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Claudia Brunori

L’adattamento ai cambiamenti climatici, sfide e opportunità per un nuovo modello di sviluppo

di Claudia Brunori

Il cambiamento climatico è in sostanza una crisi di sistema, perciò, è essenziale considerare che l’adattamento riguarda la capacità della società di continuare a funzionare in modo efficace e giusto e le misure introdotte devono integrarsi con il modello di sviluppo stesso, permeando le politiche economiche, le pratiche sociali e le strutture istituzionali. La natura globale del problema richiede una cooperazione tra governi nazionali, amministrazioni locali, organizzazioni internazionali, il settore privato e la società civile.

Claudia Brunori - Direttrice del Dipartimento Sostenibilità, circolarità e adattamento al cambiamento climatico dei Sistemi Produttivi e Territoriali - ENEA

L’adattamento ai cambiamenti climatici è cruciale per la resilienza delle comunità, per la protezione degli ecosistemi e per la sicurezza economica. In questo contesto, il territorio gioca un ruolo fondamentale in quanto rappresenta non solo lo spazio fisico in cui si sviluppano le attività umane, ma anche l'ecosistema complesso che interagisce con le imprese e le influenze ambientali. L'adattamento delle imprese in questi ambienti dipende da una profonda comprensione di come i cambiamenti climatici impattino su queste caratteristiche territoriali, influenzando le risorse disponibili, l'accesso ai mercati e i costi operativi.

La vulnerabilità dei territori e i rischi per le imprese

La vulnerabilità di un territorio è determinata da diversi fattori: la sua posizione geografica, le caratteristiche ambientali e l’accesso alle risorse. L’Italia, come anche evidenziato nel Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, si trova nel "hot spot Mediterraneo", un’area identificata come particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici, perciò, è necessaria una pianificazione di emergenza e investimenti per l'adattamento. Le aree costiere, ad esempio, sono particolarmente esposte al rischio di innalzamento del livello del mare e di fenomeni meteorologici estremi. Le imprese situate in queste aree potrebbero subire danni strutturali significativi alle infrastrutture, nonché perdite economiche dovute all'interruzione delle attività produttive. Le aree agricole sono altrettanto vulnerabili, con periodi di siccità più lunghi e fenomeni di desertificazione che riducono la resa dei raccolti. Anche i settori che dipendono da materie prime agricole come l’industria alimentare e tessile sono impattati da queste trasformazioni, poiché una minore disponibilità di risorse naturali o l’aumento dei costi di produzione può causare un calo della competitività e un incremento dei prezzi dei prodotti finali.

I cambiamenti climatici comportano due tipologie principali di rischi per le imprese: i rischi fisici e i rischi di transizione. I rischi fisici sono quelli associati agli eventi meteorologici estremi e ai cambiamenti ambientali che possono danneggiare le infrastrutture, interrompere le catene di approvvigionamento e ridurre la produttività. I settori principalmente interessati da questi rischi sono quello dell’agricoltura, quello idroelettrico, quello costiero, ovvero le industrie marittime e la pesca, quello turistico (marittimo e montano) e sicuramente quello della salute pubblica.

I rischi di transizione, invece, sono quelli associati ai cambiamenti regolamentari, tecnologici e di mercato che le imprese devono affrontare nel processo di adattamento e transizione verso un’economia a basso impatto di carbonio. L’implementazione di normative più severe sulla riduzione delle emissioni può, ad esempio, comportare per le imprese l'obbligo di investire in tecnologie più pulite o di modificare i processi produttivi per ridurre l'impatto ambientale. Ciò potrebbe comportare un incremento dei costi a breve termine, ma allo stesso tempo favorire un vantaggio competitivo per le aziende che investono in innovazioni sostenibili e ottimizzano le proprie risorse.

La questione delle risorse

La domanda di materie prime è aumentata esponenzialmente negli ultimi decenni, in parte a causa della globalizzazione e dell'industrializzazione dei Paesi emergenti. Questo ha portato a una pressione crescente sulle risorse naturali, con conseguenze ambientali significative, come la deforestazione, l'inquinamento e la perdita di biodiversità. Le risorse limitate costringono le nazioni a competere per l'accesso, generando tensioni geopolitiche e conflitti. La transizione ecologica necessita di materie prime ad elevate prestazioni che sono prodotte in pochi Paesi nel mondo, esiste una criticità legata alla possibilità di garantirne un approvvigionamento sostenibile e sicuro.

Con il recente Regolamento sulle Materie Prime Critiche della Commissione Europea (Regulation EU 2024/1252 of the European Parliament and of the Council of 11 April 2024 establishing a framework for ensuring a secure and sustainable supply of critical raw materials and amending Regulations (EU) No 168/2013, (EU) 2018/858, (EU) 2018/1724 and (EU) 2019/1020) sono stati individuati obiettivi e target ambiziosi per affrontare la questione, prevedendo target minimi in Europa per l’estrazione primaria (10% del fabbisogno) e per la produzione da fonti secondarie (25% del fabbisogno).

Inoltre, l'estrazione di queste risorse e la conseguente produzione e consumo dei prodotti ha un impatto significativo sull'ambiente e sulle emissioni climalteranti. Il Rapporto del Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) “Resource efficiency and Climate Change – Material Efficiency Strategies for a Low-Carbon Future” elaborato dall’International Panel for Climate Change (IRP 2020, Report of International Resource Panel. United Nations Environment Programme) evidenzia il grande potenziale dell’uso efficiente e circolare delle risorse per la riduzione delle emissioni climalteranti globali. Le emissioni associate all’estrazione, lavorazione e produzione di plastica, gomma, legno, ferro, acciaio ed altri metalli, materiali da costruzione, sono state nel 2015 pari al 23%, cresciute di circa 10 punti percentuale in venti anni.

Dal 2015 tali emissioni stanno crescendo a ritmo ancor più veloce. Iniziative per l’utilizzo più circolare delle risorse potrebbero contribuire in maniera significativa alla riduzione delle emissioni, soprattutto in alcuni settori a maggior impatto (ad es. nel settore delle costruzioni l’utilizzo di materiali riciclati potrebbe consentire una riduzione dell’80-100% delle emissioni, nel settore dell’automotive potrebbe arrivare al 60-70%). Nello studio della Fondazione Ellen Mac Arthur del 2019 (Completing the Picture: How the Circular Economy Tackles Climate Change 2019, www.ellenmacarthurfoundation.org/publications), viene evidenziato come complessivamente, l’economia circolare potrebbe contribuire alla riduzione del 45% delle emissioni climalteranti globali derivanti dall’estrazione/produzione ed utilizzo di materie prime ed alimenti.

Un’attenzione particolare va poi dedicata al tema della risorsa idrica. La strategia dell'UE di adattamento ai cambiamenti climatici del 2021 (Forging a climate-resilient Europe - the new EU Strategy on Adaptation to Climate Change, COM(2021)82) sottolinea l'importanza di garantire che l'acqua dolce sia disponibile in modo sostenibile, che l'uso dell'acqua sia drasticamente ridotto e che la qualità dell'acqua sia preservata e sottolinea il rischio di un aumento della frequenza e della gravità degli eventi meteorologici estremi che portano a siccità e inondazioni e, di conseguenza, a ingenti danni economici. È pertanto di particolare importanza considerare gli effetti dei cambiamenti climatici nelle politiche dell'UE in materia di acque.

Emerge, quindi, la necessità di evitare lo sfruttamento eccessivo e di promuovere cicli di utilizzo e riuso, il che implica una profonda trasformazione nei settori produttivi, nelle politiche governative e nei comportamenti dei consumatori.

Opportunità di adattamento e resilienza

Nonostante le sfide, l'adattamento ai cambiamenti climatici può anche rappresentare un'opportunità per le imprese, favorendo l’innovazione e lo sviluppo di nuovi modelli di business più sostenibili.

Il cambiamento climatico è in sostanza una crisi di sistema, perciò, è essenziale considerare che l’adattamento riguarda la capacità della società di continuare a funzionare in modo efficace e giusto e le misure introdotte devono integrarsi con il modello di sviluppo stesso, permeando le politiche economiche, le pratiche sociali e le strutture istituzionali. In questo senso, l’approccio dell’economia circolare con i suoi concetti di riuso, rigenerazione e riciclaggio diventano elementi chiave per limitare l’estrazione delle risorse naturali e ridurre l'impatto ambientale. Il concetto di circolarità e la necessità di transizione verso questo modello ha favorito la creazione di molteplici business circolari migliorando in contempo l’ambiente, il territorio e creando nuovi posti di lavoro.

Altrettanto importanti per il raggiungimento degli obiettivi sono anche le innovazioni tecnologiche e sociali che aiutano a far fronte al clima cambiato e, conseguentemente, a adattarsi al contesto e al territorio in cui il tessuto produttivo è inserito. Le imprese che adottano tecnologie verdi e che sviluppano strategie di gestione delle risorse naturali in modo sostenibile sono in grado di ridurre i costi a lungo termine e di migliorare la loro immagine pubblica. Le imprese possono, inoltre, investire nella diversificazione delle proprie attività per ridurre la vulnerabilità ai rischi specifici del territorio. Ad esempio, le aziende agricole possono esplorare la coltivazione di varietà di piante resistenti alla siccità o l’adozione di pratiche agricole rigenerative per migliorare la fertilità del suolo e aumentare la resilienza alle condizioni climatiche avverse. Nei settori industriali investire in tecnologie di efficientamento nell’uso dell’energia e delle risorse in generale e in tecnologie di riduzione delle emissioni può non solo ridurre i costi, ma anche rispondere alle crescenti aspettative dei consumatori per prodotti sostenibili.

La necessità della collaborazione a diversi livelli

La natura globale del problema richiede una cooperazione tra governi nazionali, amministrazioni locali, organizzazioni internazionali, il settore privato e la società civile. Ognuno di questi attori ha competenze e risorse uniche che possono contribuire all'adattamento in modi diversi ma complementari. A livello internazionale, ad esempio, si possono stabilire standard e linee guida per una gestione climatica sostenibile, favorendo il trasferimento tecnologico e la condivisione delle conoscenze. A livello locale, invece, i governi e le comunità possono implementare azioni concrete come la protezione delle infrastrutture e la sensibilizzazione dei cittadini ai rischi climatici.

L’avvento delle nuove tecnologie ha aperto nuove possibilità per la gestione collaborativa dei cambiamenti climatici. I sistemi di monitoraggio satellitare e i big data permettono di raccogliere informazioni in tempo reale sugli eventi climatici, rendendo possibile una risposta più rapida e coordinata agli eventi estremi. Ad esempio, l'uso di sensori e di tecnologie di Internet of Things (IoT) consente di monitorare il livello dei fiumi o il tasso di umidità del suolo, permettendo alle autorità locali di intervenire preventivamente in caso di rischi. Le piattaforme digitali facilitano la collaborazione tra enti diversi, consentendo la condivisione immediata di informazioni tra regioni e Paesi e riducendo i tempi di reazione. Inoltre, l’utilizzo di modelli di previsione avanzati basati su intelligenza artificiale consente di prevedere i potenziali impatti dei cambiamenti climatici, fornendo indicazioni cruciali per pianificare azioni di adattamento a lungo termine.

La COP 29 e la connessione con l’innovazione

La 29esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici da poco terminata ha ribadito l’importanza di mantenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi ed ha stabilito un fondo pari a 300 miliardi l’anno a carico dei Paesi ricchi per finanziare la transizione energetica e l’adattamento ai cambiamenti climatici dei Paesi in via di sviluppo (PVS) fino al 2035, utilizzando risorse sia pubbliche che private. Tali fondi dovranno essere dedicati alla realizzazione di azioni concrete per sostenere i PVS nell’implementazione di soluzioni tecnologiche innovative per la sostenibilità e per il rafforzamento delle capacità locali.

Il ruolo dell’ENEA nell’adattamento ai cambiamenti climatici

Le attività e le competenze di ENEA si concentrano sulla sostenibilità e sul miglioramento della resilienza di territori e sistemi produttivi, mirando a minimizzare l’impatto dei cambiamenti climatici attraverso tre principali direttrici:

  • promuovere l'adozione di pratiche e tecnologie sostenibili nelle industrie e nelle filiere produttive;
  • supportare lo sviluppo di strategie per la gestione integrata del territorio e delle risorse naturali;
  • contribuire ad elaborare modelli per la gestione e la prevenzione dei rischi climatici.

Le attività sono trasversali e riguardano lo sviluppo ed implementazione di modelli e servizi climatici, di strumenti di gestione territoriale per l’adattamento al cambiamento climatico, anche con utilizzo di soluzione basate sulla natura, di tecnologie e sistemi intelligenti per la gestione sostenibile delle materie prime e della risorsa idrica, di approcci integrati per la sostenibilità e la resilienza delle filiere agroalimentari. 

Le azioni sono svolte a livello nazionale in supporto ad imprese e Pubblica Amministrazione (locale e centrale) ed internazionale in supporto ai PVS, con un ruolo di supporto tecnico al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per promuovere azioni comuni di trasferimento tecnologico e cooperazione, finalizzate alla mitigazione ed all’adattamento ai cambiamenti climatici.

Area di fitodepurazione all’interno delle vasche di laminazione del Fiume Lura
Esempi di agricoltura indoor
Esempi di agricoltura indoor
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