Economia circolare: consapevolezza, azioni, bisogni e ruolo delle PMI nella transizione
di Barbara Gatto, Natalia Gil Lopez
DOI 10.12910/EAI2019-033
L’economia circolare è un vero e proprio cambio di paradigma che deve attraversare complessivamente tutta l’economia, ma anche il nostro sistema culturale e valoriale. Tuttavia, le imprese che vogliono sposare questo modello incontrano ancora molte difficoltà, a causa di complicazioni burocratiche e di un contesto normativo ambientale caratterizzato da regole complesse, rigide, a volte incoerenti. La strada, invece, è di riuscire a conciliare con le caratteristiche innovative dell’economia circolare i tratti distintivi del nostro modello economico
Barbara Gatto
Resp. Dipartimento Politiche Ambientali
Natalia Gil Lopez
Dipartimento Politiche Ambientali CNA nazionale
Da molti anni la CNA ha messo al centro delle proprie strategie ed attività lo sviluppo sostenibile come chiave per la competitività e la crescita delle imprese. Un modello di sviluppo che abbiamo sempre considerato a misura di artigianato e di piccola impresa, anche per le loro caratteristiche “innate” di attenzione al territorio e alla qualità delle produzioni e dei servizi offerti.
Quando si parla di sostenibilità delle imprese, di riconversione green e, in particolar modo, di economia circolare, bisogna partire da un assunto imprescindibile: l’Italia potrà raggiungere i risultati attesi solo se riuscirà a rendere questa transizione sistemica e trasversale, coinvolgendo quanto più possibile il sistema economico e produttivo nel suo complesso, ma anche istituzioni e cittadini.
Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma che deve attraversare complessivamente tutta l’economia, ma anche il nostro sistema culturale e valoriale. In particolare, le piccole e medie imprese si trovano penalizzate dal diffuso pregiudizio che, contrariamente da quanto dimostrano i principali indicatori economici e statistici, le considera strutturalmente inadatte ad interiorizzare i principi dell’economia circolare e soprattutto a tradurli in esiti produttivi concreti. Un pregiudizio che si è trasformato spesso in politiche e strumenti pensati soprattutto per la grande impresa e che non stanno favorendo la transizione attesa.
Bisogna considerare inoltre che l’economia circolare è spesso accomunata a concetti strettamente collegati al mondo dei rifiuti, quali il riuso ed il riciclo, trascurando un approccio più ampio che passa dall’eco-innovazione al consumo sostenibile, comprendendo non solo la gestione dei rifiuti ma anche, ad esempio, la tutela del suolo e del territorio, i temi energetici, il risparmio idrico e così via. Già questi elementi ci dicono che, nonostante sia evidente un’attenzione crescente circa le opportunità dell’economia circolare, il quadro ancora non è pienamente favorevole a questo approccio. La principale barriera deriva da un contesto normativo ambientale tuttora troppo caratterizzato da regole complesse, rigide, a volte incoerenti o incapaci di concretizzare i principi dell’economia circolare; in alcuni casi emblematici, addirittura, ne ostacolano il rispetto.
Infatti, nonostante nel tempo la normativa abbia recepito i principi di tutela dell’ambiente, non ha saputo conciliare tale approccio con la necessità di semplificazione delle norme che ricadono significativamente sulle imprese, nell’erronea convinzione che un carico di regole ed adempimenti possa meglio garantire la tutela ambientale. Basti pensare all’incoerenza dell’attuale definizione di rifiuto, o alle difficoltà di applicazione della disciplina del sottoprodotto e dell’end of waste. Per non dimenticare il carico di adempimenti e conseguenti costi per i processi autorizzatori o per la gestione documentale relativa ai rifiuti. Procedure complesse che tolgono tempo ed energie alle imprese che potrebbero meglio dedicarle all’innovazione dei processi produttivi e che, spesso, ostacolano anziché favorire il principio del “chi inquina paga”.
Regole certe e chiare e strumenti per l’eco-innovazione
Sarebbe importante voltare pagina indirizzando le politiche ambientali verso una regolamentazione semplificata, chiara e certa, nel rispetto della compatibilità tra la tutela dell’ambiente e le reali esigenze dei settori economici interessati.
Si tratta di creare le condizioni necessarie per favorire questo cambiamento, inserendo con decisione nell’agenda politica questi temi, valorizzandone la forza propulsiva per l’economia e dando il giusto spazio alle centinaia di migliaia di piccole imprese che hanno tratto da questi principi la loro forza competitiva.
Servono strumenti concreti in grado di fare eco-innovazione e di trasferirla dentro ogni impresa, favorendo e rafforzando le sinergie tra il sistema produttivo ed il sistema della ricerca e dell’innovazione.
È possibile orientare produzione e consumo verso modelli più sostenibili intervenendo ad esempio attraverso la leva fiscale, che rappresenta lo strumento che regola e determina la vita dei mercati ed i consumi delle famiglie. Con un contesto favorevole, il salto di qualità dell’Italia sarebbe enorme.
Molte sono le aziende, anche micro e piccole, che hanno già adottato modelli in grado di ridurre la produzione dei rifiuti o favorirne una migliore gestione; molte le esperienze, anche nella nostra base associativa, di riduzione degli scarti alimentari, di un migliore utilizzo degli imballaggi, di produzioni sostenibili ad esempio nel tessile e così via.
Negli ultimi anni, infatti, si è assistito alla nascita di una nuova classe di imprese che ha investito in beni, servizi e tecnologie ad elevata valenza ambientale. Nonostante una congiuntura difficile, è cresciuto un nuovo modo di fare impresa, orientato verso prodotti in grado di ridurre gli impatti sull’ambiente e garantire al tempo stesso migliore benessere e maggiore occupazione.
Dunque, l’economia circolare è già una realtà per molte imprese che si sono attrezzate o si stanno attrezzando.
Per fare qualche esempio concreto, molti settori si stanno impegnando all’interno del sistema CNA: ad esempio a Pistoia, dove imprese e università stanno studiando possibili soluzioni innovative per riconvertire, secondo un modello di economia circolare, un settore particolarmente critico come quello della plastica. La dimostrazione, peraltro, che le soluzioni tecnologiche non sempre sono disponibili oggi, e che l’economia circolare può essere sollecitata anche attraverso partenariati pubblico-privati. Molti sono i casi virtuosi anche nel settore dell’agro-alimentare, ormai da tempo impegnato sul fronte della riduzione degli sprechi alimentari e, da qualche anno, su iniziative di riduzione nell’uso di imballaggi.
Inoltre da tre anni la CNA promuove il Premio Cambiamenti, una manifestazione che ci racconta di giovani imprese che puntano sull’innovazione. Ma l’economia circolare e l’innovazione sono strettamente collegate e, non a caso, molte delle imprese partecipanti e finaliste hanno fatto dell’economia circolare l’oggetto della propria attività. Insieme alle imprese giovani del Premio Cambiamenti, anche CNA Storie ci racconta di molti imprenditori che stanno coniugando tradizione artigiana con la capacità innovativa di orientarsi verso l’economia circolare.
Infine La CNA è tra i primi firmatari della piattaforma ICESP. Nell’ambito delle attività della piattaforma siamo co-coordinatrici del Gruppo di Lavoro 1- “Ricerca ed Eco-innovazione, Diffusione Conoscenza e Formazione”. Il Gruppo di lavoro si occupa di approfondire lo stato dell’arte dell’eco-innovazione in un’ottica di economia circolare con l’obiettivo di contribuire alla promozione e alla diffusione dell’eco-innovazione come leva per la competitività e la sostenibilità del sistema economico.
Vincoli normativi e costi
Il terreno su cui far attecchire l’economia circolare dunque è florido; ma non bisogna nascondere le molte difficoltà e aspettative che queste imprese, e le molte altre che vogliono sposare un modello di economia circolare, devono gestire.
In primis, le già citate complicazioni burocratiche, che spesso rendono difficile far avere una nuova vita agli scarti recuperati, a causa dei molti vincoli normativi ed i conseguenti costi e complicazioni. Ma spesso emerge anche la difficoltà di individuare un mercato di sbocco per i prodotti ottenuti con materie prime seconde recuperate dagli scarti, sia perché i costi possono essere maggiori sia perché c’è ancora una certa diffidenza rispetto agli standard di qualità dei materiali e prodotti così ottenuti. Ci sono settori in cui è più difficile portare avanti un cambiamento perché semplicemente il cliente (sia esso cittadino o impresa) si fida più del prodotto tradizionale. Allora dobbiamo creare gli strumenti per supportare queste imprese nel comunicare la qualità di ciò che producono secondo i criteri dell’economia circolare.
La strada da percorrere, più in generale, è quella di saper valorizzare in questa transizione le caratteristiche economiche e produttive del nostro paese; ricordiamoci che l’Italia è un paese caratterizzato dalla piccola impresa che è la nostra forza e che, se messa in condizione di farlo, può sicuramente conciliare le caratteristiche innovative dell’economia circolare con i tratti distintivi del nostro modello economico, come tradizione, qualità, legame col territorio.
Bisogna, dunque, cogliere le nuove sfide dando valore alle nostre tradizioni, alla bellezza del Paese, alla qualità che ci è riconosciuta nel mondo. E noi, come CNA, abbiamo l’ambizione di poter dire che i nostri artigiani, se supportati adeguatamente, possono mostrare che la circolarità e la sostenibilità sono nel loro DNA.