e degli “stakeholders” interessati.
Tutto ciò è possibile, se si organizza questo avanzato strumento di gestione, basandosi sul concetto delle “smart grid” e della generazione elettrica distribuita, concetto sviluppato in campo energetico e che, per analogia, potremmo definire “smart water grid”.
Nel settore elettrico il concetto di “smart grid” si è sviluppato insieme alle nuove tecnologie di generazione diffusa, in particolare da fonti rinnovabili; nel settore idrico la generazione diffusa, ovvero le sorgenti (o disponibilità) idriche distribuite, esiste naturalmente da sempre ed è quindi ancora più attuale ed evidente l’opportunità di realizzare una piattaforma tecnologica utile per una “smart water management”, cioè per la gestione intelligente ed integrata dell’acqua, non solo a livello di bacino idrografico, ma anche a livello di distretto idrografico (più bacini idrografici).
I vantaggi delle “smart water grid” sarebbero molteplici.
In primo luogo potrebbero contribuire a garantire a tutti i cittadini ed alle comunità territoriali lo stesso diritto di accesso all’acqua, bene comune, eliminando monopoli localistici e privilegi precostituiti. Il riequilibrio delle disponibilità d’acqua nei diversi contesti geografici, con riferimento sia ai diversi ambiti territoriali sia ai diversi bacini, è fondamentale per evitare che l’acqua sia un diritto solo per chi ce l’ha.
In secondo luogo si potrebbe più facilmente ottimizzare la multifunzionalità delle infrastrutture idriche (come invasi, riserve idriche, stazioni di pompaggio ecc.) in relazione ai diversi usi (idropotabile, agricolo e industriale); la gestione intelligente anche nella interconnessione dei reticoli idrografici naturali ed artificiali sarebbe infatti di grande utilità per favorire soluzioni integrate, senza conflitti, ai problemi dell’utilizzo dell’acqua ed in particolare al ricorrente contrasto tra usi energetici ed agricoli.
In terzo luogo la stessa multifunzionalità delle infrastrutture idriche potrebbe essere efficacemente utilizzata ai fini della sicurezza del territorio e della prevenzione del rischio idraulico e del rischio idrogeologico; ciò non solo permetterebbe una importante riduzione degli investimenti necessari, ma soprattutto consentirebbe una forte anticipazione dei benefici, posto che i tempi di realizzazione delle “smart water grid” sarebbero molto più brevi rispetto a quelli di rilevanti investimenti infrastrutturali.
In quarto luogo le “smart water grid” favorirebbero una gestione parsimoniosa ed efficiente delle risorse idriche nei diversi usi, compreso il riuso. In analogia con l’efficienza energetica, principale strumento della strategia energetica, le “smart water grid” sarebbero quindi un fondamentale strumento di “efficienza idrica” che deve essere il perno su cui fondare una strategia idrica per contrastare gli effetti della pressione antropica e dei cambiamenti del clima.
Infine, cosa non meno importante, sarebbe possibile giungere ad elevati livelli di trasparenza gestionale a partire dalle concessioni demaniali e dei canoni di concessione, fino alla bolletta dell’acqua e dei servizi di fognatura che gli utenti finali devono pagare.
Non si tratta di idee futuribili, ma di soluzioni tecnologiche che si stanno operativamente sperimentando ed attuando in diversi progetti avanzati, soprattutto in USA ed Australia, ma anche in altre parti del mondo come in Israele e, come casi studio, nelle grandi aree metropolitane asiatiche come Singapore, Hong Kong ed europee come Valencia. Si tratta di far tesoro sia delle esperienze che si conducono in altri Paesi, sia delle esperienze che si stanno effettuando in altri settori (come quelle in campo elettrico ed energetico).
Dal punto di vista istituzionale le “smart water grid” dovranno quindi far parte di una strategia nazionale in materia di gestione delle risorse idriche che sia di riferimento e di coordinamento per tutti gli Enti ed Autorità (nazionali e locali) competenti in materia di acqua.
Attraverso il necessario e urgente recepimento delle direttive europee in materia, unitamente alle norme, già emanate, per l’attribuzione delle competenze regolatorie all’AEEG (Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas) occorre costituire la base normativa per una nuova “governance” nazionale del settore idropotabile in grado di possedere l’affidabilità e l’autorevolezza indispensabili per attivare un grande piano di investimenti.
Già oggi, tuttavia, questo nuovo approccio ai problemi del settore idrico basato sull’innovazione tecnologica può essere applicato sulle azioni che quotidianamente sono chiamati ad esercitare i gestori dei Servizi Idrici Integrati, i Consorzi di irrigazione, gli Enti di pianificazione del territorio e di prevenzione dal rischi idrogeologici, con la partecipazione ed il coinvolgimento dei cittadini. Alcune iniziative, soprattutto nel Nord e nel Centro Italia, sono state in realtà già avviate dalle Autorità di bacino con risultati positivi; la loro diffusione e la loro integrazione può essere il primo importante passo verso l’obiettivo delle “smart water grid” .