Sfide e opportunità dell’economia circolare per l’industria italiana
di Andrea Bianchi
DOI 10.12910/EAI2019-031
L’industria italiana può giocare un ruolo di leadership nel percorso verso lo sviluppo sostenibile, indispensabile per mantenere una posizione centrale nella competizione globale. Ma per affrontare gli ingenti costi della transizione verso l’economia circolare, è necessario un piano che indirizzi in maniera corretta tutte le leve utili a stimolare investimenti green e incrementare i livelli occupazionali, con interventi fiscali, incentivi sull’esempio di Industria 4.0, investimenti in ricerca e innovazione e la formazione delle competenze che servono per questo nuovo modello di business
Andrea Bianchi
Direttore Area Politiche Industriali, Confindustria
Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da profondi cambiamenti nelle istituzioni europee e nazionali che hanno messo al centro delle priorità la sostenibilità ambientale. In particolare, nei programmi della nuova Commissione europea e del nuovo Governo italiano assume un ruolo centrale il “green new deal”, che richiederà ingenti sforzi da parte di tutti, istituzioni, imprese e cittadini. Questa rinnovata attenzione al tema della sostenibilità ambientale non rappresenta, tuttavia, una novità per l’industria, che da tempo ha intrapreso un cammino diretto a migliorare le sue performance ambientali. Oggi possiamo tranquillamente affermare che, per le imprese, la tutela ambientale può rappresentare un importante volano di investimenti per innovazione e competitività. Sono ormai lontani i tempi in cui la tutela dell’ambiente era contrapposta allo sviluppo economico.
Tuttavia, se l’industria europea vuole mantenere un ruolo centrale nella competizione a livello globale deve proseguire con decisione sulla via dello sviluppo sostenibile. L’industria italiana può giocare un ruolo di leadership in questo percorso.
Secondo i dati più recenti forniti dall’Istat, la stima degli investimenti in campo ambientale realizzati dalle imprese industriali italiane è risultata essere pari a circa 1,5 miliardi di euro all’anno. Questi investimenti includono spese per attrezzature, macchinari e dispositivi sia per il controllo e l’abbattimento dell’inquinamento, sia per la prevenzione o la riduzione dello stesso dal processo produttivo.
I costi per il sistema industriale
Tuttavia, gli obiettivi definiti e in via di definizione a livello europeo e internazionale richiederanno, negli anni, sempre maggior impegno da parte del settore industriale. Si pensi, ad esempio, agli obiettivi fissati dal nuovo pacchetto di misure in materia di economia circolare, tra cui, la consistente riduzione dei rifiuti urbani conferiti in discarica al 2035, come anche l’aumento delle percentuali di riciclo degli imballaggi.
È evidente come tale impegno si traduca in un costo non indifferente per il nostro sistema industriale. Secondo le ultime stime, la corretta implementazione delle misure contenute nel pacchetto economia circolare comporterà un investimento pari a circa 11 miliardi solo nel quinquennio 2020-2025, quindi mediamente 2 miliardi/anno. È necessario quindi ri-orientare le risorse per dare un maggiore sostegno agli investimenti green.
Serve un piano di sviluppo sostenibile che punti a favorire in maniera massiccia la transizione ecologica dei processi produttivi e dei modelli di consumo verso l’economia circolare e la decarbonizzazione. La transizione per essere efficace deve essere in grado di conciliare la crescita economica e occupazionale con la tutela del patrimonio ambientale e delle risorse naturali come anche delle diverse fonti energetiche.
La prossima legge di Bilancio può rappresentare una grandissima occasione per avviare un serio piano di investimenti per lo sviluppo sostenibile, che consenta alle imprese, soprattutto medio-piccole, di sprigionare quanto più possibile il proprio potenziale in know-how tecnologico e gestionale, un passo necessario per favorire il disaccoppiamento fra la crescita economica-industriale e gli impatti ambientali.
Le azioni da mettere in campo sono numerose, ma è sicuramente prioritario porre in essere interventi di natura finanziaria che agiscano su almeno due fronti: assicurare un’adeguata dotazione impiantistica al Paese in modo da sostituire le fabbriche alle discariche per ricevere materiali da rimettere in circolo nell’economia; rendere maggiormente competitivi i materiali ottenuti a partire da un residuo di consumo o di produzione utilizzando la leva fiscale.
Applicare Industria 4.0 all’economia circolare
Più in dettaglio, sulla base della crescente attenzione da parte dell’industria per gli investimenti riguardanti l’economia circolare, si potrebbe replicare il modello di agevolazioni fiscali ideato per il piano “Industria 4.0”, applicandole alle tecnologie e ai beni strumentali funzionali a utilizzare in maniera più efficiente le risorse naturali, in modo da evitare il conferimento in discarica, che nuoce sia all’ambiente che all’economia.
In aggiunta a tale intervento, si potrebbe poi immaginare un credito d’imposta per l’acquisto di materie prime ottenute a partire da un residuo di produzione o di consumo, in modo da diminuire progressivamente la richiesta di materie prime vergini e re-immettere nei processi produttivi materiali riciclati.
La rilevanza di questi interventi è data dal fatto che il nostro Paese è importatore netto di materie prime e per questo motivo, considerate anche le dinamiche geopolitiche, risulta strategico per la nostra industria ridurre il più possibile la dipendenza nell’approvvigionamento di risorse dall’estero, valorizzando il più possibile i materiali di scarto e i rifiuti nei processi produttivi. Inoltre, come anticipato la misura proposta punta a ridurre al minimo il conferimento in discarica, che costituisce una soluzione ambientalmente inefficace (perché non si recupera valore dai rifiuti) e dannosa, perché comporta consumo di suolo, risorsa non rinnovabile. Peraltro, la misura punta, al contempo, anche ad agevolare gli obiettivi di decarbonizzazione nella misura in cui consente la produzione di energia da fonte rinnovabile.
È necessario incrementare le risorse per ricerca e innovazione applicate all’eco-design, ossia alla progettazione in chiave di sostenibilità ambientale dei prodotti, in modo da ridurne gli impatti sulle risorse naturali, allungarne il ciclo di vita e renderli riutilizzabili.
È chiaro che l’Italia dovrà, ora più che mai, assumersi la responsabilità di destinare risorse per tali interventi, nella convinzione che non si tratta di spese a fondo perduto, ma di vera e propria spesa per investimenti, che avrebbe un effetto positivo dal punto di vista economico e ambientale.
Le citate misure possono incidere positivamente anche sulla qualità della spesa pubblica. Infatti, l’ultimo Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia relativo all’anno 2016 evidenzia che il nostro Paese destina già alla spesa primaria per la protezione dell’ambiente e per l’uso e la gestione delle risorse naturali circa 4,8 miliardi di euro all’anno. Oggi queste risorse vengono spese fondamentalmente per rimediare alle varie criticità ambientali. Noi dovremmo ri-orientare la spesa in chiave preventiva rendendo l’economia sempre più sostenibile.
Investire nelle competenze
Per quel che riguarda il reperimento delle risorse, non manca la consapevolezza delle difficoltà del nostro debito pubblico, ma alcuni segnali incoraggianti vengono proprio dall’Europa che sta riflettendo sull’opportunità di una disciplina privilegiata degli investimenti ambientali. Inoltre, a livello nazionale andrebbero sondati strumenti come il fondo investimenti, il fondo coesione.
Tuttavia, gli investimenti per la corretta transizione verso un modello economico circolare non dovrebbero essere destinati solo a beni materiali ma anche a quelli “immateriali” come la conoscenza e la creazione di figure professionali da mettere a disposizione delle aziende. Il tema delle competenze necessarie a tutti i livelli per rendere possibile la transizione a un modello di business circolare appare infatti cruciale, poiché la crescente importanza che il tema dell’economia circolare sta assumendo nell’ambito dell’attività imprenditoriale comporta inevitabilmente la necessità, da parte delle imprese, di disporre di competenze altamente specializzate sul tema, dal punto di vista sia tecnico che gestionale.
Per questi motivi, Confindustria ha avviato uno studio diretto a mappare le professionalità oggi presenti e per promuovere la conoscenza e la comprensione dei fenomeni connessi alle competenze manageriali in tema di economia circolare e sviluppo sostenibile, con l’obiettivo di favorire sempre di più l’incontro tra la domanda o l’offerta di lavoro sempre più qualificato e specialistico in campo ambientale.
In conclusione, occorre essere onesti e affermare che il percorso di transizione ecologica comporterà dei costi ingenti. Questi costi saranno sostenuti principalmente dalle imprese e dai consumatori. Le istituzioni dovrebbero accompagnare questo percorso, scandendo i tempi della sua realizzazione e indirizzando in maniera corretta tutte le leve necessarie per stimolare investimenti green e incrementare i livelli occupazionali.