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Andrea Guerrini

Per le infrastrutture idriche passi in avanti ma servirebbero 10 miliardi

Intervista a Andrea Guerrini, componente del Collegio ARERA e presidente di WAREG

L’acqua è una risorsa indispensabile per il sostentamento degli equilibri naturali e per tutte le attività antropiche. Tuttavia, secondo la Commissione UE almeno l’11% della popolazione europea e il 17% del suo territorio sono colpiti da scarsità di risorse idriche. E fra i paesi più a rischio c’è l’Italia con uno stress idrico fra i più elevati, pari al 24% secondo il Water Exploitation Index (WEI, definito dal rapporto su base annua tra il prelievo idrico e le risorse idriche rinnovabili) e un grave problema di perdite. L’ARERA in quanto Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente ha competenze in materia di regolazione e controllo dei servizi idrici dal 2011. Ad Andrea Guerrini, componente dell’Autorità di regolazione per l’energia, le reti e l’ambiente ARERA e presidente dell’Associazione dei regolatori europei per l’acqua abbiamo chiesto di tracciare un bilancio dei risultati ottenuti in questi anni e delle eventuali criticità che permangono?

Siamo a metà strada. La spinta della regolazione è evidente. Oggi ci sono chiari modelli tariffari per la copertura dei costi e c’è una progressione delle tariffe per scaglioni di consumo, introdotta con il testo integrato dei corrispettivi per i servizi idrici (TICSI).

Certo, l’Italia rimane uno dei paesi con i consumi più elevati. Questo, in parte, è legato al fatto che il prezzo è ancora basso e non manda un segnale di attenzione al risparmio idrico: in pratica siamo poco attenti perché la spesa incide poco e utilizziamo l’acqua potabile anche per usi impropri, che potrebbero essere coperti con acque depurate o con acque non potabilizzate. Inoltre visto che ci sono le infrastrutture e l’acqua arriva a casa comodamente, risulta sempre più facile e conveniente rispetto ad altre forme di approvvigionamento.

Indiscutibilmente, poi, una criticità rimane quella della misurazione. Se non si sa quanto si consuma è difficile adottare comportamenti di risparmio. La strada è quella dell’installazione di contatori per singola utenza. Con il TIMSI, il testo regolatorio della misura, si sono imposte regole per gli edifici di nuova costruzione, ma resta ancora una gran parte del Paese in cui il misuratore è uno solo per tutto il condominio e il rapporto tra i consumi e le bollette lo conosce solo l’amministratore.

Dall’ultima relazione di ARERA emerge un miglioramento delle perdite dal 43,7% del 2016 all’attuale 40,7% attuale e una riduzione delle interruzioni. Tuttavia, si tratta ancora di percentuali elevate, con picchi in particolare nel Sud Italia. Quali sono a suo giudizio le misure più urgenti per affrontare questa situazione?

L’inversione di tendenza è il dato più interessante. Questa è dovuta all’attenzione posta sulla qualità tecnica del servizio. La riduzione delle perdite negli anni è evidente, ma a questa velocità ci metteremmo trent’anni per arrivare al livello dei migliori Paesi europei, che si attesta in media intorno al 10%. Una parte della spinta può arrivare dalla tassonomia UE, che identifica il livello delle perdite come una delle caratteristiche per gli investimenti sostenibili. In sostanza i gestori che vorranno presentare come finanziabili, bancabili, i propri investimenti, dovranno necessariamente misurare la percentuale delle perdite e gli altri elementi della qualità tecnica, rimanendo al di sotto delle soglie prefissate dalla normativa.

Nel PNRR sono previsti 2 miliardi per infrastrutture idriche e 600 milioni per fognature e depurazione. Sono sufficienti?

L’Italia, come abbiamo detto, ha bisogno di una massiccia sostituzione dei tubi, che certamente non può essere coperta con 2 miliardi. Basti considerare che nel 2020 con la nostra ricognizione avevamo stimato un fabbisogno minimo di 10 miliardi. È comunque un segnale positivo, che sostiene il percorso di efficienza operativa che molti gestori hanno avviato, ad esempio, con la digitalizzazione.

Sul tema acqua il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha affermato che “il governo intende affrontare i problemi strutturali del comparto” a partire dalla “siccità che i cambiamenti climatici hanno reso un problema sempre più ricorrente e a tratti emergenziale”. “Vogliamo mettere a sistema risorse e interventi in capo a vari ministeri e realizzare una unica strategia pluriennale a livello nazionale”, con un “primo obiettivo di incrementare la capacità di stoccaggio delle acque piovane, ancora fermo a un inaccettabile 11%”. Inoltre, “una corretta regimazione delle acque consente di rispondere in modo efficace anche al dissesto”. Quale può essere il ruolo dell’ARERA in questo contesto?

Non solo la carenza idrica, ma anche gli eccessi sono un problema. Siccità e alluvioni sono due facce della stessa medaglia e sulla gestione delle acque meteoriche c’è da aggiungere che il sistema di fognatura e depurazione è spesso messo in crisi dalle piogge improvvise, parte delle quali confluiscono nei depuratori mandandoli in saturazione. Quando si pensa a politiche pubbliche per l’acqua, bisogna avere un approccio a 360 gradi. L’acqua per uso civile è il 30% dei consumi, la parte prevalente è nell’agricoltura e una percentuale minore per i servizi industriali. Occorre ragionare sulle connessioni tra i vari settori, ad esempio incentivando l’uso delle acque depurate in agricoltura e per questo non basta la direttiva europea sul riuso delle acque, occorre un impegno istituzionale a vari livelli per una reale applicazione sul territorio che tenga conto anche della definizione del soggetto che deve sostenere i costi di tali interventi.

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