Eco-innovazione dei processi formativi: il nodo delle competenze
Maria Teresa Palleschi - Isfol – Area Sviluppo Sostenibile
DOI: 10.12910/EAI2013-14
La strutturazione di percorsi formativi che mettano in rapporto cultura eco-sistemica e competenze specialistiche, aspetti cognitivi e dimensione valoriale, ha valenza strategica nei processi di eco-innovazione. Importante è il ruolo affidato all’analisi dei fabbisogni professionali e formativi e, nel caso delle figure professionali più innovative, alla “progettazione” dei fabbisogni. Le emergenti figure professionali nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica costituiscono importanti esempi in questo contesto
La valenza strategica della formazione nei processi di eco-innovazione
I problemi legati ad un’irrisolta questione ambientale, accentuata dalla crisi climatica, sono divenuti un’opportunità di cambiamento per definire una nuova economia rispetto alla quale l’esigenza di sostenibilità non è solo un costo, un vincolo o un impedimento alla crescita economica, ma un’opportunità per ripensare le politiche, i sistemi di produzione e consumo, gli stili di vita, attraverso un’accezione ampia e complessa di ambiente che consideri integrata l’attività di conservazione e tutela delle risorse con quella della loro valorizzazione secondo modalità di fruizione sostenibili. I dati provenienti da diverse fonti disponibili, istituzionali e non, sui trend occupazionali a livello internazionale, comunitario e nazionale, sebbene assai diversificati e non sempre confrontabili a causa delle diverse metodologie adottate, confermano la tesi che vede nella green economy un fattore propulsivo di economia reale.
I processi di eco-innovazione e cambiamento che la green economy induce, come strumento di attuazione dello sviluppo sostenibile nell’attuale fase di transizione, investono anche la formazione, la cui qualità è determinata dalla sua capacità di produrre innovazione di contenuto e metodologico, nonché cambiamenti visibili nelle organizzazioni e nei contesti interessati dall’intervento formativo.
I processi educativi e formativi rivestono un ruolo che si conferma centrale per la messa a punto di competenze, riferite sia a figure professionali che operano in settori strategici di nuova economia, incentrati sull’utilizzo delle principali fonti di energie rinnovabili e sull’innalzamento dell’efficienza energetica, sia per rivisitare in chiave sostenibile competenze e riqualificare figure professionali che operano in settori e comparti tradizionali del sistema produttivo italiano interessati a processi di riconversione per il contenimento degli impatti ambientali. Si pensi, ad esempio, all’utilizzo di materie prime vegetali nel settore conciario o alla riduzione degli scarti legati alla lavorazione di vetro e acciaio e, più in generale, alla messa a punto di strategie che puntano sulla qualità dei processi e dei prodotti, coniugando sostenibilità, tecnologie e innovazione per conquistare spazi di mercato, come antidoto alla crisi. In entrambi i casi la sostenibilità dello sviluppo costituisce un’occasione di eco-innovazione per la strutturazione delle competenze professionali necessarie per svolgere attività lavorative dentro ambiti sia “tradizionali” – rispetto ai quali si tratterà di integrare in chiave sostenibile le competenze già esistenti, di ampliare una visione troppo settoriale e di rivisitarle in un’ottica sistemica – sia più innovativi, rispetto ai quali non basta addizionare nuove competenze a quelle preesistenti.
Questa duplice esigenza di figure professionali innovative e/o da riqualificare è riscontrabile sia nella strategia di crescita verde dell’OCSE, presentata alla Conferenza di Rio+20, sia nel Piano di Azione per l’eco-innovazione (EcoAP) della Unione Europea.
La prima pone come centrali gli obiettivi di creare “nuova occupazione di qualità” in settori ecologici innovativi e di riqualificare le competenze dei lavoratori a seguito della contrazione e progressiva trasformazione di settori tradizionali e di quelli inquinanti.
La seconda, attraverso l’Azione 6, prevede lo sviluppo di nuove competenze per agevolare la transizione verso un’economia più sostenibile e fornire alle imprese una forza lavoro più qualificata. Si sottolinea, in particolare, la necessità di adeguare l’offerta di competenze alle esigenze del mercato del lavoro, in termini di fabbisogni sia espressi che potenziali. Senza un adeguato sistema di competenze, gli investimenti e le tecnologie da soli potrebbero non essere in grado di creare i benefici attesi per lo sviluppo sostenibile.
In questa ottica si colloca anche il Rapporto “Sviluppo sostenibile, lavoro dignitoso, green jobs” che l’ILO (International Labour Organization) ha prodotto nel 2013. Sono almeno due gli aspetti fondamentali intorno ai quali l’intero Rapporto si sviluppa e che ne guidano la lettura.
Il primo attiene alla considerazione che rendere l’economia sostenibile non è più un’opzione per le imprese e il mercato del lavoro, ma una necessità, dettata dall’insostenibilità delle emergenze ambientali e dalle loro conseguenze sociali che rischiano di annullare molti dei progressi conseguiti in termini di sviluppo e di riduzione della povertà.
Un secondo aspetto attiene alla consapevolezza che le opportunità occupazionali indotte dall’adozione di un modello di sviluppo sostenibile aprono spazi di mercato interessanti non solo sotto il profilo quantitativo, ma anche dal punto di vista qualitativo. Una grande enfasi è posta sull’economia della conoscenza e sulla formazione di competenze, di valenza strategica in un contesto in cui la crescita economica è in stretta relazione con la crescita delle organizzazioni e con la loro capacità di sviluppare competenze in un continuo processo di apprendimento (lifelong learning).
Nel rapporto tra produzione e formazione un peso rilevante per l’eco-innovazione assume il trasferimento di know how dai centri di ricerca e dalle università alle imprese e alle reti e consorzi di impresa. Ciò in considerazione del fatto che non c’è innovazione senza ricerca e formazione. Il confronto con altri paesi europei evidenzia che l’impegno delle imprese italiane in formazione continua rimane insufficiente, riducendo la loro competitività. Gli strumenti e le iniziative di supporto pubblico dovrebbero preoccuparsi di incidere sia su un potenziamento della domanda formativa che sull’innalzamento della qualità dell’offerta.
L’analisi dei fabbisogni professionali e formativi
Altro aspetto da considerare è che gli interventi formativi per essere incisivi dovrebbero accompagnare piani di investimento industriale per lo sviluppo di settori eco-innovativi ed essere orientati da un’analisi dei fabbisogni professionali e formativi, finalizzata a fornire indicazioni quantitative e qualitative sulla valutazione della domanda di professionalità (intesa come insieme delle figure professionali che le organizzazioni richiedono per mantenere o migliorare la loro competitività sui mercati), e a individuare i fabbisogni di competenze in modo da predisporre iniziative di formazione al lavoro e/o continua. L’analisi dei fabbisogni professionali e formativi rappresenta un riferimento importante per le politiche del lavoro e per la programmazione e progettazione formativa.
Per le figure più innovative piuttosto che utilizzare “l’analisi dei fabbisogni”, si dovrebbe procedere attraverso “la progettazione dei fabbisogni” verificando, con la collaborazione di imprese e di altri soggetti rappresentativi dei sistemi territoriali, se è possibile prevedere l’inserimento in un determinato territorio di figure professionali eco-innovative, analiticamente delineate e descritte in termini di profilo professionale, compiti lavorativi, competenze e altri aspetti connotativi e non limitarsi semplicemente al quesito: “Ne avete bisogno?”. Questo in considerazione del fatto che i sistemi produttivi esprimono la propria domanda in termini spesso contingenti, in riferimento solo ai fabbisogni espressi. Nessuna o scarsa attenzione viene data ai fabbisogni potenziali, ovvero ai fabbisogni conseguenti l’attuazione di politiche di sviluppo sostenibile e il miglioramento delle prestazioni ambientali dei sistemi produttivi. La formazione dovrebbe essere, a sua volta, in grado di favorire le esigenze di uno sviluppo sostenibile, orientando i fabbisogni anche potenziali di un nuovo modello di sviluppo, confrontandosi con il nodo della definizione e strutturazione delle competenze professionali.
La strutturazione delle competenze
L’approccio sistemico nella costruzione dei processi cognitivi, indotto dal paradigma della complessità e i profondi mutamenti intervenuti sul versante epistemologico, hanno costituito un’occasione per praticare l’eco-innovazione dei processi formativi e capirne le implicazioni passando da un sapere parcellizzato, additivo, settorializzato, costruito attraverso l’accumulazione di conoscenze frammentarie e non interrelate ad un approccio sistemico, complesso, interdisciplinare, globale e relazionale in grado di contrastare il monopolio da parte dei tecnici di saperi superspecialistici, a favore di una diffusione e valorizzazione di saperi condivisi intorno ai nuovi modi di lavorare, produrre e consumare, che rendono fattibile una partecipazione anche dal basso ai processi decisionali che attengono alle scelte e all’uso consapevole delle risorse.
A questi aspetti, le ricerche realizzate dall’Area Sviluppo Sostenibile dell’Isfol hanno dato un contributo sia affrontando il nodo delle competenze professionali attraverso la delineazione e descrizione di figure professionali eco-innovative riferite ad aree di intervento strategiche per lo sviluppo sostenibile[1], sia mettendo a punto modelli formativi eco-innovativi che hanno affrontato il nodo di come progettare e realizzare percorsi formativi a carattere rigorosamente sistemico. Le figure professionali più innovative riguardano ruoli di medio-alta professionalità con competenze integrate manageriali-tecniche-economiche, capaci di coinvolgere “a cascata” altre figure di tipo tecnico-operativo. Dette figure anche quando rivestono un carattere specialistico hanno la necessità di assumere la complessità del contesto, ovvero dell’intera filiera e non solo del singolo processo lavorativo sul quale intervengono, e di stabilire interazioni a monte e a valle dei processi produttivi e di interfaccia con altri contesti organizzativi. Al di là del livello di professionalità e/o ambiti di specializzazione in cui operano, le stesse presentano la peculiarità di avere una fisionomia unitaria e distintiva che conferisce alle loro competenze una stessa connotazione, al di là dei loro compiti lavorativi specifici.
Il rapporto tra cultura ecosistemica e sviluppo di competenze specialistiche
Un primo aspetto che caratterizza le figure professionali delineate dall’Isfol è il rapporto tra cultura ambientale sistemica e sviluppo di competenze specialistiche. È necessario che si stabilisca una compresenza tra cultura ecosistemica di base – fondata sulla conoscenza dei principi ecologici di funzionamento dell’ambiente e della rinnovabilità o meno delle sue risorse, anche quando si affrontano aspetti relativi a singole tecnologie o a specifici interventi di risanamento – e competenze specialistiche.
Queste ultime devono connotarsi come espressione di una continua integrazione di saperi, conoscenze e linguaggi diversi, in contrapposizione a competenze settorializzate e parcellizzate, espressione di un sapere monospecialistico e stratificato. Ciò significa superare le modalità di un insegnamento rigidamente disciplinare, favorendo la costruzione di un sapere in grado di confrontarsi con la complessità e sviluppare competenze trasversali che possono superare l’ottica degli specialismi disciplinari, di introdurre nell’approccio sistemico una dimensione operativa capace di far fronte a situazioni non strutturate, operando di volta in volta scelte coerenti con i parametri di conservazione e di valorizzazione delle risorse.
Qualunque sia il settore produttivo o di servizio affrontato, le competenze dovranno rispondere a una logica di sistema, costruito attraverso un approccio interdisciplinare e comunque rispettoso dei principi di funzionamento dell’ambiente e dei valori di una società sostenibile. Il corretto utilizzo delle risorse ambientali deve trovare riscontro nei bilanci energetici, nella ciclizzazione della materia, nel risparmio delle risorse, nella salvaguardia della biodiversità, nel miglioramento della funzionalità complessiva degli ecosistemi, nell’innalzamento della qualità della vita, in una prospettiva di futuro per le nuove generazioni.
Più in particolare, è necessario possedere una base di conoscenze teoriche, che non possono essere riferite solo ad aree e contenuti disciplinari, ma hanno bisogno di essere veicolate attraverso un approccio sistemico alla realtà. Non è possibile prescindere dalla conoscenza dei processi di interazione entro e tra i sistemi e da un approccio alla complessità (attraverso i concetti di limite, di irreversibilità, unicità dei fenomeni), così come è necessario muoversi nella direzione di una costruzione delle conoscenze in termini di interdisciplinarietà e trasversalità, anche quando si affrontano aspetti relativi a singole tecnologie o a specifici interventi di risanamento.
La costruzione di processi cognitivi attraverso l’approccio sistemico richiede di considerare le interrelazioni che si instaurano tra i differenti comparti e che non sono la semplice sommatoria della conoscenza delle singole parti. Per questo un approccio disciplinare risulta inadeguato. Allo stesso modo, le conoscenze tecniche relative alle metodologie specifiche di lavorazione, alle tecniche e alle modalità di esercizio delle attività professionali non potranno essere settoriali, anche quando sono riferite a contenuti tecnici specialistici.
Di grande importanza sono anche le conoscenze organizzative che riguardano l’organizzazione aziendale, i sistemi di gestione, i mercati di riferimento, norme e standard ecc. Dette conoscenze presuppongono la conoscenza del processo (intesa come conoscenza delle integrazioni a monte e a valle dei processi produttivi); la conoscenza del contesto, ovvero del diverso significato dei fenomeni al variare dei punti di vista e del contesto; la conoscenza di aree collaterali e dei processi coinvolti (conoscenza delle interconnessioni).
Nella strutturazione delle competenze, come si è già sottolineato, è necessario fare riferimento non a singoli processi che reiterano la logica della separatezza delle competenze e quindi la logica della separatezza degli interventi, che ha determinato molti danni in campo ambientale, ma avere un’ottica di filiera perché le figure professionali, pur lavorando con compiti specifici, possano avere una capacità di operare con visione sistemica, quindi di vedere le connessioni tra diversi ambiti e responsabilità in modo da operare in termini di eco-efficienza del processo stesso e di sviluppo e cooperazione con altre filiere produttive.
L’approccio alla realtà in termini di sistema, il saper cogliere le interconnessioni tra aspetti socio-economici, ambientali e tecnologici, il saper acquisire ed elaborare informazioni con capacità critica senza soluzioni predefinite, valutando gli impatti degli interventi sull’ambiente e applicando il principio di precauzione in situazioni di incertezza, il saper assumere e saper portare a soluzione problemi legati alla complessità dell’ambiente (problem solving), rappresentano le capacità cognitive fondamentali per operare sulla base di conoscenze trasversali che provengono da aree culturali differenti, mentre le capacità relazionali si confermano necessarie per saper lavorare in modo coordinato con altre competenze professionali in équipe multidisciplinari.
L’importanza della dimensione valoriale
Le competenze professionali riferite al saper essere, riconducibili a caratteristiche professionali e valoriali sono necessarie perché non prevalga, nell’affrontare i problemi, un approccio solo di tipo tecnicistico, ma sia messo al centro anche l’impegno a conseguire un obiettivo di sostenibilità per operare interventi orientati dai principi ecologici dell’uso sostenibile delle risorse, attenti al funzionamento e alle capacità di carico degli ecosistemi, alla rinnovabilità, efficienza, risparmio, riciclaggio e riuso delle risorse.
Ad esempio, le figure professionali riferite all’agricoltura biologica debbono condividere l’impegno che tutte le fasi del processo produttivo siano orientate verso una produzione che sappia realizzare prodotti esenti da contaminanti e salvaguardare e valorizzare le risorse naturali.
Lo stesso avviene per le figure professionali che operano nell’ambito dell’edilizia sostenibile che devono condividere l’impegno in tutte le fasi del processo edilizio – dalla progettazione sino alla dismissione – a realizzare o a riqualificare manufatti edilizi che portino a una minimizzazione degli impatti ambientali nella produzione e nell’uso di materiali e di prodotti legati allo sfruttamento delle materie prime e all’uso delle energie non rinnovabili.
È necessario assicurare, nella strutturazione delle competenze, una compresenza di aspetti cognitivi e aspetti valoriali. Si presume erroneamente, spesso, che esista una sorta di automatismo, di rapporto causa-effetto, tra sviluppo delle conoscenze e sedimentazione di una coscienza ambientale e che attività orientate all’ambiente, e quindi alla soluzione di problemi reali, possano essere svolte senza la consapevolezza che i valori sono fortemente presenti e sovrintendono alle scelte tecniche. Ricomporre la dicotomia tra dimensione cognitiva e dimensione valoriale rimane la sfida ancora aperta di tutta la formazione ambientale, accanto a quella di una formazione progettata e realizzata in chiave rigorosamente sistemica. Un progetto formativo per la sostenibilità ambientale deve saper produrre attraverso metodologie innovative una circolarità tra sapere – saper fare – saper essere. Le metodologie adottate dovranno funzionare come cerniera tra la costruzione di saperi integrati e l’acquisizione di abilità-manualità ecocompatibili e al tempo stesso motivare, attingendo all’area valoriale e comportamentale. Rifondare i saperi alla luce di queste consapevolezze significa dare concretezza a una formazione volta a sviluppare responsabilità individuali e collettive, imperniate su nuovi paradigmi epistemologici orientati dalla coscienza del limite e dell’inadeguatezza di logiche riduttive e settoriali.
Figure professionali eco-innovative riferite alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica
Alcune figure professionali innovative potrebbero avere un ruolo propulsivo per la ripresa economica in linea con le prerogative di uno sviluppo sostenibile a condizione che le competenze di cui devono dotarsi, intese come insieme integrato di conoscenze, capacità e aspetti valoriali e comportamentali, siano formate in chiave sistemica e finalizzate alla realizzazione di società sostenibili. Un’esemplificazione di competenze eco-innovative si può avere attraverso alcune figure professionali delineate e analiticamente descritte dall’Isfol[2], riferite agli ambiti delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica. Dette figure si pongono come “agenti di cambiamento” in grado di orientare una cultura dell’eco-innovazione e di risolvere alcune criticità di seguito richiamate come elementi che hanno motivato la scelta della loro delineazione e descrizione.
Un primo elemento attiene alla consapevolezza che la diffusione di sistemi energetici sostenibili ruota su tre perni fondamentali. L’ampliamento dell’utilizzo di fonti di energie rinnovabili, l’aumento dell’efficienza energetica, la dimensione territoriale. Si tratta di tre aspetti strettamente collegati tra loro: l’ampliamento delle fonti rinnovabili non ha senso senza la stretta associazione della rinnovabilità al criterio del massimo utilizzo di ogni unità di energia prodotta. Entrambi sono attuabili solo se collegati in un territorio di cui valorizzano le caratteristiche fisiche insieme a quelle economiche e sociali. Perché questi elementi entrino in sinergia è necessario realizzare progetti che partendo da una puntuale conoscenza del territorio permettano l’adozione di soluzioni eco-innovative in materia di energia ed efficienza, la collaborazione di diversi soggetti (pubblici e privati) che in una comunità presiedono i diversi ambiti.
L’attuazione di questi progetti richiede la presenza competente di un Esperto di interventi energetici sostenibili a livello territoriale. È una figura professionale che svolge attività di consulenza per le Pubbliche Amministrazioni di diverso livello (Comune, Provincia, Regione ecc.) e per le imprese. La sua attività consiste nella ideazione, pianificazione e impostazione di progetti energetici sostenibili territoriali. Inoltre, coordina e supervisiona i progetti in fase realizzativa; assicura la corretta impostazione e utilizzazione degli aspetti legislativi-normativi e tecnici-economici dei progetti energetici ambientali, con particolare attenzione ai processi autorizzativi. È una figura che può ricoprire diversi ruoli e operare in differenti ambiti, laddove si manifesti l’opportunità di realizzare, in un determinato territorio, progetti di diffusione di energie rinnovabili ed efficientamento energetico.
Un altro ambito di interesse è costituito dalla dimensione economica-finanziaria, Nella prospettiva dell’attuazione dei progetti in campo energetico ambientale si pone in modo rilevante il tema delle risorse finanziarie, quelle necessarie e quelle disponibili. In supporto all’attuazione degli interventi e alla riduzione dei costi da sostenere sono operanti norme e provvedimenti che prevedono sgravi fiscali e incentivi economici. L’attivazione di questi strumenti e una corretta gestione degli aspetti economici finanziari costituiscono le condizioni fondamentali per la realizzazione e diffusione dei progetti.
Un facilitatore di tali aspetti è l’Esperto economico-finanziario di interventi in campo energetico ambientale. È una figura nuova che opera nell’ambito di tecnologie energetiche eco-innovative e per la riqualificazione energetico-ambientale in edilizia; valuta gli aspetti economici e finanziari dei vari interventi e identifica le condizioni di credito più vantaggiose offerte dal mercato finanziario, sviluppando anche l’utilizzo di prodotti finanziari innovativi. Il suo compito è quello di ideare, istruire e seguire l’iter del progetto economico-finanziario, connesso con un intervento di fonti rinnovabili, efficienza energetica, riqualificazione in edilizia o riorganizzazione di un ciclo energetico in chiave sostenibile.
In relazione al risparmio energetico importanza assume anche l’utilizzo di materiali naturali come strumento per l’efficientamento energetico degli edifici. L’uso di questi materiali, sia nel caso di nuove costruzioni che di edifici già esistenti, è reso possibile se si interviene nelle diverse macro-fasi del processo edilizio attraverso attività di consulenza tecnica. In questo ambito si colloca il Promotore consulente di materiali edili a basso impatto ambientale che promuove attraverso l’informazione, la formazione e la consulenza, l’utilizzo di materiali a basso impatto ambientale per l’edilizia. In particolare, fornisce supporto tecnico specialistico riguardo alla corretta combinazione di differenti prodotti, sia nella nuova edificazione che nella riqualificazione energetica di quelli esistenti. È una figura che opera in diversi contesti: studi di progettazione, imprese edili, consorzi di imprese di costruzioni, organizzazioni che producono e commercializzano materiali naturali.
Infine, una nuova figura interviene in un ambito che le normative disponibili sulla certificazione degli edifici tendono a trascurare. È l’Esperto per la qualificazione in campo energetico-ambientale delle imprese edili che supporta l’impresa edile in fase di realizzazione del progetto caratterizzato da soluzioni energetico ambientali, offrendo consulenza tecnica-economica e conoscitiva sull’applicazione dei materiali e delle tecnologie eco-compatibili.
Conclusioni
Le figure professionali richiamate hanno una spendibilità su tutto il territorio nazionale. Le loro competenze descrivono analiticamente cosa devono sapere, saper fare e quali atteggiamenti, valori e comportamenti le caratterizzano. La loro formazione può essere conseguita attraverso varie modalità in relazione ai vincoli e alle regole che governano il sistema formativo, alle caratteristiche dell’utenza, ai fabbisogni espressi e/o potenziali dei contesti organizzativi. Dette figure costituiscono uno “standard professionale” a cui possono corrispondere diversi percorsi formativi.
La scelta dello standard formativo da abbinare allo standard professionale rientra nelle scelte di chi programma, progetta e realizza l’offerta formativa. Al di là delle possibili opzioni, la formazione che verrà realizzata dovrà, al pari delle figure professionali, avere la peculiarità di una fisionomia omogenea e distintiva, definita dal carattere rigorosamente sistemico, dalla capacità di orientare i fabbisogni anche potenziali dello sviluppo sostenibile e dal livello complessivo di eco-innovazione prodotta, misurabile anche in termini di permeabilità al cambiamento dei soggetti coinvolti. In questa sua capacità di praticare l’innovazione e di indurre il cambiamento si giocherà la qualità della formazione come strumento imprescindibile per la realizzazione di società sostenibili.
[1] Sono state realizzate 12 ricerche riferite ad altrettante aree di interesse strategico per lo sviluppo sostenibile (agricoltura biologica, acquacoltura ecocompatibile di qualità, biotecnologie sostenibili, difesa del suolo e utilizzazione delle acque, aree protette e turismo ambientale, energie rinnovabili e sistemi energetici ecosostenibili, architettura a basso impatto ambientale, gestione integrata dei rifiuti solidi urbani, processi partecipativi e sviluppo sostenibile, bioarchitettura ed efficienza energetica, agroalimentare di qualità a filiera corta, contesti urbani metropolitani) e sono state individuate e analiticamente descritte in termini di profilo professionale, compiti lavorativi, competenze professionali e altri aspetti connotativi, 70 figure professionali. I risultati delle ricerche sono stati pubblicati sulle collane editoriali dell’Isfol e possono essere consultati anche attraverso il Sistema informativo IFOLAMB sul sito dell’Isfol.
[2] Isfol, “Energie rinnovabili ed efficienza energetica. Settori strategici per lo sviluppo sostenibile: implicazioni occupazionali e formative” (a cura di Rita Ammassari e Maria Teresa Palleschi), 2012.