L’utilizzo sostenibile della risorsa idrica e la tutela delle acque interne
DOI 10.12910/EAI2023-019
di Maria Rita Minciardi, Simone Ciadamidaro, Maria Sighicelli, Laboratorio di Biodiversità e servizi ecosistemici; Sonia Manzo, Divisione Protezione e valorizzazione del territorio e del capitale naturale, Giovanna Armiento, Responsabile Divisione Protezione e valorizzazione del territorio e del capitale naturale - ENEA
L’importanza della tutela delle risorse idriche e degli ecosistemi che le sostengono appare quanto mai vitale alla luce della siccità che sta caratterizzando anche vasti territori del nostro paese. È evidente quanto gli ecosistemi acque interne siano bersagli elettivi delle pressioni determinate dai cambiamenti climatici ed anche ambiti di importanza cruciale per il mantenimento di Servizi Ecosistemici fondamentali che si potranno conservare solo tutelando la rilevantissima biodiversità che li caratterizza e ne garantisce la resilienza. ENEA contribuisce agli obiettivi di tutela ecosistemica e sviluppo sostenibile, in costante relazione con gli Enti e le Amministrazioni locali, con ricerche e progetti volti a definire politiche di governance, a promuovere l’uso sostenibile delle risorse idriche ed a mettere in atto processi di riqualificazione ambientale.
La nascita e lo sviluppo delle civiltà sono sempre stati strettamente dipendenti dalla disponibilità di acqua; l’evoluzione di molte civiltà dell’antichità è derivata proprio dalla costituzione di forme di governo necessarie per la definizione e la regolazione di sistemi e reti di distribuzione delle acque che permettessero attività agricole. Per comprendere meglio il valore della risorsa idrica si possono riportare alcune semplici considerazioni quantitative: quasi l’80% della superficie del nostro pianeta è ricoperta d’acqua, ma il 96% è acqua salata; la restante (l’acqua dolce), è suddivisa in 1,7% di acque sotterranee, 1,6% di acqua dolce allo stato solido e solo 0,2% di acque superficiali. È evidente quindi che, e in molte regioni del nostro Paese ce ne stiamo rendendo conto dopo le forti criticità della scorsa estate, l’acqua pulita e disponibile per le necessità umane è un bene finito.
Più della metà della popolazione mondiale ha problemi legati alla carenza idrica per almeno un mese all’anno e nell’ultimo Report UN Water si stima che entro il 2040 saranno almeno 20 le nuove nazioni che si aggiungeranno ai Paesi che soffrono già di periodiche crisi idriche.
Per l’Onu, l’acqua è un cardine ambientale, sociale ed economico
L’importanza della disponibilità dell’acqua è sancita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che già il 28 luglio 2010 ha adottato la Dichiarazione A/64/L.63 che riconosce l’accesso all’acqua potabile pulita e sicura come un diritto umano essenziale per il pieno godimento della vita e degli altri diritti umani. Tra i 17 goals dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (UN, 2015), l’obiettivo n°6 “acqua pulita e servizi igienico-sanitari” risulta essere basilare e compreso tra gli obiettivi inerenti la biosfera (assieme agli obiettivi 13, 14 e 15) nella visione gerarchica degli obiettivi di sviluppo sostenibile proprio perché cardine ambientale, sociale ed economico dello sviluppo sostenibile (Rockström & Sukhdev, 2016; MATTM, 2018).
La presenza di acqua è, inoltre, un fattore determinante nella regolazione del clima e, d’altro canto, la disponibilità della risorsa è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici. I report dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) evidenziano come nei prossimi decenni i cambiamenti climatici costituiranno una sfida per la gestione delle risorse idriche per buona parte del territorio dell’UE. L’European Drought Observatory, nell’ambito del Programma Europeo Copernicus, nel rapporto “Droughts in Europe” (Toreti et al., 2022) evidenzia come nel 2022 una grave siccità abbia colpito vaste aree dell’Europa, con specifico riferimento ai bacini idrografici del Po e del Danubio.
L’estate del 2022 ha evidenziato quanto possa essere problematico fronteggiare i problemi di una stagione particolarmente calda e siccitosa dopo un inverno e una primavera che hanno visto, in molta parte d’Italia, minimi storici in termini di piovosità. I cambiamenti climatici si stanno manifestando in maniera inclemente e con una velocità che è superiore a gran parte delle tempistiche di adattamento. Non sono solo l’acqua e la possibilità di un suo uso i valori che sono messi in pericolo: oltre che da una non adeguata gestione della risorsa idrica, è minacciato il complesso degli ecosistemi acquatici e ripari delle acque interne, delle acque di transizione e di quelle marino-costiere. La Strategia europea della Biodiversità al 2030 (EC, 2021), la Lista Rossa degli Habitat Europei (EC, 2016), l’Agenda per lo sviluppo sostenibile al 2030 (Nazioni Unite, 2015), il secondo Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia (MATTM, 2018) sono concordi nell’individuare gli ecosistemi di acqua dolce, dal livello nazionale a quello planetario, tra gli ecosistemi a maggior biodiversità e, al contempo, tra quelli più minacciati e a maggior rischio di alterazione e riduzione.
Le pressioni derivanti dai cambiamenti climatici
A livello nazionale, il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (MASE, 2022) evidenzia come l’impatto del cambiamento climatico possa essere rilevante sullo stato ecologico dei corpi idrici. Il mantenimento stesso della possibilità di usufruire della risorsa acqua è strettamente dipendente dal mantenimento in un adeguato stato di integrità degli ecosistemi acquatici e ripari; infatti, solo una buona funzionalità ecosistemica dei corpi idrici terrestri può garantire che perdurino funzioni ecosistemiche quali la ricarica delle acque di falda, la mitigazione degli eventi di piena rispetto ai territori circostanti, i processi di autodepurazione e quelli tampone nei confronti di fonti di inquinamento diffuse e puntuali, la continua creazione e il mantenimento di habitat che supportino comunità acquatiche e riparie tali da garantire livelli adeguati di biodiversità.
Il mantenimento di adeguati livelli di biodiversità deve essere una finalità delle politiche di tutela ed è, al contempo, garanzia di funzionalità ecosistemica e, di conseguenza, garanzia che si possa continuare ad usufruire di tutti i Servizi Ecosistemici che gli ambienti fluviali e lacustri ci offrono e di cui abbondantemente usufruiamo. Va sottolineato che non solo è nostro dovere etico garantire la sopravvivenza delle comunità animali e vegetali che popolano (e popolavano) i nostri fiumi e laghi, ma è anche nostro interesse, perché la biodiversità è fondamentale garanzia di resilienza dei nostri territori.
Le pressioni derivanti dai cambiamenti climatici in atto non determineranno lo stesso tipo e la stessa entità di impatto nelle diverse regioni ed aree del pianeta. Da quanto si è potuto rilevare negli ultimi anni, si prevede che le regioni mediterranee, e in particolare le zone montane del mediterraneo e gli ambienti di acque interne, saranno tra gli ambiti in cui si registreranno gli impatti più importanti.
Il complesso delle pressioni derivanti dai cambiamenti climatici agisce sui territori di pertinenza dei corpi idrici fluviali non solo in ragione degli effetti sulle portate (in termini di periodicità e intensità) o sui fenomeni di trasporto solido, ma anche amplificando impatti derivanti da cause diverse, quali l’eutrofizzazione delle acque e la diffusione di specie aliene invasive, favorite dall’incremento delle temperature. Inoltre, i cambiamenti climatici inducono incrementi dei prelievi idrici (quali quelli a scopi irrigui) ed in genere di uso della risorsa idrica (ad esempio a scopo idroelettrico). Tutto ciò avviene in un contesto di pesante antropizzazione che purtroppo caratterizza i territori fluviali e la maggior parte di quelli in prossimità dei laghi, il che amplifica ulteriormente sia l’intensità delle pressioni sia l’entità dei danni potenziali che possono essere arrecati alle persone, alle infrastrutture, alle attività produttive.
Per far fronte a questa situazione, l’individuazione di ambiti in cui sia possibile ricreare nuove aree naturali, tutelando quelle esistenti e realizzando progetti che possano aumentarne la naturalità, permetterebbe di tutelare e incrementare la biodiversità; ciò è fondamentale per aumentare la resilienza dei territori e si pone come misura di adattamento ai cambiamenti climatici ma anche, costruendo nuovi ambienti naturali che possano stoccare CO2, come efficiente misura di mitigazione.
La Direttiva acque
La certezza che la tutela degli ecosistemi sia assolutamente necessaria per la tutela della risorsa idrica ha condotto l’Unione Europea, già nel 2000, a porre la tutela degli ecosistemi come centrale per la Direttiva “Acque”, attraverso la scelta di valutare, oltre allo stato chimico, lo stato ecologico dei corpi idrici attraverso l’uso di comunità biologiche indicatrici vegetali ed animali che possano, con il loro stato, riassumere ed indicare il “livello di salute” degli ecosistemi fluviali, lacustri, di transizione e marini. Dal recepimento della Direttiva “Acque” (con il D.lgs. 260/2006), anche in Italia i corpi idrici sono routinariamente monitorati attraverso le comunità vegetali e animali, che negli anni hanno dato importanti indicazioni non solo in termini di qualità delle acque, ma anche di caratterizzazione della biodiversità degli ecosistemi e relativamente ad un loro uso sostenibile.
Prima della Direttiva “Acque”, anche le Direttive “Uccelli” ed “Habitat” (note nel loro insieme come Direttive “Natura”) hanno posto l’accento sulla necessità di tutela e monitoraggio di ambienti acquatici, palustri e ripari di particolare valore per la tutela di specie ed Habitat specifici considerati di pregio per la conservazione della biodiversità a livello continentale. Ad ulteriore riprova dell’enorme valore e della necessità di protezione che caratterizza gli ambienti acquatici e palustri, quasi il 25% dei Siti della Rete Natura 2000 (ZPS, SIC, ZSC) a livello europeo è composto da siti ricadenti in questa categoria di ambienti; ciò ad ulteriore conferma di quanto la tutela della biodiversità dipenda dalla tutela quantitativa e qualitativa della risorsa idrica e della rete di ecosistemi acquatici.
Le Direttive “Natura” ed “Acque” non sono gerarchicamente ordinate e devono coordinarsi reciprocamente sia nella tutela sia nelle attività di caratterizzazione e monitoraggio.
Per una più efficiente tutela degli ambienti acquatici e ripari, tra gli obiettivi fondamentali per il futuro devono essere compresi sia un efficiente approccio integrato all’applicazione delle diverse normative di riferimento sia la costante ricerca di metodologie di caratterizzazione e monitoraggio che possano, nel tempo, fornire modalità di lettura sempre più approfondite per accertare lo stato degli ecosistemi.
Il contributo di ENEA dallo sviluppo delle conoscenze al governo del territorio
Il breve excursus compiuto permette comunque di cogliere la complessità delle tematiche da affrontare nonché delle sfide con cui misurarsi.
ENEA ha contribuito e contribuisce, dal livello nazionale a quello europeo, con ricerche e progetti che si pongono l’obiettivo di definire politiche di governance, di promuovere la gestione sostenibile delle risorse idriche e dei territori fluviali, di mettere in atto processi di riqualificazione ambientale, di tutelare al meglio i Siti Natura 2000 che ospitano ambienti acquatici e ripari, di definire metodologie di caratterizzazione e monitoraggio dei corpi idrici, con la finalità di “leggere” sempre meglio ed in maniera integrata i dati che vengono dalle diverse attività di monitoraggio e di individuare nuove minacce che impattano sugli ecosistemi, dalle pressioni esercitate dai cambiamenti climatici ai nuovi inquinanti.
Tratto comune e distintivo delle attività di ENEA in questi settori è stato ed è la costante relazione con gli Enti e le Amministrazioni che hanno compiti in materia: dal Ministero dell’Ambiente, alle Autorità di Distretto, Regioni, Province e Città Metropolitane, Enti Gestori di Aree Protette e Siti Natura. Tutti i progetti hanno avuto come riferimento il riconoscimento della necessità di avere un approccio integrato che considerasse l’insieme dei valori e delle criticità presenti sul territorio.
L’applicazione del D.lgs. 260/2006, di recepimento della Direttiva “Acque” in Italia, ha previsto il supporto al Ministero dell’Ambiente (nelle sue diverse denominazioni) da parte di Enti di Ricerca nazionali, tra cui l’ENEA, per definire metodologie di analisi delle comunità indicatrici, per partecipare al processo di intercalibrazione europea dei metodi adottati e per validare e migliorare le metodologie inserite nella normativa di riferimento. Rispetto all’elemento di Qualità Biologica delle Macrofite, ENEA è referente nazionale per i corsi d’acqua ed ha, inoltre, supportato e supporta le ARPA regionali nello sviluppo di conoscenze inerenti la vegetazione dei corsi d’acqua. La vocazione alla proposizione di un approccio integrato alla valutazione e gestione dei corsi d’acqua che ENEA ha sviluppato negli ultimi due decenni si è concretizzata e si sta concretizzando anche in progetti che hanno come obiettivo l’applicazione integrata delle Direttive “Natura”, “Acqua” ed “Alluvioni” sia attraverso azioni di governance sia attraverso la progettazione di interventi di riqualificazione attraverso l’uso di Nature Based Solutions e, in particolare, di Water Retention Measures. Il supporto di ENEA agli Enti di Gestione di Aree Protette e Siti Natura 2000 ha, negli anni, comportato la realizzazione di numerosi progetti, da Life Natura ed altri svolti nell’ambito di finanziamenti dei PSR regionali, che hanno comportato, tra l’altro, interventi di riqualificazione ambientale.
Le attività di caratterizzazione e progettazione ambientale nei territori fluviali e lacustri si sono rivolte e si rivolgono anche alla ricerca di modalità di individuazione di nuovi inquinanti nonché alla definizione di strategie gestionali sostenibili che rendano compatibili la tutela con lo svolgimento di attività produttive.
Bibliografia
- ASvIS, 2022. L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile – Rapporto ASvIS 2022. 233 pp.
- European Commission, 2021. EU Biodiversity Strategy for 2030 - Bringing nature back into our lives. 36 pp.
- European Commission, 2016, European Red List of Habitats. Part 2. Terrestrial and freshwater habitats. 38 pp.
- MATTM, 2018; Secondo Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia. 134 pp.
- MASE, 2022. Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici. 133 pp.
- Nazioni Unite, 2015. Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. 35 pp.
- Rockström J. & P. Sukhdev, 2016. New way of viewing the Sustainable Development Goals and how they are all linked to food. Stockholm Resilience Center.
- Toreti A., Bavera D., Avanzi F., Cammalleri C., De Felice M., De Jager A., Di Ciollo C., Gardella M., Gabellani S., Leoni P., Maetens W., Magni D., Manfron G., Masante D., Mazzeschi M., McCormick M., Naumann G., Niemayer S., Rossi L., Seguini L., Spinoni J., Van den Berg M., 2022. Drought in Europe April 2022. Eur 31065 EN, Publication Office of the European Union, Luxembourg. ISBN 978-92-76-52327-7.
- https://edo.jrc.ec.europa.eu/documents/news/GDO-EDODroughtNews202204_Europe.pdf
- UE, 1992, Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (Direttiva “Habitat”).
- UE, 2000, Direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (Direttiva “Acque”).
- UE, 2009, Direttiva 2009/147/CE concernente la conservazione degli uccelli selvatici (Direttiva “Uccelli”).