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Per la Space Economy un grande futuro, ma servono regole chiare
Intervista a Umberto Guidoni, Astronauta - Divulgatore - Scrittore
A cura di Laura Moretti
DOI 10.12910/EAI2021-083
Umberto Guidoni è stato il primo astronauta europeo a mettere piede sulla Stazione Spaziale Internazionale, esattamente 20 anni fa. Da allora molte cose sono cambiate nel mondo dello spazio con passi in avanti importanti a livello scientifico, ma anche un crescente sviluppo delle attività e l’ingresso di privati. E, secondo l’Osservatorio sulla Space economy del Politecnico di Milano, oggi lo spazio e le sue ricadute economiche attraversano una fase di forte cambiamento e di discontinuità col passato. A Umberto Guidoni abbiamo chiesto se concorda con questa analisi e quali sono stati i cambiamenti più rilevanti a suo giudizio?
La globalizzazione e le tecnologie emergenti hanno influenzato anche le attività spaziali che hanno subito trasformazioni radicali negli ultimi due decenni. Lo spazio non è più il monopolio delle agenzie spaziali dei paesi più avanzati, ma è diventato il terreno di gioco per le attività di nuovi stati emergenti e soprattutto di imprese private. È prevedibile che l'economia spaziale influenzerà la crescita socio-economica dei prossimi anni e che le compagnie private saranno sempre più protagoniste nello sviluppo di nuove tecnologie spaziali.
Come giudica la progressiva ‘privatizzazione’ dello spazio alla quale stiamo assistendo con un ruolo sempre più ampio dei privati e l’ingresso dei fondi di investimento?
Nei prossimi venti anni, la ricchezza annuale generata dalle attività di “space economy” dovrebbe triplicare rispetto agli attuali 350 miliardi di dollari su scala globale. La nuova competizione per lo spazio non è più solo fra Stati ma anche a livello aziendale. L’aumento della competizione tra privati e quella fra pubblico e privato potrà consentire una significativa riduzione dei costi e portare ad una accelerazione nello sviluppo di nuove tecnologie e servizi.
Non c’è un rischio di sovraffollamento?
È chiaro che bisogna evitare che la corsa ad accaparrarsi il fiorente mercato spaziale diventi una sorta di nuovo “far west”; per questo è importante stabilire regole chiare e valide per tutti, che salvaguardino la sicurezza e il rispetto dei trattati internazionali. Ad esempio, con migliaia di satelliti pronti a partire nei prossimi anni, bisognerà affrontare il tema dell’affollamento delle orbite o, se pensiamo al turismo spaziale, occorrerà stabilire criteri per certificare la sicurezza dei veicoli su cui viaggeranno i futuri equipaggi.
Quali sono le sfide prioritarie che il nostro Paese si trova ad affrontare sul fronte dello spazio e, in particolare, dello sviluppo della Space Economy e della New Space Economy?
Gli investimenti privati nell'industria spaziale stanno aumentando rapidamente; tuttavia, le istituzioni pubbliche nazionali e internazionali sono ancora i maggiori clienti delle compagnie private. Se negli Stati Uniti la NASA e le altre agenzie governative hanno avuto un ruolo determinante nel successo di compagnie come Space X, non è successo lo stesso in Europa, dove mancano infrastrutture spaziali operate autonomamente da compagnie private. Lo spazio è tremendamente complesso e ci vorrà tempo prima che possa svilupparsi un “ecosistema spaziale” che sia veramente autosufficiente. Nel nostro paese ci sono esperienze in questo senso, come i distretti aerospaziali, ma c’è bisogno di un maggior coordinamento fra pubblico e privato perché si vengano a creare soggetti industriali autonomi e competitivi a livello globale.
Secondo l’ASI ogni euro investito nel settore spaziale ne porta sette per il Paese. Quali sono i settori che beneficiano maggiormente della ricerca nel settore spaziale e quali andrebbero potenziati?
Robotica e Intelligenza Artificiale, Energia, Telerilevamento sono solo alcuni tra i settori che maggiormente hanno beneficiato della ricerca spaziale. Ad esempio, sin dagli anni ’60 le celle a combustibile sono state utilizzate per fornire energia elettrica a bordo delle capsule Apollo e, successivamente, dello Space Shuttle. Oggi quella stessa tecnologia può produrre energia pulita sulla Terra e permettere la transizione verso una mobilità sostenibile. Credo che siano tutti settori chiave per lo sviluppo del nostro paese ed andrebbero potenziati per affrontare la più grande sfida dei prossimi anni: quella dei cambiamenti climatici.
Dal Catalogo dell'Industria Spaziale Italiana di ASI emerge che il settore spaziale contribuisce allo sviluppo economico e all'innovazione del nostro Paese con più di 7000 professionisti, oltre 400 aziende e 2 miliardi di euro di fatturato. Che prospettive e opportunità si aprono per il futuro del settore in Italia e nel contesto internazionale?
Si può dire che l'industria spaziale fornisce un vantaggio competitivo al paese in cui opera, diminuendo i costi medi e accelerando lo sviluppo tecnologico e l’innovazione. Un paese manifatturiero come l’Italia ha bisogno di questo “driver” per migliorare la qualità e il contenuto tecnologico dei suoi prodotti e per essere competitivo sui mercati internazionali. Se vogliamo aumentare gli obiettivi di crescita socio-economica del nostro paese per il prossimo decennio, dovremmo cercare di valorizzare le eccellenze industriali ed i poli scientifici di livello mondiale che abbiamo in campo spaziale.
La ricerca ha un ruolo fondamentale per l’esplorazione e la ‘conquista’ dello spazio. Secondo lei nel nostro Paese si investe abbastanza in questo settore?
Direi di NO! Siamo molto al di sotto della media europea e certamente lontani da paesi come USA e Giappone, per non parlare della Cina. L’esiguità degli investimenti in ricerca è un dato che riguarda i laboratori e le università pubbliche, ma investe anche il settore privato. Inoltre, la precarietà è una delle piaghe della ricerca italiana. Non è un caso che i nostri giovani laureati siano spesso costretti a trasferirsi all’estero per trovare occupazioni adeguate al livello delle loro competenza. Anche quando i ricercatori italiani ricevono finanziamenti europei, il più delle volte scelgono di condurre le loro ricerche in laboratori stranieri.
Come valuta la decisione del ministro Colao di istituire la Giornata nazionale dello spazio?
“L'ecosistema spaziale” avrà sempre più bisogno di capitale umano preparato e motivato. In questo senso, l’istituzione della Giornata nazionale dello spazio da parte del ministro Colao va nella direzione giusta; sarà importante, però, che sia accompagnata da finanziamenti adeguati per potenziare l’insegnamento delle materie scientifiche nelle scuole e nelle università. Da quando ho lasciato l’attività di astronauta, mi sono impegnato nel campo della divulgazione scientifica, scrivendo libri e incontrando studenti di tutte le età. Credo che un certo sentimento antiscientifico, come quello che stiamo vivendo in questo lungo periodo di pandemia, possa essere sconfitto proprio con una maggiore diffusione della cultura scientifica. L’avventura spaziale, che ha fatto sognare generazioni intere di giovani, potrebbe essere il modo migliore per farlo.