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All’Italia un ruolo sempre più importante nella sfida per lo spazio
Intervista a Giorgio Saccoccia, Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana
A cura di Laura Moretti
DOI 10.12910/EAI2021-084
Al mondo dello spazio è ormai ampiamente riconosciuto un ruolo sempre più strategico a livello geopolitico e per le ricadute in termini di servizi e innovazione tecnologica in numerosi comparti, dall’energia alla salute, ai nuovi materiali alle scienze della vita e all’agricoltura per citarne solo alcuni. In questo campo l’Italia si è sempre distinta per l’eccellenza della ricerca scientifica, un tessuto industriale competitivo e la leadership a livello internazionale. Tuttavia, i rapidi cambiamenti in atto sul fronte della sicurezza, della Space Economy e della New Space Economy aprono nuove sfide. Quali sono e come affrontarle? Lo abbiamo chiesto a uno dei principali protagonisti del settore, il Presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Giorgio Saccoccia.
L’Italia dello spazio di oggi è il risultato di alcuni decenni di investimenti, di crescita del livello di competenza, di nascita, realizzazione e consolidamento di un tessuto industriale, dell’accademia e dei centri di ricerca che ci hanno portato a essere un player importante a livello mondiale e a giocare un ruolo di rilievo in tutti i settori applicativi dello spazio. E - ci tengo a sottolinearlo - non sono molte le nazioni che possono fare questo. La sfida, adesso, è di posizionarci ancora meglio rispetto al ruolo che lo spazio giocherà nello scenario economico e geopolitico mondiale, capitalizzando quanto fatto finora, consolidando gli asset sviluppati e facendoli crescere in modo sostenibile e stabile
Che cosa significa a livello operativo?
Che occorre continuare ad investire in tutti i settori, selezionando le aree sulle quali concentrare i nostri sforzi, quelle di maggior ritorno per la Space Economy e la New Space economy come l’osservazione della Terra, senza dimenticare l’esplorazione spaziale, un comparto di grande ritorno scientifico e per l’innovazione.
Quest’anno il Comint, il Comitato interministeriale per lo spazio ha assegnato 2 miliardi allo spazio e nel PNRR sono previsti 1,49 miliardi per la Space economy. In quali settori vanno investiti?
I 2 miliardi stanziati dal Comint, il Comitato interministeriale per lo spazio e i fondi previsti dal PNRR sono risorse importanti, a conferma del fortissimo potenziale di crescita e di sviluppo riconosciuto a questo comparto. A livello di investimenti, l’osservazione della terra è senz’altro una priorità per i ritorni immediati e l’importanza dei servizi offerti, penso al monitoraggio ambientale, delle infrastrutture, alla gestione delle situazioni di emergenza e altro; in questo campo abbiamo ottimi prodotti nazionali e siamo ben posizionati a livello internazionale, partecipando ai programmi dell’ESA e a collaborazioni bilaterali ad esempio con gli Stati Uniti.
Dal Catalogo dell'Industria Spaziale Italiana di ASI emerge che il settore spaziale contribuisce allo sviluppo economico e all'innovazione del nostro Paese con più di 7000 professionisti, oltre 400 aziende e 2 miliardi di euro di fatturato. Che prospettive e opportunità si aprono per il futuro del settore in Italia?
Come ho detto prima, l’osservazione della terra è uno dei settori più dinamici per la nostra industria del downstream, dalla grande impresa alla giovane startup, con un’ottima ‘economia di ritorno’ in termini di sviluppo di nuovi prodotti. Poi c’è l’esplorazione, un comparto di rilievo, nel quale abbiamo un’ottima capacità, con ricadute sia di innovazione tecnologica per la ‘vita di tutti i giorni’ sia di ‘ diplomazia internazionale’. L’esplorazione, sia robotica che umana, è un bellissimo biglietto da visita, perché è tramite i progetti di esplorazione che ci confrontiamo e ci coordiniamo con altri paesi, attraverso l’Agenzia Spaziale Europea, ma anche in bilaterale con gli Stati Uniti, il Giappone e così via. E poi c’è tutto il mondo delle attività legate alle future comunicazioni sicure, alla protezione dei nostri asset in orbita e alla protezione dalle possibili minacce dallo spazio verso la terra che ricoprono un ruolo sempre più importante. Senza trascurare le applicazioni scientifiche e lo sviluppo della ricerca pura legata ai grandi obiettivi delle missioni spaziali.
Di fatto c’è l’imbarazzo della scelta.
Sì, e aggiungerei a quanto citato sopra un ulteriore comparto, quello dell’accesso allo spazio, del trasporto spaziale che è tra le sfide più attuali e complesse. Per poter competere con gli altri player occorre investire sulle tecnologie legate a questo settore anche per garantire l’accesso all’orbita dei nostri asset strategici nazionali ed europei.
In una recente intervista lei ha affermato che ogni euro investito nel settore spaziale ne porta sette al Paese. Da che cosa deriva questo confronto?
E’ chiaro che se parliamo di ritorni legati non solo alle applicazioni dell’osservazione della terra sicuramente possiamo trovare ricadute anche superiori. Se invece ci soffermiamo sulle ricadute scientifiche, non sono tanto di natura economica ma di innovazione e ricerca. Un altro criterio interessante è l’impatto ‘distribuito’ delle tecnologie e delle applicazioni spaziali sull’economia europea; già qualche anno fa un Commissario all’economia sosteneva che più del 10% del PIL degli stati membri era in qualche modo influenzato dalle ricadute di servizi connessi allo spazio. Questo significa che al di là dei conteggi ‘diretti’, occorre avere presente il potenziale di ulteriore crescita in futuro di questo comparto.
Uno studio dell’ASI con l’Università Statale di Milano ha analizzato l’impatto socio-economico delle politiche pubbliche nel settore industriale e scientifico spaziale in Italia. Quali sono le evidenze di maggior rilievo?
E’ uno studio molto interessante perché guarda non tanto al ritorno diretto, ma al contributo e all’impatto dei differenti attori del sistema spaziale italiano, le imprese dell’upstream, del downstream e poi la comunità scientifica più in generale. Lo studio ha investigato nel dettaglio, attraverso indagini dirette, interviste, analisi econometriche, raccolta di dati on line, approfondimenti di alcuni casi e di documenti, i risultati quantitativi in termini di miglioramento tecnologico, di incremento del fatturato, ma anche della capacità di sviluppo di ricerca e la realizzazione di nuovi prodotti, il numero di clienti e così via. Di fatto, è stato un modo di valutare in maniera più ampia il concetto di ‘ritorno economico’ generato dalle attività spaziali, aprendo anche la strada ad ulteriori approfondimenti, ad esempio sugli ambiti nei quali potrebbe essere interessante migliorare.
A proposito di ‘ritorno economico’, come giudica la progressiva privatizzazione dello spazio alla quale stiamo assistendo con un ruolo sempre più ampio dei privati e l’ingresso del venture capital. Vede più rischi o opportunità in questa nuova situazione?
Rappresentando un’istituzione pubblica non posso che vedere in maniera molto positiva quest’ingresso, perché vuol dire che il settore sta diventando attrattivo. Infatti, a parte poche eccezioni dettate magari da passioni o altro, i privati sono interessati al ritorno economico, al raggiungimento di determinati obiettivi che, comunque sia, devono generare profitti. Il fatto che lo spazio interessi ai privati vuol dire siamo arrivati alla fase alla quale si aspirava da tempo e che altri settori -pensiamo ad esempio al sistema dei trasporti- hanno già visto. Siamo in un momento di transizione molto interessante, dove la sfida è di conciliare al meglio ciò che è ancora ‘prerogativa’, delle istituzioni e ciò che può essere totalmente demandato al privato.
In che senso?
Non dobbiamo dimenticare che lo spazio copre una serie di aspetti molto delicati legati anche alla sicurezza e ad elementi di tipo strategico che non possono essere lasciati completamente ai privati, perché si verrebbe a perdere il ruolo fondamentale della governance sovrana dei paesi o dell’Unione europea. Settori come i rifiuti spaziali, la sicurezza degli asset in orbita, la protezione del pianeta dal rientro di oggetti in orbita o il futuro utilizzo delle risorse di altri pianeti devono essere oggetto di regolamenti stabiliti non da privati ma dai governi, dalle istituzioni e dalle Agenzie che dovranno promuovere un’adesione alle nuove norme. Oggi queste regole sono in fieri, ma si sta comunque andando verso regolamenti comuni; ci sono iniziative a livello dell’ONU, di singoli paesi e c’è molto fermento in materia a livello internazionale.
A livello internazionale, il 20 e il 21 settembre scorsi l’ASI ha organizzato l’evento “G20 Space economy leaders meeting 2021” con i rappresentanti delle maggiori agenzie spaziali mondiali delle organizzazioni internazionali del settore. Come nasce questa idea e quale l’obiettivo?
Visto l’impatto della sfera spaziale sui grandi temi ambientali, dell’esplorazione e della protezione del pianeta e della gestione delle emergenze è quasi automatico che si debba parlarne a livello di G20. La prima riunione con i capi di tutte le agenzie spaziali l’ha fatta l’Arabia Saudita nel 2020 quando aveva la presidenza del G20. Noi, molto volentieri, abbiamo preso il testimone cercando di legare l’evento alla presidenza italiana del G20, alla Cop 26, prevedendo per la prima volta oltre alle agenzie spaziali anche un evento dedicato alle industrie spaziali e altre iniziative promosse ad esempio da Leonardo o quella di Grottaglie nell’ambito dei distretti. L’obiettivo era di far sì che di spazio si parlasse in consessi di grande visibilità e di far inserire il tema nell’Agenda del G20 per il futuro. Quest’anno, intanto, è andata molto bene e c’è stata una forte partecipazione; inoltre il tema del G20 'People, Planet, Prosperity' proposto dall’Italia era perfetto da 'collegare' ai nostri lavori.
Il ministro Colao ha proposto una giornata nazionale dello spazio per il 16 dicembre. Quale è a suo giudizio la valenza di questa iniziativa?
Devo confessare che l’idea è mia e risale a un anno fa. Poi fortunatamente ho avuto la sponda del governo che ha deciso di adottarla..…. L’obiettivo condiviso è far sì che questo evento accresca la conoscenza del settore in Italia non solo presso gli addetti ai lavori ma in qualunque situazione e consesso, coinvolgendo il più possibile le scuole e i cittadini, tramite i Ministeri che compongono il Comint. E’ molto importante avvicinare questa tematica all’opinione pubblica, spiegare perché lo spazio è qualcosa di più di un mondo affascinante da esplorare. Mi auguro veramente che questa iniziativa possa funzionare e crescere, per divulgare il più possibile un tema che sarà sempre più rilevante in futuro e dove l’Italia gioca e deve giocare sempre di più un ruolo importante.