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Il nucleare per lo spazio

DOI 10.12910/EAI2023-070

di Marco Ciotti, Carlo Carrelli, Francesco Lodi, Dipartimento Nucleare - ENEA

ENEA da tempo applica le proprie tecnologie e know-how connesse al nucleare a supporto dell'esplorazione spaziale. Vi sono diversi progetti e diverse macchine impiegate in questo settore come ad esempio il progetto “Sistemi Energetici Lunari con l’Energia NuclearE” (SELENE) con l’infrastruttura energetica MEnH e la macchina PROTO-SPHERA che ha fornito e fornisce ottimi risultati.

ENEA da tempo applica le proprie tecnologie e know-how a supporto dell'esplorazione spaziale. Il progetto “Sistemi Energetici Lunari con l’Energia NuclearE” (SELENE) ha come obiettivo cardine lo studio di soluzioni tecnologiche innovative per la realizzazione e gestione di una infrastruttura energetica denominata Moon Energy Hub (MEnH). Il MEnH segna un passo rivoluzionario nell'esplorazione lunare, ponendosi al centro della strategia per espandere le capacità umane sulla Luna. L'innovazione principale risiede nell'impiego di Surface Nuclear Reactors (SNR), una soluzione che promette di superare i limiti delle tecnologie energetiche tradizionali, come i sistemi radio-isotopici e i pannelli solari. Questi ultimi, sebbene utilizzati fino ad ora, hanno mostrato inefficienze, scarsa scalabilità, breve vita operativa e vulnerabilità (come da irraggiamento cosmico).

Il MEnH mira a fornire una base energetica stabile per supportare un'ampia gamma di attività lunari, sia umane che robotiche. L'Hub è progettato per essere un sistema integrato e modulare, in grado di espandersi e adattarsi alle esigenze in evoluzione delle missioni lunari. Al centro di questa infrastruttura vi sono uno o più SNR. Questi moduli SNR saranno il motore principale per la produzione di energia, affrontando sfide come l'asportazione del calore e la gestione efficiente delle risorse energetiche.

Un aspetto fondamentale del progetto è la capacità di rispondere a variazioni di carico energetico e di gestire eventuali interruzioni di potenza. Per questo, sono previsti sistemi di accumulo di energia, che garantiscono flessibilità e affidabilità operativa. Il MEnH sarà anche dotato di un sistema di trasmissione di energia orientabile, per supportare attività a distanza dal centro di generazione, e di un sistema di ricezione mobile per attività meno energivore.

Il progetto presenta numerose sfide tecnologiche e scientifiche, richiedendo innovazioni in ambiti come la sensoristica dedicata, l'alta automazione e la trasmissione di potenza wireless. Un elemento centrale del progetto è la prova sperimentale, una "proof of concept", per le soluzioni di smaltimento del calore. Questa consentirà di validare le prestazioni del sistema ed incrementarne la maturità tecnologica.

Il progetto MEnH a sostegno delle missioni lunari

In sintesi, il MEnH rappresenta un approccio integrato per il sostegno delle missioni lunari, unendo innovazione tecnologica e una visione strategica per garantire operabilità, affidabilità e compattezza in un ambiente estremamente esigente come quello lunare. Con l'obiettivo di definire uno scenario operativo chiaro e di stilare una roadmap per raggiungerlo, il progetto MEnH si pone come un caposaldo per le future esplorazioni spaziali.

Per rendere realtà la visione del progetto nei 3 anni della sua durata, il consorzio SELENE prevede, oltre ENEA come capofila, anche le competenze trasversali del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano e la visione industriale e Heritage spaziale portati Thales Alenia Space Italia.

Per quanto attiene alla propulsione per la esplorazione spaziale oggi si pensa all’applicazione di tecnologie basate sulla fusione nucleare.

Lo studio della fusione nucleare si svolge su due linee di attività principali, quella relativa al confinamento inerziale, con l’utilizzo di potenti laser incidenti su un piccolo bersaglio sferico, come nel caso dell’esperimento ABC di Frascati, oppure mediante confinamento magnetico, dove grandi magneti creano le condizioni per intrappolare le particelle energetiche. In tal caso la geometria più utilizzata è quella toroidale (macchine tipo Tokamak), ove una ciambella cava rappresenta il contenitore del plasma. Esistono anche studi per configurazioni alternative che possono differire marginalmente o radicalmente da quest’ultima.

Il Dipartimento Nucleare è impegnato anche in uno di questi possibili approcci, mediante l’utilizzo della macchina PROTO-SPHERA, una idea innovativa in via di sviluppo. La macchina PROTO-SPHERA si distingue per generare plasmi con una geometria tendenzialmente sferica, già nota per la sua ottima capacità di confinamento dovuta alla sostituzione del trasformatore centrale, tipico di un Tokamak, con una colonna di plasma, in analogia a quanto si osserva in natura all’interno di alcune nebulose.

L’utilizzo della macchina PROTO-SPHERA

La macchina ha fornito e fornisce ottimi risultati in relazione alla capacità di generare configurazioni intrinsecamente stabili di plasmi che non necessitano quindi di un controllo attivo e può effettuare scariche in regime continuo, avendo rimpiazzato il trasformatore centrale in grado di fornire solo funzionamento alternato, con una scarica di plasma tra due elettrodi che non ha, potenzialmente, limiti di regime di funzionamento.

La macchina consente di:

  • essere utilizzata come banco di prova per lo sviluppo di diagnostiche di plasma che andranno realizzate su DTT;
  • formare giovani studenti e ricercatori mediante un design che utilizza tutta la fisica delle macchine maggiori ma con una semplicità di utilizzo incomparabilmente superiore e con limitati problemi di sicurezza in ambito radiologico;
  • effettuare studi sulle riconnessioni magnetiche, fenomeno osservabile in astrofisica (nella corona solare e nelle nebulose) ma ancora non completamente compreso (collaborazione INAF); tale fenomeno, se opportunamente compreso e gestito, potrebbe rappresentare un interessante mezzo addizionale di riscaldamento del plasma per l’ottenimento della fusione termonucleare;
  • testare configurazioni di propulsione spaziale mediante espulsione diretta di particelle veloci dalla colonna centrale di plasma attraverso un ugello magnetico (coll. UNI La Sapienza). La geometria di PROTO-SPERA consente di studiare agevolmente tali configurazioni. Inoltre, propulsori basati sulla fusione nucleare rappresentano un’alternativa interessante (e “socialmente accettabile”) per la propulsione spaziale. Un reattore a fusione può essere assemblato in orbita oppure lanciato già assemblato da Terra.

Gli elementi impiegati (deuterio, litio, elio-3, boro, etc.) sono radiologicamente inerti e richiedono solo precauzioni analoghe a quelle normalmente utilizzate per i combustibili chimici, comunque presenti nei vettori di lancio. Resta comunque aperto il problema di realizzare un reattore a fusione realmente funzionante, leggero, abbastanza semplice e sufficiente affidabile da poter essere utilizzato nello spazio. In questa ottica, le geometrie senza palo centrale, come PROTO-SPHERA, si prospettano estremamente promettenti.

È al momento previsto un piano di potenziamento della macchina.

Base umana sulla Luna (elaborata con tecniche di intelligenza artificiale)
La macchina Proto- Sphera durante una scarica di plasma
La camera della macchina Proto-Sphera all’interno della quale avviene la scarica di plasma

Per info:

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