Una sfida vitale per il Pianeta
di Mariagrazia Midulla
DOI 10.12910/EAI2024-048
L’allarme degli scienziati sui ritardi della transizione e di decise misure di mitigazione, cioè taglio delle emissioni climalteranti, ci dice che, se non si agisse subito, potremmo arrivare a non poter avere i mezzi per far fronte al cambiamento climatico. Gli esperti ci dicono che si può e si deve agire per evitare gli scenari peggiori. Sarà l'economia dell'energia pulita, delle rinnovabili, a definire il futuro del pianeta. Bisogna investire nella transizione, rapida, giusta ed equa, cioè nelle tecnologie già oggi disponibili, le energie rinnovabili.
Mariagrazia Midulla
Responsabile per il Clima e l'Energia del WWF Italia
La comunità scientifica esprime sempre maggiore preoccupazione sugli scenari climatici futuri. Nel luglio 2024, a Istanbul, è stata decisa la scansione del lavoro per il VII rapporto dell'IPCC: verranno prodotti i tre contributi dei Gruppi di Lavoro (Basi della Scienza Fisica; Impatti, Adattamento e Vulnerabilità; Mitigazione del Cambiamento Climatico).
La Relazione di Sintesi del Settimo Rapporto di Valutazione sarà prodotta dopo il completamento dei rapporti dei Gruppi di Lavoro e sarà pubblicata entro la fine del 2029. Inoltre, tra gli altri verranno stilati un Rapporto speciale sul cambiamento climatico e le città e un Rapporto Metodologico sulle Tecnologie di Rimozione della CO2, Cattura, Utilizzo e Stoccaggio del Carbonio.
Gli scienziati si sbracciano ad avvisarci che è sempre più stretta la finestra per agire ed evitare che si superi in modo stabile la soglia di 1,5°C di aumento della temperatura media globale, una soglia che probabilmente avremo per la prima volta raggiunto quando leggerete questo articolo. Un anno non fa media, tuttavia siamo ormai oltre il segnale di codice rosso.
Il monito della Banca Centrale Europea
In un articolo sul blog di quello che certamente non è un ritrovo di ambientalisti, e cioè della Banca Centrale Europea, si scriveva che “ogni giorno di ritardo porta alla necessità di politiche ancora più severe, di progressi tecnologici più rapidi e di cambiamenti comportamentali più profondi. Il restringimento dei tempi, a sua volta, aumenta i rischi di transizione per le economie di tutto il mondo”.
Ma gli scienziati e gli ambientalisti sanno che il pericolo è ancora maggiore. In un articolo pubblicato su Nature, un gruppo di scienziati di varie nazionalità, dopo aver condotto uno studio, sostiene che il superamento anche solo temporaneo di 1,5°C comporta un'incertezza significativa in termini di impatti climatici e rischi associati, con un aumento notevole di rischio di livelli di riscaldamento molto più elevati. Secondo quegli scienziati, solo una rapida riduzione delle emissioni a breve termine è efficace per ridurre i rischi climatici. Il superamento, anche temporaneo, della soglia di 1,5°C comporterebbe conseguenze irreversibili per gli esseri umani e gli ecosistemi, come l'innalzamento del livello del mare e la perdita di ecosistemi.
È dunque del tutto evidente che coloro che allegramente si crogiolano in scenari che vedono i combustibili fossili ancora largamente usati nelle economie di più antica industrializzazione sino a metà del secolo, se non oltre, stanno letteralmente giocando col fuoco, mettendo a rischio altissimo il pianeta come lo conosciamo e la vita di milioni di persone.
Non dimentichiamo, peraltro, che quando si gioca con le persone e gli ecosistemi, si gioca anche con l’economia, quella che non guadagna direttamente dai combustibili fossili.
Tutti hanno in mente quanto successo nel mese di novembre 2024 a Valencia, in Spagna. Il disastro è poi sparito dai radar dell’opinione pubblica mondiale, come ormai succede sempre e meticolosamente con il moltiplicarsi degli eventi estremi. Non solo. La Romagna, la Tessaglia, la Libia, Valencia: a poco a poco dimentichiamo tutto. Per le persone che vivono lì, però, una volta terminato il conto dei morti e dei feriti, andati via i primi soccorsi, cominciano i problemi veri: le scuole non riaprono, l’acqua non si può bere, i mezzi pubblici non ci sono. E poi si perdono i posti di lavoro: è vero che il Governo spagnolo ha introdotto il congedo climatico retribuito, ma vale per il periodo dell’evento disastroso e fino a quattro giorni. Non sappiamo quanti posti di lavoro saranno persi alla fine, certamente l’economia della zona cambierà e immaginiamo che molte piccole attività saranno costrette a chiudere. Se poi gli eventi estremi dovessero ripetersi, come accaduto in Romagna, una volta dato fondo ai risparmi le persone potrebbero non riuscire più a riprendersi.
L’Italia e le politiche di adattamento
È un quadro senza dubbio preoccupante, come preoccupante è, nel nostro Paese, l’assenza di politiche di adattamento, visto che il Piano approvato alla fine del 2023 è stato poi riposto nei capaci cassetti del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Però l’allarme degli scienziati sui ritardi della transizione e di decise misure di mitigazione, cioè taglio delle emissioni climalteranti, ci dice che, se non si agisse subito, potremmo arrivare a non poter avere i mezzi per far fronte al cambiamento climatico. “Le piogge e le inondazioni da record, la rapida intensificazione dei cicloni tropicali, il caldo mortale, la siccità implacabile e gli incendi furiosi che abbiamo visto quest'anno in diverse parti del mondo sono purtroppo la nostra nuova realtà e un'anticipazione del nostro futuro”, ha dichiarato Celeste Saulo, segretaria generale dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Una realtà che spesso nemmeno è conosciuta e riconosciuta dalla politica nelle diverse parti del mondo. In tutto questo, i gas serra immessi nell’atmosfera, per lo più emessi dall’uso dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas, non lo dimentichiamo), aumentano invece di diminuire: la concentrazione atmosferica di anidride carbonica (CO2) è aumentata da circa 278 ppm nel 1750 a 420 ppm nel 2023, con un aumento del 51%. Secondo le Nazioni Unite, con le politiche attuali arriveremo a un riscaldamento di 3,1 C entro il 2100.
Eppure, gli esperti ci dicono che si può e si deve agire per evitare gli scenari peggiori. Sarà l'economia dell'energia pulita, delle rinnovabili, a definire il futuro del pianeta. I trucchi e gli sprechi non sono ammessi. Politiche dilatorie fatte di attesa di fonti di energia miracolosa avrebbero un effetto deleterio.
D’accordo continuare a fare ricerca sulla fusione nucleare, per esempio, ma annunci di una disponibilità imminente sono solo un modo per continuare con i combustibili fossili aspettando Godot. Bisogna investire nella transizione, rapida, giusta ed equa, cioè nelle tecnologie già oggi disponibili, le energie rinnovabili. Lo sta facendo la California, con ottimi risultati. Ma lo stanno facendo anche tanti Stati USA governati dai repubblicani. Questa consapevolezza genera ottimismo anche dopo il risultato zoppo sugli aiuti ai Paesi in Via di Sviluppo della COP29 a Baku e l’annunciata volontà di ritirarsi (di nuovo) dall’Accordo di Parigi annunciata dal Presidente Trump.
I costi in discesa rapida dell’eolico, del fotovoltaico e delle batterie (più del 90% in meno di 15 anni), rendono le soluzioni oggi disponibili sempre più capaci di condurre da sole la partita dell’energia, specie se unite a misure di demand response e di uso efficiente dell’energia. Perché serve un cambio di passo, occorre fare di più e meglio con meno energia. Finora, diciamolo, le misure di efficienza sono state applicate seriamente solo in presenza di difficoltà di approvvigionamento dei combustibili fossili, e durante l’ultima crisi energetica nemmeno tanto. Per il resto sono state usate, nella fase di avvio della transizione, solo per essere retoricamente contrapposte alle rinnovabili, quando è di tutta evidenza che devono andare avanti di pari passo.
Zone del mondo inabitabili
Secondo l'IPCC, la calotta glaciale della Groenlandia potrebbe crollare in modo irreversibile, minacciando le città, da New York a Shanghai, mentre il calore e l'umidità estremi potrebbero rendere inabitabili ampie zone del mondo. Gli scienziati prevedono anche un crescente tributo di malattie, scarsità dei raccolti e disastri meteorologici. Probabilmente ci vorranno migliaia di anni prima che i ghiacci della Groenlandia scompaiano completamente, ma altri impatti - come la morte delle barriere coralline in tutto il mondo e le ondate di calore prolungate - potrebbero verificarsi nel giro di pochi decenni.
Diciamocelo, viviamo già in un nuovo clima, ma non sappiamo ancora del tutto cosa comporta. Gli eventi estremi ci stanno sorprendendo per la loro violenza e per la frequenza, e molti altri fenomeni silenziosi, ma non per questo meno minacciosi, stanno progredendo. Parliamo della fusione dei ghiacci in Antartide, per esempio, o del possibile collasso delle correnti atlantiche, a cominciare dalla Corrente del Golfo, con conseguenze inimmaginabili per la salute degli ecosistemi su tutto il Pianeta -le correnti marine portano anche nutrienti, tanto per dirne una- e sul clima globale, a cominciare da quello europeo. Davanti a questi scenari non si possono più tollerare furbizie: ognuno deve fare la propria parte e usare le tecnologie davvero pulite che già abbiamo -le fonti rinnovabili, soprattutto solare ed eolico- per vincere una sfida davvero vitale per il Pianeta come lo conosciamo e, dunque, la stessa civilizzazione umana.