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Davide Malacalza

La fusione arriverà prima di quanto si pensi

Intervista con Davide Malacalza, Presidente di ASG Superconductors

Dottor Malacalza con ASG siete leader nella realizzazione di componenti per il reattore ITER. Da che cosa nasce questo vostro impegno nel settore della fusione nucleare?

Le ragioni sono un mix di storia, know-how e visione imprenditoriale al servizio dell'innovazione. Quando nel 2001 abbiamo rilevato come azionisti privati l'unità magneti di Ansaldo, avevamo la visione di dover mantenere e sviluppare le competenze maturate nella tecnologia superconduttiva al servizio di ricerca e fusione. Al tempo stesso ci siamo posti l'obiettivo, molto ambizioso per l’epoca, di investire in materiali, sistemi e applicazioni per portare queste tecnologie e i loro benefici più vicini alla vita di tutti i giorni. Devo dire che, parlando di fusione, i magneti e le lavorazioni ad alto contenuto tecnologico realizzati per ITER ma anche Weldenstein W7X, Jet, JT60SA, senza trascurare che ora stiamo lavorando su DTT, rappresentano una bella storia di successo, in molti di questi casi proprio con ENEA. Non bisogna dimenticare poi le ricadute tecnologiche legate alla partecipazione a questi progetti: anche per questo siamo confidenti che il nostro superconduttore MgB2 possa portare innovazione “cost effective” in applicazioni legate alla trasmissione di energia o nel medicale.

Secondo alcuni critici la fusione sarebbe una sorta di chimera, una tecnologia annunciata più volte ma dalla realizzazione ancora molto lontana. Lei che cosa ne pensa?

La fusione non solo si farà ma probabilmente, come testimoniano gli investimenti, la nascita di molte start up, prevalentemente americane (ma anche europee come nel caso di Gauss), unite al rinnovato ritorno di interesse sul tema da parte di politica e opinione pubblica, arriverà prima di quanto si pensi. Sono convinto che tutto questo accadrà se saremo capaci di creare un circuito virtuoso tra mondo della ricerca, investimenti dei privati e l’evoluzione di materiali e competenze. In ogni caso la fusione, quando arriverà, sarà anche e soprattutto grazie al lavoro e agli investimenti iniziati più di mezzo secolo fa e di coloro che ci hanno creduto e continuano a lavorarci oggi, pur sapendo che i benefici concreti arriveranno alle prossime generazioni. Fare innovazione e industria è stimolante ma impegnativo, farlo su programmi a venti o più anni richiede coraggio, visione strategica, competenza e spirito di abnegazione. Parlando di industria occorre anche ricordare che nella fusione c’è tutto ed è spinto al massimo: fisica, calcoli ingegneristici, manifattura, scienza dei materiali, tecnologia criogenica, opere civili e così via. Realizzare “una stella sulla Terra” è una sfida paragonabile ad andare nello spazio, occorre tenerne conto quando si criticano tempi e costi.

Si parla molto di ‘nucleare sostenibile’ riferendosi ad alcune nuove tecnologie relative alla fissione. Secondo lei è possibile utilizzare quest’espressione e a che cosa potrebbe essere riferita?

Credo che valga quando stabilito dalla “Tassonomia Europea” che attribuisce al nucleare, insieme al gas, un ruolo chiave in ottica green. Ho letto in questi giorni una dichiarazione molto interessante proprio del vostro Ing. Dodaro su Repubblica circa il mix energetico pulito del futuro che passerà da rinnovabili e nucleare. Io credo che, se vogliamo davvero innovare verso una concreta decarbonizzazione limitando davvero le fossili, la strada sia obbligatoriamente questa. Il fatto che ci siano iniziative di investimento e sviluppo di tecnologie nucleari a fissione di nuova generazione, come newcleo ad esempio, per citarne una, è un altro fatto che fa ben sperare. Vedo anche che in molte nazioni europee le cose si muovono velocemente. Il nucleare renderà sostenibile, nelle sue varie declinazioni, e mi riferisco quindi sia a fusione che fissione, il mix energetico del futuro dei Paesi più evoluti.

In Italia in questi mesi si è tornati a discutere di nucleare da fissione. Secondo lei siamo alla vigilia di una svolta?

In Italia si è vietato il nucleare a seguito di un referendum figlio di un’epoca ben precisa e che ancora adesso dispiega i suoi effetti. Occorre guardare al passato per migliorare il futuro e, quindi, una considerazione mi permetto di farla: nonostante tutto questo abbiamo in Italia e nel mondo una serie rilevante di aziende, successi, competenze, ricercatori e manager di successo che occupano posti apicali in prestigiosi Centri e Istituti di ricerca italiani e internazionali. Inoltre, le aziende italiane hanno continuato a lavorare e sviluppare know how e "saper fare" nel settore nucleare, andando a misurarsi obbligatoriamente sui mercati internazionali. Immaginiamo quanto valore scientifico ma anche industriale si potrebbe creare e liberare se ci fosse una svolta.

Come ASG avete partecipato al primo incontro della piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile

La strategia, le dichiarazioni e le azioni del Ministro del MASE Gilberto Pichetto Fratin mi sembrano molto positive, pragmatiche e razionali in tema energetico. E l’iniziativa di riunire le aziende italiane del settore nucleare a Roma mi pare un “calcio d’inizio” per la ripartenza nella direzione giusta.

Quale potrebbe essere il possibile ruolo del nucleare nel nostro mix energetico?

Sotto il profilo tecnico ci sono persone più titolate di me a parlare di concetti quali la densità energetica e il ruolo indispensabile del nucleare a supporto della stabilità della rete, con un ruolo pur sempre importante delle rinnovabili e con un progressivo abbandono delle fossili. Quello che forse mi sento di aggiungere è di tenere conto nella programmazione dell'industria italiana: farebbe bene allo sviluppo economico del Paese con il vantaggio anche di poterle sviluppare e trattenere o riportare in Italia i cervelli di giovani fisici, manager e ingegneri che lavorano all'estero. Non dimentichiamo poi che “sostenibile” dovrà essere tutta la filiera energetica: molte tecnologie e materiali innovativi, come i superconduttori ad esempio, avranno un ruolo fondamentale nel supportare questo cambio di paradigma. Penso ai ciclotroni per il nucleare, ai magneti per la fusione, ai sistemi di accumulo, o in ultima analisi anche a innovativi cavi di trasmissione dell’energia prodotta senza dispersioni e riducendo il footprint. Il nucleare è quindi un’occasione per far ripartire e rifiorire competenze scientifiche e industriali in cui l’Italia ha grande potenziale e molto da dire, grazie al lavoro di enti e Istituti come ENEA e una serie di aziende private che, non per caso, ottengono da decenni commesse nel mondo.

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