Featured
Le nuove generazioni possono cambiare il mondo
Intervista a Padre Enzo Fortunato
DOI 10.12910/EAI2021-042
In questo momento di grande complessità, le nuove generazioni hanno un ruolo decisivo e di grande responsabilità sul fronte della sostenibilità; non sono bottiglie o pacchi ‘da riempire’, realtà da indottrinare o strumentalizzare, ma luci da accendere, talenti che possono insegnare e donare molto all’umanità. E se Papa Francesco ha scelto di convocare gli under 35 ad Assisi, è perchè ha compreso e ci fa comprendere che i giovani hanno il sogno che può cambiare realmente il mondo.
Giornalista, scrittore, Direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, del mensile San Francesco Patrono d'Italia e del sito sanfrancesco.org. Frate minore conventuale di Assisi, Padre Enzo Fortunato è stato docente presso la Pontificia Università Antonianum, l'Istituto Teologico di Assisi e la Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura. Scrive per Avvenire, Corriere della Sera e La Repubblica, conduce la rubrica del Tg1 Dialogo ed ha vinto il premio internazionale di giornalismo Biagio Agnes con il libro “Siate amabili”. Tra i promotori del Manifesto di Assisi è direttore della comunicazione di The Economy of Francesco, il grande evento voluto da Papa Bergoglio per riunire migliaia di giovani economisti da tutto il mondo per un nuovo modello economico fondato sulla sostenibilità. Per questo suo ruolo e per la sua lunga esperienza di giornalista e divulgatore abbiamo chiesto a Padre Fortunato che cosa occorre fare per avvicinare i giovani alla sostenibilità e quali sono gli errori evitare.
Intanto dobbiamo far comprendere ai giovani che non sono bottiglie o pacchi ‘da riempire’, ma luci da accendere. Questa è la prima consapevolezza che conduce subito ad una sintonia con il mondo giovanile, a non farli sentire delle realtà da indottrinare, ma talenti che possono donare molto all’umanità. L’altro passo è quello di avvicinarli per attrazione e non per proselitismo: la forma attrattiva ti porta a chiederti “come sto vivendo? Qual’è il tipo di esemplarità dei miei gesti”? Nel proselitismo, invece, si sentono strumentalizzati. Li puoi affascinare per un momento, ma poi ti abbandonano e abbandonano i progetti. Infine, un terzo passo da compiere è lasciarsi arricchire. Papa Francesco ci ricorda che ha imparato molto dai poveri: io vorrei aggiungere che imparo dai poveri, ma anche dai giovani che richiamano uno dei grandi principi dell’educazione e della formazione e cioè la capacità di educare, che viene dal latino “educere”, tirar fuori i talenti, i carismi, le caratteristiche per condividerli con gli altri.
Educare vuol dire tirare fuori i talenti, i carismi, le caratteristiche dei giovani e condividere tutto con gli altri. Da che cosa nasce questa sua passione per la divulgazione rivolta al mondo dei giovani?
I biografi di San Francesco affermano che lui dicesse: “fate in modo che le vostre parole possano arrivare al cuore dei giovani”. E’ proprio dal suo stile che nasce questa passione che mi porta a vedere nei giovani non solo il nostro futuro, ma anche il futuro dell’umanità. Quando Papa Francesco ha scelto di convocare gli under 35 ad Assisi è perchè ha compreso e ci fa comprendere che i giovani hanno il sogno che può cambiare realmente il mondo, dalle forme di iniquità all’equità, dalle forme di ingiustizia tra Nord e Sud alla giustizia tra i popoli.
Un recente sondaggio dell’Unicef rivela che la maggior parte dei ragazzi trai 15 e i 19 anni è convinta che sia possibile fare ancora qualche cosa di importante per garantire un futuro più ecosostenibile al pianeta e ai suoi abitanti. Di che risposte e di quali proposte hanno bisogno?
Una citazione del filosofo Miguel Benasayag parla della differenza fra “funzionare o esistere”. In questa prospettiva credo ci sia la chiave di volta di ciò che i giovani desiderano: uscire dalla ‘tirannia della valutazione’ che porta ad una commercializzazione di tutto e, quindi, anche delle persone, dove ogni individuo diventa un bilancio di competenze utili ad accompagnare la macchina del funzionamento. E’ una perenne fonte di tristezza constatare che in questa logica l’unica possibilità di essere per l’uomo è di fissarsi in una identità rigida come la pietra, facendo in modo che la vita assomigli sempre più a un curriculum vitae, ad un percorso nel quale in ogni situazione si cercherà di evitare punti strategici e si desidera essere valutati per evitare la ‘capacità di esistere’. Dalla culla alla bara, si rende l’altro una macchina performante, si rendono tutti degli impiegati, degli operai, anche il dirigente a sua volta diventa un impiegato. Ecco perchè ci poniamo la grande domanda “che cosa vogliamo fare della vita? Una macchina che funziona o un’esistenza che brilla?” La macchina che funziona porta tutto e tutti alla logica del “quando è guasto si getta, quando si rompe si elimina, quando non funziona si scarta”.
E invece?
Invece le persone che desiderano esistere sono quelle che agiscono con la logica del “riparare”. Se vogliamo che l’altro esista, questa logica ci mette nella duplice condizione che chi ripara per far esistere, esprime e mette in atto le sue capacità e i suoi talenti; inoltre non ci si sente oggetti ma protagonisti perchè si possono recuperare relazioni, oggetti e si vive un’esistenza inclusiva. Questo porta anche alla logica del rispetto per l’ambiente, di un’economia che non arricchisce pochi ma molti, se non tutti. Questo modo di pensare ha poi ricadute nei tre grandi ambiti della vita: ambiente, società e rapporto con la religione.
Nel 2015 nasce “Friday For Future” il movimento ambientalista internazionale di protesta di alunni e studenti che decidono di non frequentare le lezioni scolastiche per partecipare a manifestazioni in cui rivendicano azioni per contrastare il cambiamento climatico. Quali sono a suo giudizio le sfide e le opportunità che i giovani si trovano davanti oggi?
In questo momento i giovani hanno un ruolo decisivo e di grande responsabilità, perchè con le loro scelte stanno mettendo in crisi il sistema produttivo e la logica dell’usa e getta: i principali istituti di ricerca ci hanno detto che i ragazzi cercano prodotti e luoghi ecosostenibili; quindi la loro responsabilità è di fare sì che questo non sia un momento di breve durata, ma un passo lento di cambiamento di costume e modo di pensare che porterà di fatto i figli dei nostri figli ad una mentalità culturale e pervasiva, trovandosi immersi in un nuovo orizzonte. Un po’ come è accaduto alla fine degli anni ‘90 per il fumo: oggi una persona che fuma in un luogo pubblico è vista come un estraneo alla mentalità comune e anche sgradevole; in questo sono ottimista perchè la stessa scena la immagino tra trenta-quaranta anni.
Papa Francesco è un riferimento per le nuove generazioni?
Ci troviamo in un processo irreversibile e di questo dobbiamo ringraziare lo sforzo titanico di Papa Francesco attraverso l’Enciclica “Laudato Si’” che è diventata un vero documento programmatico. Non potrò mai dimenticare l’affermazione -che fece molto riflettere- quando a Davos lo scorso anno si discuteva dell’ambiente e ad Assisi programmammo la stesura e la consegna del Manifesto di Assisi. A un giornalista che chiedeva come mai non fossero al Wold Economic Forum, il Presidente della Conferenza Episcopale italiana Gualtiero Bassetti e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte hanno risposto “qui ad Assisi, il laboratorio dell’ambiente è nato nel 1200, quando Davos non esisteva, con il Cantico delle Creature custodito nel Sacro Convento, il Codice 338 del 1226”.
Come favorire una corretta informazione scientifica a fronte del crescente rischio di fake news e disinformazione?
Ricordo l’appello di Papa Benedetto al mondo dell’informazione di non inquinare l’aria che respiriamo, rendendo cupi i nostri orizzonti e lentamente depressiva la nostra vita. Alla Carta di Assisi è legato un vero e proprio manifesto etico del giornalismo che ha avuto l’obiettivo di far crescere le relazioni dei giornalisti con i ‘soggetti utenti’. Sull’esempio di Francesco d’Assisi abbiamo bisogno di un’informazione che “consumi le suole delle scarpe”, verifichi i fatti e non viva di notizie-fotocopia. Solo così possiamo debellare le fake news, sia per chi legge le notizie sia per chi è chiamato a verificarle. La Carta di Assisi ci invita, con il primo punto di un decalogo, a scrivere degli altri quello che vorremmo fosse scritto di noi e che ogni parola è come una pietra e la vogliamo usare per costruire ponti.
Di recente il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha presentato “RiGenerazione Scuola”, un piano per la transizione ecologica e culturale delle scuole nell’ambito dell’Agenda 2030, fondato su quattro pilastri: la rigenerazione dei saperi, delle infrastrutture, dei comportamenti e delle opportunità. Che cosa ne pensa?
Ci troviamo di fronte a un piano che mira a rigenerare la funzione educativa per ri-costruire e costruire un legame tra le diverse generazioni. Viviamo nell’epoca della complessità e proprio per questo è necessario fornire all’interno delle scuole e dei programmi, maggiore spessore di esperienze cariche di senso e significato, di emozione e di contenuti capaci di sorprendere e stupire. Oggi siamo chiamati a suscitare stupore, meraviglia, perchè dobbiamo rimettere al centro i generatori di esperienze, ricordi, sogni, attenzioni, passioni e sfide, insomma veri induttori di crescita. Penso anche al riconnetterci con la natura e i territori, che vuol dire andare sul campo per vedere, toccare e sentire il mondo che ci circonda. Si tratta di valorizzare tutto ciò che è dormiente, si pensi alle risorse umane del territorio, delle tradizioni, della storia, dell’arte, delle culture. Credo che sia questa la strada giusta.
Cambiamenti climatici, incertezza sul futuro, disoccupazione ed abbandono scolastico: secondo l'Istat sono i giovani ad aver pagato il prezzo più alto di questa pandemia dal punto di vista sociale, culturale ed economico. Che cosa si può fare?
E’ vero che i giovani hanno pagato il prezzo più alto di uno sviluppo non sostenibile. Il periodo della pandemia ha reso visibile l’invisibile e ha colpito un sistema economico perverso: oggi si parla molto di sviluppo sostenibile ma nessuno sa quando questi due termini sono nati. Allora è bene andare insieme alla fine del ‘700 in Germania quando Hans Carlowitz, considerato il padre della forestazione sostenibile, allora responsabile dell’approvvigionamento minerario, si pose la domanda: "quanti alberi devo tagliare per far fronte alle necessità delle miniere senza mettere a rischio la crescita della foresta?” Credo dobbiamo farci questa domanda e declinarla in diversi settori e, anche quando parliamo di sviluppo, dobbiamo capire che cosa si intende per accrescere: la natura cresce, la conoscenza cresce, l’uomo invece si sviluppa, cioè ha la capacità di tagliare quei viluppi che non permettono la crescita. Ecco, questo è lo sviluppo sostenibile, questa è la risposta al cambiamento climatico, la risposta al futuro, alla disoccupazione. Vorrei proporre il modello francescano che riguarda tre grandi settori che il Cardinal Bergoglio ha spiegato nella scelta del nome, dopo la sua elezione il 13 marzo 2013, quando disse: “ho scelto il nome di Francesco perchè è l’uomo della pace, della solidarietà, l’uomo che ama e custodisce il Creato”.