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Ministro Gilberto Pichetto Fratin

Il cambiamento climatico è una delle sfide globali più urgenti

Intervista con Gilberto Pichetto Fratin Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica

 

Ministro, l’Italia e il Mediterraneo sono sempre più roventi: questo che abbiamo trascorso è stato l’inverno più caldo degli ultimi 40 anni e il modello previsionale ENEA ha confermato l’aumento delle temperature anche del mare. Non solo. Il mese di giugno 2024 è stato più caldo a livello globale di qualsiasi altro giugno precedente, con una temperatura media dell'aria superficiale di 16.66°C, 0.67°C al di sopra della media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020. A giugno, inoltre, è stata superata di 1.50°C la media stimata del mese per il periodo compreso tra il 1850 e il 1900, periodo di riferimento preindustriale, diventando così il dodicesimo mese consecutivo a raggiungere o superare la soglia di 1.5°C.  Siamo davanti a qualcosa di irreversibile o è ancora possibile intervenire?

Il cambiamento climatico è una delle sfide globali più urgenti. L’Italia, per la sua posizione nel cosiddetto "hot spot Mediterraneo," risulta particolarmente vulnerabile. Ciò nonostante, confidiamo nelle azioni programmate e già messe in atto di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. 

Inoltre, abbiamo reso operativo il Fondo Italiano per il Clima, che ha impegnato e continuerà a impegnare nei prossimi 3 anni oltre 4 miliardi di euro per interventi di adattamento e mitigazione nei paesi più vulnerabili destinando almeno il 70 % delle risorse all' Africa in coerenza con il piano Mattei. 

A fianco degli altri Stati dell’Unione Europea, difendiamo con forza l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C, una priorità che è stata in ultimo ribadita in occasione della COP29 che si è tenuta a Baku lo scorso novembre.

Per rendere concreta questa transizione, abbiamo aggiornato il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima e approvato il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici – i nostri principali strumenti di pianificazione - per garantire azioni mirate e regolatorie che semplifichino le procedure autorizzative e incentivino l'innovazione.

Attraverso la Carta di Venaria, che contiene le conclusioni della presidenza italiana del G7, abbiamo ottenuto impegni chiari e condivisi a livello internazionale in ambito climatico ed energetico. Non dimentichiamo che i Paesi più sviluppati al mondo hanno assunto l’impegno di chiudere con l’utilizzo del carbone per la produzione dell’energia elettrica entro la prima metà degli anni Trenta. Un risultato che solo pochi mesi prima, a COP28, non eravamo riusciti a chiudere.

È la dimostrazione della determinazione con la quale l’Italia è impegnata a guidare questa transizione in modo competitivo ma anche sostenibile da un punto di vista economico e sociale, affinché il nostro impegno per il clima sia anche un’opportunità di crescita e sviluppo per le famiglie e le imprese italiane.

Il Ministero ha approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, un passo importante per la pianificazione e l’attuazione di azioni di adattamento nel nostro Paese. Ce ne può sinterizzare la strategia, le priorità e le azioni chiave?

L’obiettivo principale del PNACC è ridurre la vulnerabilità del territorio. Il Piano è uno strumento strategico per rispondere ai rischi ed agli impatti derivanti dai cambiamenti climatici e definire una strategia di adattamento nazionale.

Include una panoramica delle condizioni climatiche attuali e delle proiezioni future per il nostro Paese. Sulla base di tale quadro ricognitivo e conoscitivo di dettaglio, il Piano delinea sia le misure ed azioni sistemiche da attuare a livello nazionale, sia le misure di indirizzo per la pianificazione regionale e locale.

Tra le misure sistemiche, troviamo l’istituzione dell’Osservatorio Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici. Il Piano fornisce anche linee guida per la pianificazione a livello regionale e locale, descrivendo gli strumenti di governance e le strategie necessarie per sviluppare piani di azione specifici. Questo approccio integrato e dettagliato mira a garantire che tutte le parti del Paese siano preparate e resilienti di fronte agli eventi estremi causati dai cambiamenti climatici, attraverso una pianificazione coordinata e basata su solide evidenze scientifiche.

Ministro, alla luce degli eventi estremi sempre più frequenti e intensi, quali misure strutturali e strategie sta considerando il Governo per rafforzare la resilienza del nostro Paese agli impatti del cambiamento climatico? In questo contesto che ruolo gioca l’innovazione tecnologica?

La crisi climatica sta aggravando siccità e alluvioni, aumentando i rischi idrici con effetti gravi e diffusi. Il Governo italiano, insieme al Ministero dell’Ambiente, ha dato priorità alla gestione del rischio idrico e alla pianificazione per affrontare la siccità. La strategia prevede una gestione integrata e sostenibile dell’acqua, con un sistema di governance adeguato e nuove tecnologie.

Per rispondere all’emergenza, oltre 4,3 miliardi di euro del PNRR sono destinati a migliorare la depurazione delle acque reflue, riparare e digitalizzare le reti idriche e promuovere il riuso delle acque reflue trattate. Sono stati inoltre rafforzati gli Osservatori per monitorare l’uso dell’acqua e introdotte nuove normative per la siccità, inclusi regolamenti per la gestione degli invasi, rispetto ai quali è già stato approvato un decreto che punta al recupero della capacità persa a causa dell’interrimento. Con il DL Siccità è stata inoltre istituita un’apposita Cabina di regia per la crisi idrica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e previsto la nomina del Commissario straordinario nazionale che, con proprio decreto, ha adottato gli interventi urgenti da realizzare sul territorio nazionale per contrastare il fenomeno della scarsità idrica. Un ulteriore recente decreto sostiene il riuso delle acque anche per ricaricare le falde acquifere e prevede misure contro il dissesto idrogeologico.

Infine, per rafforzare la capacità previsionale degli effetti del cambiamento climatico e la tutela del territorio e delle risorse idriche dai rischi naturali e indotti, puntiamo anche sull’innovazione tecnologica: nel PNNR abbiamo stanziato 500 milioni di euro per la realizzazione di un Sistema di Monitoraggio integrato avanzato del territorio, che è in fase di progettazione e sarà fruibile alla fine del 2026. 

Inoltre, nuove tecnologie saranno fondamentali per affrontare le sfide generate dai cambiamenti climatici. In questo senso, il ricorso alla desalinizzazione delle acque marine, anche a fini potabili, potrebbe essere una valida soluzione.

Quali sono le iniziative prioritarie che il Governo sta attuando per migliorare la consapevolezza e la preparazione delle comunità locali di fronte agli eventi climatici estremi?

La tutela dell'ambiente non è un concetto astratto: è un impegno concreto verso le generazioni future, soprattutto in un contesto in cui i cambiamenti climatici stanno influenzando profondamente i sistemi naturali, economici e sociali. In questo momento critico, in cui il cambiamento climatico impone adattamenti alle infrastrutture e strategie di gestione del rischio, è essenziale attuare interventi mirati in collaborazione con Regioni e Autorità di Bacino, attraverso una pianificazione pluriennale e coordinata.

Il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) è un riferimento strategico per le Regioni e i Comuni nella formulazione di politiche e azioni di adattamento su scala locale e regionale. La sua struttura offre un quadro delle misure di adattamento e linee guida per la pianificazione a scala locale, promuovendo modelli di governance che tengano conto delle specificità territoriali.

Questo approccio favorisce inoltre la collaborazione con le comunità locali, dalle aziende ai cittadini, passando per le organizzazioni non governative, per costruire strategie condivise e sostenibili, come dimostra il Patto dei Sindaci per il clima e l’energia.

Il PNACC, infine, promuove campagne di sensibilizzazione e programmi di formazione per aumentare la consapevolezza e la capacità di risposta delle comunità e delle Istituzioni. È fondamentale dotarsi di una pianificazione strategica dell’adattamento ad una scala di maggior dettaglio ed in grado, in tal modo, di tenere conto delle diversità ambientali e socioeconomiche che caratterizzano il territorio italiano.

In Italia quasi il 70% della popolazione vive nelle aree urbane e in città di grandi, medie o piccole dimensioni. Questa percentuale è destinata ad aumentare e, con essa, l’estensione delle aree urbanizzate. Quale ruolo possono svolgere le città per proteggere meglio i cittadini e sviluppare una maggiore resilienza? Vi sono best practices o modelli ai quali dovrebbero essere ispirati i progetti di adattamento urbano?

Le città, pur occupando solo il 3% della superficie terrestre, generano oltre il 70% delle emissioni di gas serra. Questo dato mette in luce quanto le aree urbane abbiano la responsabilità, ma anche il potenziale, di guidare il cambiamento.

Coinvolgendo le città nella pianificazione di azioni mirate, come i Piani d'Azione per l'Energia Sostenibile e il Clima, possiamo concretamente ridurre i consumi energetici e le emissioni di gas serra, rendendo le città esempio virtuoso per un futuro sostenibile.

Tuttavia, l’eccessiva urbanizzazione ha delle conseguenze: rende i terreni meno permeabili e contribuisce alla formazione delle cosiddette 'isole di calore' che aggravano l'impatto delle temperature estreme. Questo può essere in parte contrastato attraverso l’applicazione di tecniche di drenaggio urbano sostenibile, che possono diventare un elemento essenziale per la riqualificazione urbana, sia in termini di drenaggio verso le falde o raccolta per il riuso delle acque meteoriche, sia in termini di sostegno alle infrastrutture verdi essenziali per il raffrescamento e l’attenuazione delle isole di calore.

Inoltre, possiamo intervenire con misure durature, come la forestazione urbana, che il nostro PNRR ha finanziato con 6,6 milioni di alberi nelle aree metropolitane. Questo piano non solo preserva la biodiversità e migliora la qualità dell’aria, ma contrasta anche il fenomeno del surriscaldamento urbano, riducendo i livelli di CO2 e contribuendo alla salute pubblica.

Il Ministero per riportare alla naturalità i suoli urbani e migliorare la qualità della vita nelle città, rispetto alla infiltrazione dell’acqua, al contrasto alle ondate di calore, al miglioramento della qualità dell’aria e dell’ambiente urbano, ha previsto e finanziato la misura per la rigenerazione dei suoli degradati nelle aree urbane, prevista con la Legge 29 dicembre 2022, n. 197, per interventi di rinaturalizzazione di suoli degradati o in via di degrado in ambito urbano e periurbano.

Il settore dei trasporti gioca un ruolo fondamentale. Con il PNIEC puntiamo ad ampliare la mobilità condivisa e promuovere veicoli a basse emissioni. Entro il 2030, ci aspettiamo che circa 6,5 milioni di veicoli elettrici siano sulle nostre strade. Questa è una svolta importante verso una mobilità sostenibile, che ci permetterà di ridurre le emissioni in modo significativo.

Come Governo, crediamo che queste iniziative rappresentino un impegno per il presente e per le generazioni future, perché la lotta al cambiamento climatico passa dalle nostre città.

La lotta all’emergenza climatica passa anche attraverso l’obiettivo principale della “mitigazione”, cioè nella prevenzione e riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell'atmosfera per rendere meno gravi gli impatti dei cambiamenti climatici. Quali sono le priorità in questo senso per il Paese?

Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima stabilisce obiettivi ambiziosi per il 2030, rafforzando il ruolo dell'Italia nella lotta al cambiamento climatico e nella sicurezza energetica.

Il PNIEC punta su una transizione energetica realistica e sostenibile, volta non solo a ridurre la dipendenza dalle fonti fossili ma anche a garantire il benessere delle famiglie e la crescita economica delle imprese italiane.

Sulla base della neutralità tecnologica, il PNIEC propone un mix diversificato di tecnologie pulite come le rinnovabili, l’idrogeno e il nucleare sostenibile, rispondendo alle necessità di decarbonizzazione e di competitività industriale. Il nucleare sostenibile, in particolare, è ritenuto una risorsa strategica, con un impiego possibile dai primi anni Trenta per sostenere sia la riduzione delle emissioni che la sicurezza energetica del Paese.

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica sta lavorando a un "Programma Nazionale per il nucleare sostenibile" che punta a regolamentare la produzione di energia nucleare con tecnologie di ultima generazione, sottolineando l’importanza di integrare questa fonte per assicurare la stabilità energetica e avanzare verso un sistema a basse emissioni di carbonio.

Guardando al lungo termine il Governo guarda all'eneergia da fusione come un'opzione strategica per la sostenibilità post-2050, promuovendo cos' un percorso energetico che vuole essere solido, innovativo e all'avanguardia nella transizione globale.

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