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Gestione della risorsa idrica in condizioni di scarsità e nei Paesi in via di sviluppo
DOI 10.12910/EAI2023-022
di Filippo Moretti, Laboratorio Bioprodotti e Bioprocessi, Marco Proposito, Laboratorio di Osservazioni e Misure per l’ambiente e il clima - ENEA
È sempre più evidente e condiviso, a livello scientifico e politico internazionale, che la scarsità delle risorse idriche debba essere affrontata con strategie che colgano le criticità locali e che prevedano soluzioni tecniche specifiche. In particolare, nei Paesi in via di sviluppo (PVS), sarà necessario ricorrere a tecnologie con bassi costi di impianto e facilità ed economicità di gestione e manutenzione. Questo lavoro affronta la problematica del ciclo di utilizzo della risorsa idrica analizzando, in ciascuna fase, le cause delle carenze e presentando possibili soluzioni tecniche.
Nei prossimi anni le popolazioni più a rischio dovranno sviluppare strategie per adattarsi a un futuro in cui la domanda di acqua sarà in costante aumento e la sua disponibilità tenderà a diminuire, con effetti a cascata sull’economia e impatti su igiene, sicurezza alimentare, energia e sviluppo delle aree urbane in costante espansione. Alcune regioni del mondo soffrono già di una significativa scarsità d’acqua o di un’eccessiva variabilità nella sua distribuzione nell’arco dell’anno. La gestione sostenibile della risorsa idrica è quindi un obiettivo prioritario sul quale, ormai da anni, convergono gli sforzi della politica e delle comunità scientifiche internazionali. In questo contesto trova nuova applicazione il criterio di assecondare il naturale ciclo dell’acqua in un determinato territorio, in funzione della sua posizione geografica, dell’orografia, dell’entità e distribuzione delle precipitazioni e, in questi ultimi anni, degli effetti del cambiamento climatico.
La captazione dell’acqua, lo stoccaggio, l’utilizzo, la depurazione e la sua reimmissione in un ambito territoriale circoscritto, sono da considerarsi pratiche vantaggiose e sostenibili che preservano le fonti dal sovrasfruttamento, riducono i costi energetici di prelievo e trasporto e distribuiscono sul territorio gli impatti dei processi di potabilizzazione e depurazione. Questi criteri già esposti nel documento “Tecnologie sostenibili per il ciclo dell’acqua e le bonifiche per i Paesi in via di sviluppo” frutto della collaborazione tra ENEA e AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo), vengono ripresi in questo lavoro e si completano con le azioni di progetto intraprese nella repubblica insulare di Palau (Micronesia) e nel progetto europeo WaterDrop, portato a termine con tre paesi mediorientali (MPC, Mediterranean Partner Countries).
L’approvvigionamento idrico, le fonti
Per garantire la gestione sostenibile della risorsa idrica, in particolare nei paesi in via di sviluppo (PVS), si deve tenere conto di variabili sito-specifiche (ambientali e climatiche) e infrastrutturali (presenza e condizione di esercizio degli impianti). Mentre la sua disponibilità è limitata e variabile nel tempo, il fabbisogno è determinato da scelte politiche ed economiche. Nell’area geografica di intervento, è indispensabile conoscere approfonditamente l’assetto geo-idrologico, le precipitazioni e i parametri climatici per stimare la quantità di risorsa idrica disponibile nel lungo termine. Le fonti di approvvigionamento per lo più utilizzate sono rappresentate da pozzi, sorgenti, acque superficiali (fiumi, laghi, dighe, invasi), acque meteoriche e acque desalinizzate.
Risorse idriche da falda acquifera (pozzi e sorgenti)
Poiché di solito viene estratta una maggiore quantità di acqua rispetto a quella ricaricata naturalmente nelle falde, queste ultime subiscono un progressivo abbassamento di livello determinando un sensibile aumento dei costi energetici di estrazione e, in caso di prossimità con la costa, favorendo fenomeni di intrusione salina. Inoltre, le acque sotterranee possono anche essere esposte a fenomeni di contaminazione degli strati superficiali, soprattutto a seguito dell’uso di prodotti fertilizzanti, diserbanti, etc. È prevedibile che, in un prossimo futuro, le risorse idriche sotterranee tenderanno all’esaurimento o diventeranno inutilizzabili per l’eccessiva presenza di sali disciolti, in ampie aree in cui le falde acquifere sono state storicamente sovrasfruttate. Per contrastare questa tendenza sarà necessario, innanzitutto, indirizzare il prelievo in maniera mirata privilegiando la captazione discreta e diffusa sul territorio in base alle indicazioni emerse dagli studi idrogeologici. Si dovranno conseguentemente costruire e/o adeguare le infrastrutture per l’estrazione ed il trasporto delle acque sotterranee rendendo l’intero sistema più resiliente ai cambiamenti climatici e socio-economici in atto nei PVS.
Risorse idriche di superficie (fiumi, laghi, dighe, invasi)
Le acque superficiali, a differenza delle acque di falda, per l’uso umano necessitano di maggiori trattamenti (fisici e chimici), per la presenza di sostanza organica disciolta, solidi sospesi e di una più elevata carica batterica. La presenza dei corsi naturali e la loro portata sono variabili e legate all’orografia del territorio e alla distribuzione delle precipitazioni. La realizzazione di invasi artificiali e dighe, che fungono da tampone per i periodi siccitosi, deve essere accuratamente pianificata per ridurre al minimo gli impatti ambientali e l’infrastruttura dimensionata in funzione dell’utilizzo previsto.
Risorse idriche non convenzionali (acque meteoriche, acque reflue trattate, desalinizzazione)
La raccolta dell’acqua piovana può fornire quantità aggiuntive di acqua da utilizzare in ambito domestico, in agricoltura e nell’industria, attraverso sistemi di raccolta e successivo stoccaggio. Nel primo caso si tratta di realizzare serbatoi di dimensioni adeguate, mentre nel caso di applicazioni agricole e industriali si parlerà prevalentemente di bacini di grandi dimensioni. Le aree geografiche favorevoli sono quelle con precipitazioni superiori a 300 mm/anno. Precauzioni vanno adottate in caso di conservazione in serbatoi chiusi, per evitare il decadimento qualitativo che ne limita l’uso domestico.
Nei bacini si dovrà tenere conto dei fenomeni di evaporazione, soprattutto nei climi caldi, e quindi di una perdita che aumenta con il tempo di conservazione. Le acque reflue trattate sono considerate un elemento principale del bilancio idrico. Molte città non hanno le necessarie infrastrutture per raccogliere e trattare le acque reflue. È stimato che in diverse zone urbane fino al 90% delle acque reflue è scaricato direttamente nei corpi idrici recettori (fiumi, laghi o mari) senza alcun trattamento (WWAP, 2015). È ipotizzabile che in un prossimo futuro aumenti sensibilmente la quota di acque reflue trattate e con essa la possibilità di un loro reimpiego in agricoltura, a valle di necessari trattamenti terziari che non gravino ulteriormente sui costi di depurazione, come ad esempio i processi fitodepurativi. Ne è un esempio lo studio condotto nei PVS nell’ambito del progetto europeo ENPI CBC-MED, WaterDrop (Water Development Resources Opportunity Policies for the water management in semi-arid areas, 2016) di cui ENEA è stato capofila. Il Progetto ha coinvolto Enti di ricerca, Istituzioni locali, Organismi Internazionali e ONG per un totale di nove partner provenienti da Italia, Spagna, Cipro, Libano, Palestina, Giordania. All’interno del progetto sono state sviluppate azioni pilota che hanno affrontato diversi aspetti della gestione delle risorse idriche. In Libano, nel comune di Hermel al confine nord con la Siria, sul fiume Assi, sono state realizzate vasche di fitodepurazione per il trattamento dell’acqua in uscita dagli impianti di troticoltura e interventi di rinaturalizzazione degli argini. In Palestina, nella contrada di Beni Zeid (città di Ramallah) è stato realizzato un impianto di fitodepurazione a vasche terrazzate in caduta, per il trattamento dell’acqua in uscita dal depuratore urbano e suo riutilizzo per l’irrigazione di piante da frutto. In Italia, è stato realizzato uno studio di fattibilità, e relativa analisi costi-benefici, per un intervento di salvaguardia dell’ambiente naturale della Palude di Torre Flavia, attraverso la fitodepurazione ed il riutilizzo delle acque reflue del depuratore urbano della città di Ladispoli (Roma).
Per completare il quadro delle possibili fonti idriche non convenzionali va poi citata la desalinizzazione delle acque marine, che costituisce una possibile alternativa sebbene presenti costi di impianto e di esercizio (consumi energetici) ancora molto elevati. La sua applicazione è dunque da riservare a situazioni in cui non sia possibile prevedere alternative e si disponga sia di energia a basso costo sia della capacità tecnologica ed economica di sostenere i costi d’investimento e tutti gli oneri operativi, incluse le costanti manutenzioni.
Sistemi di captazione, raccolta e accumulo
I sistemi e le infrastrutture per la captazione, raccolta ed eventuale accumulo della risorsa idrica devono essere realizzati sulla base di dati ambientali locali e di obiettivi stabiliti dai piani di sviluppo per ogni sito di intervento. La captazione è un processo da definire a seconda della fonte che si intende sfruttare per portata e tipologia delle acque e della distanza tra la fonte ed il luogo di utilizzo della risorsa. Anche per quanto riguarda la raccolta e l’accumulo sarà necessario privilegiare scelte e soluzioni tecniche che prevedano bassi costi di impianto, facilità ed economicità di gestione e manutenzione. Sempre nell’ambito del progetto WaterDrop, in Giordania, sono stati realizzati 31 serbatoi sotterranei per l’accumulo dell’acqua piovana, di cui 25 presso abitazioni private e 6 presso scuole, e impianti per il riutilizzo dell’acqua grigia per irrigazione agricola.
Depurazione e riuso delle acque reflue
Il riuso delle acque reflue depurate è un’importante strategia di gestione delle acque che riguarda aspetti tecnologici, sanitari, economici e culturali. Solamente con una adeguata valutazione di questi aspetti il riuso delle acque reflue trattate può rappresentare una fonte alternativa di acqua. In contesti urbani, le acque reflue generate da insediamenti civili e da attività produttive sono generalmente collettate in reti fognarie e inviate ad impianti di trattamento centralizzati dimensionati in funzione dei carichi volumetrici ed organici afferenti. Portate e livelli qualitativi delle acque reflue addotte agli impianti risentono anche della tipologia del sistema fognario esistente che può prevedere condotte interrate o, in situazioni disagiate, a cielo aperto e, ancora, il collettamento simultaneo o meno con acque meteoriche. Le configurazioni degli impianti di depurazione sono definite in funzione delle esigenze di rimozione degli inquinanti e dei limiti allo scarico finale in corpi idrici recettori. In generale, la depurazione delle acque reflue prevede trattamenti primari di tipo fisico-chimico (es. grigliatura, dissabbiatura, disoleatura, sedimentazione primaria) a cui fanno seguito processi biologici (es. fanghi attivi, sedimentazione secondaria), in grado di rimuovere sostanze di natura solubile e colloidale.
Seguono i trattamenti terziari e di disinfezione per la rimozione di azoto, fosforo e carica batterica.
Quanto rimosso è sottoposto ancora a processi di ispessimento, stabilizzazione (es. condizionamento chimico, digestione aerobica e anaerobica) e disidratazione con produzione finale di fanghi disidratati. In contesti peri-urbani e rurali, ove il collettamento dei reflui in strutture centralizzate risulta non tecnicamente possibile e conveniente, le soluzioni di trattamento delle acque reflue possono prevedere sistemi a filtri percolatori o, in presenza di ampie superfici occupabili e condizioni climatiche favorevoli, il lagunaggio e la fitodepurazione. L’insieme delle tecnologie applicabili per il trattamento delle acque reflue, se opportunamente progettate e gestite, può consentire il raggiungimento di acque di qualità sufficiente a permetterne il riuso in ambito agricolo, industriale e civile.