Educare al pensiero ecologico per un apprendimento efficace e duraturo
di Rosa Tiziana Bruno
DOI 10.12910/EAI2021-035
La scuola è il luogo giusto dove imparare a vivere relazioni sostenibili, ovvero sperimentare concretamente l’armonia con gli altri e con gli elementi naturali. È necessario che bambini e ragazzi avvertano l’urgenza di creare un habitat sostenibile per tutte le creature viventi. Non per paura di una catastrofe, ma per amore della vita in ogni sua forma.
Rosa Tiziana Bruno
Sociologa e scrittrice, insegna nella scuola superiore e conduce ricerche in convenzione con l’Università di Salerno. Le sue opere, saggi e romanzi, sono pubblicate in Italia e all’estero. È un’educatrice National Geographic e dal 2014 cura la direzione artistica del festival letterario Scampia Storytelling. Nel 2017 ha vinto l’International Writers Awards assegnato dall’Institute for Education, Research and Scolarship (IFERS) di Los Angeles.
All’inizio della mia ricerca sul disagio giovanile nella scuola, ho pensato di concentrare l’attenzione sui possibili interventi in grado di rendere piacevole e creativo l’apprendimento. Da sociologa sono infatti consapevole dell’importanza della dimensione emotiva in ogni ambito sociale, a ogni età. Avanzando nella ricerca e osservando meglio il comportamento di bambini e ragazzi, mi sono però resa conto che c’erano anche altri fattori da tenere in considerazione.
I disagi dei ragazzi rientravano quasi sempre in quella che il giornalista e saggista Richard Louv ha definito ‘Sindrome da deficit di Natura’, ovvero apparivano conseguenza del distacco prolungato dal mondo naturale.
In effetti, la mente umana funziona bene soltanto se è ottimale il nostro rapporto con l’ambiente naturale e sociale, come già l'antropologo, sociologo e psicologo Gregory Bateson sosteneva negli anni settanta e le neuroscienze oggi confermano. Si impara nell’unità di mente e corpo: più sensi sono coinvolti, maggiore sarà il numero di connessioni neuronali attivate e più gradevole e duraturo sarà l’apprendimento.
In corso d’opera, dunque, in accordo con gli insegnanti, ho modificato l’impostazione degli interventi puntando a un approccio socio-relazionale e alla partecipazione esperienziale. Abbiamo iniziato a concentrarci non soltanto sulla dimensione emotiva, ma anche sul sistema delle relazioni all’interno della classe e sulla possibilità di contatto diretto con la Natura. L’obiettivo era incoraggiare l’acquisizione della consapevolezza di sé e della relazione che ci lega alla Terra e a tutti i viventi.
La scuola, e a ben vedere, è il luogo giusto dove imparare a vivere relazioni sostenibili, ovvero sperimentare concretamente l’armonia con gli altri e con gli elementi naturali. Una delle cose che la pandemia ha reso più evidenti è senza dubbio la necessità di recuperare questa armonia, e i ragazzi ne avvertono l’urgenza più di chiunque altro. Il senso del limite, di cui abbiamo fatto esperienza, ha sottolineato l’importanza dell’incontro con l’altro e con gli spazi naturali.
Una dimensione nuova
Come trasformare la nostra vita in modo da non essere distruttivi nei confronti del mondo e di noi stessi? Cosa può fare la scuola per la Natura e cosa la Natura può fare per la scuola? Sono queste le domande che hanno guidato il mio percorso di ricerca, durato diversi anni e protrattosi anche in pieno lockdown. Insieme a docenti e genitori, ho lavorato per sviluppare le giovani coscienze in una dimensione nuova, in grado di considerare il ‘noi’ e non soltanto il ‘me’. Un passo fondamentale, che vale per la conquista del benessere personale come per la salvezza del pianeta.
I risultati ottenuti sono incoraggianti e, per questo, ho ritenuto importante condividerli con chiunque abbia desiderio di prendersi cura dell’educazione di bambini e ragazzi. Così è accaduto che le nostre scoperte e le strategie ideate durante il percorso sono finite in un libro, Educare al pensiero ecologico, che permette di diffonderle su larga scala.
Il saggio accende una riflessione necessaria: preservare la vita del pianeta significa prestare attenzione ai cambiamenti climatici, ma ancora di più alle relazioni umane. La vera forza del pensiero ecologico risiede nel prendere le distanze da pulsioni egoistiche e predatorie, causa di enormi disastri.
Ho sperimentato, con bambini e ragazzi, l’importanza di stimolare il dialogo interiore e l’ascolto dell’altro. È infatti impossibile entrare in armonia con gli altri, comprenderli e sentirli vicini, senza una buona educazione all’ascolto e senza imparare a dialogare con se stessi. Capacità di ascolto e di dialogo sono i due presupposti per la formazione del Sé ecologico.
Ma la pratica scolastica ha bisogno di allargare la propria attenzione, oltre che al paesaggio interiore, anche al contatto con la Terra e i suoi spazi. Un percorso di alfabetizzazione ecologica deve essere un invito a sentire la Natura che parla attraverso le emozioni.
Come fare? Quali strumenti usare? Nei miei studi ho sperimentato che Natura e narrazione devono necessariamente intrecciarsi in un continuum armonioso. Del resto, sin dall’antichità, le storie raccontate davanti al focolare avevano come protagonisti animali piante e astri, insieme alle persone. La Natura fa parte delle storie, perché da sempre le storie servono per aiutarci a soddisfare quel bisogno di armonia di cui siamo costantemente in cerca.
Lettura, scrittura e passeggiate in Natura
L’educazione alla sostenibilità ha dunque bisogno della letteratura, perché leggere buone storie è il modo privilegiato per riflettere sulla nostra relazione con il mondo, per decifrare le emozioni e imparare i sentimenti.
Incoraggiare le passeggiate nel bosco, visitare fattorie didattiche o predicare l’altruismo, risulterà inefficace fino a quando ci percepiremo separati gli uni dagli altri, incapaci di riconoscerci membri della medesima grande comunità universale. Anche gli enormi sforzi per la ricerca di energie alternative rischiano di essere vanificati se non possediamo il senso di comunità.
La strategia didattica, che descrivo dettagliatamente nel saggio, coniuga dunque tre elementi fondamentali: lettura, scrittura e passeggiate in Natura.
Il Fiabadiario, questo è il nome del percorso, si compone di due vocaboli dal significato altamente simbolico: fiaba, genere narrativo eterno, e diario, che rimanda all’annotazione di esperienze vissute.
La narrazione è al centro di questa strategia, in tutte le sue forme, compresa quella autobiografica, ed è abbinata all’esperienza all’aperto. Tutto si sviluppa a partire da due attività: la lettura e la passeggiata nella Natura. Contrariamente a quanto si crede, si tratta di attività compatibili, da poter svolgere proficuamente insieme, persino durante un lockdown.
Educare al pensiero ecologico implica necessariamente l’apprendimento esperienziale, che non vuol dire semplicemente trasferire l’aula scolastica all’aperto. Significa piuttosto partire dal proprio sentire, dalle sensazioni che il contatto con la Natura suscita in noi, per attivare un apprendimento efficace e duraturo.
La strategia del Fiabadiario poggia sul coinvolgimento della persona: il piacere, il sentirsi a proprio agio, per conoscere e per imparare a essere insieme. È educazione all’ascolto, alla riflessione, al dialogo, all’accettazione reciproca. Un percorso verso l’acquisizione della consapevolezza di quanto il benessere personale sia strettamente connesso a quello collettivo.
È necessario che bambini e ragazzi avvertano l’urgenza di creare un habitat sostenibile per tutte le creature viventi, non per paura di una catastrofe, ma per amore della vita in ogni sua forma. E anche in questo la letteratura ci supporta, con la sua capacità di accendere riflessioni e di incuriosire.
Parafrasando il romanziere statunitense Richard Powers, potremmo dire che i libri sono come alberi, hanno radici, tronco, corona e semi! Le radici sono tutto ciò a cui attinge lo scrittore per creare la storia, il tronco è la storia che si sviluppa e diventa sostegno, la corona è la cornice di senso che circonda la storia e i semi sono tutto ciò he germoglia dalla lettura o dall’ascolto.
La letteratura fa bene alla salute delle persone e del pianeta? Dopo un lungo percorso di ricerca, posso confermare che si tratta di un’affermazione profondamente vera.
Il percorso di ricerca si è svolto in convenzione con il Dipartimento di Studi Politici e Sociali dell’Università di Salerno, a cui va il mio grazie.