Il volo parabolico: l’ENEA a zero-G
DOI 10.12910/EAI2021-102
di Luca Saraceno e Giuseppe Zummo, Laboratorio Ingegneria dei Processi e dei Sistemi per la Decarbonizzazione Energetica - ENEA
La ricerca in condizioni di microgravità può dare un contributo essenziale alla realizzazione di applicazioni innovative, di esperimenti scientifici e allo studio di fenomeni fisici, chimici e biologici che potrebbero essere mascherati o modificati dalla gravità terrestre. ENEA svolge attività a zero-g dal 2004, nell’ambito della ricerca sulla trasmissione di calore per applicazioni spaziali, in particolare per la strumentazione elettronica di veicoli spaziali, satelliti e stazioni orbitanti. Per la grande esperienza maturata con i voli parabolici e l’analisi dei dati raccolti durante le 10 campagne sperimentali effettuate nell’ambito di progetti ESA, la ricerca ENEA in questo campo può essere considerata tra le più importanti e all’avanguardia a livello mondiale.
Da sempre lo spazio rappresenta quella frontiera dove la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico hanno trovato, forse, il migliore degli habitat possibili. Enormi risorse economiche e umane profuse nel corso degli anni; migliaia di progetti scientifici portati a compimento; centinaia di tecnologie di derivazione spaziale sviluppate per poi arricchire il nostro quotidiano vivere da “terrestri”. Ma non tutte le innovazioni tecnologiche sviluppate per lo spazio possono essere preventivamente testate in quelle che saranno le reali condizioni di funzionamento. Da qui l’importanza di poter usufruire delle strutture, infrastrutture e informazioni di ricerca spaziale messe a disposizione della comunità scientifica internazionale da parte delle Istituzioni/Agenzie Governative, e non, dei paesi tecnologicamente più avanzati, per far crescere quel know-how, nelle aree dell'ipergravità e della microgravità, necessario per lo sviluppo tecnologico in ambito satellitare e per le future missioni nello spazio profondo.
Sperimentazione a zero-g: il volo parabolico
La microgravità è un ambiente unico per lo studio di alcuni fenomeni fisici, chimici e biologici, che possono essere mascherati o modificati dalla gravità terrestre e per condurre esperimenti in una varietà ampia di settori scientifici. Sperimentare in questo contesto aiuta enormemente gli scienziati a migliorare le conoscenze fondamentali in varie discipline, con la conseguenza di accelerare lo sviluppo di applicazioni innovative nei campi della tecnologia, dei processi industriali e della medicina. Ma se non è realisticamente possibile condurre con continuità una sperimentazione in condizioni di assenza di gravità su stazioni spaziali o veicoli in orbita attorno alla Terra, è tuttavia possibile ricreare condizioni di gravità ridotta in prossimità della superficie terrestre a mezzo di alcune facility che consentono di acquisire dati sperimentali unici, sebbene per un lasso di tempo ridotto. La microgravità, che è la condizione di apparente (quasi) assenza di peso, può essere raggiunta sulla o vicino alla Terra solo ponendo un oggetto in uno stato di caduta libera. Razzi sonda e capsule, velivoli che effettuano voli parabolici e le torri di caduta rappresentano quindi le cosiddette "microgravity platforms", ognuna delle quali offre un diverso livello di qualità e durata della microgravità (Tab.1).
Tra di esse, il volo parabolico è l’unica piattaforma, insieme alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), in cui gli scienziati (ovvero gli astronauti) possono partecipare alle fasi di sperimentazione, intervenire sull'apparato strumentale, seguire direttamente l'andamento delle misure. In pratica, i voli parabolici prevedono l'esecuzione da parte di un aeromobile di un profilo di volo che alterna manovre ascendenti e discendenti, da cui appunto il termine “parabola”. Ognuna di queste manovre permette di ottenere fino a circa 22 secondi di assenza di peso.
Tabella 1
Caratteristiche delle “microgravity platforms”
Test facility | Time | Operation | Constraints | g-level | Costs (€)/flighta | Flights |
---|---|---|---|---|---|---|
Drop tower | 5–9 s | A |
|
10−4–10−8 | 6–10 K | 2–3 per day |
Parabolic flights | 15–30 s | A, M, B |
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10−2–10−3 | 30 K | 18 p.a. |
Sounding rockets | 4–13 min | A, M |
|
10−2–10−4 | 1–2 M | 2 p.a. |
Recoverable satellites | Up to 3 month | A |
|
10−3–10−5 | > 1 M | < 1 p.a. |
International Space Station (ISS) | Up to years | A, M, B |
|
10−2–10−5 | > 1 M | Several p.a. |
Per le sue campagne di volo parabolico[1] l'ESA utilizza un Airbus A-310 della compagnia francese Novespace, presso l'aeroporto di Bordeaux-Merignac. L’Airbus Zero-G (Fig.1), un aereo di linea opportunamente modificato, esegue nei tre giorni della campagna poco più di novanta parabole nei cieli antistanti la costa di Bordeaux: grazie alle particolari manovre compiute dai quattro piloti, nel corso di ciascuna parabola è possibile ottenere, per circa 20 secondi, condizioni di gravità ridotta o appesanteur, durante la quale i ricercatori europei effettuano i loro test sugli impianti sperimentali montati a bordo dell’aereo, fluttuando nell’aria come astronauti.
Il termine microgravità si riferisce al fatto che non è mai possibile raggiungere la condizione di perfetta assenza di peso: alcune forze esterne residue continuano ad esercitare la loro influenza, come ad esempio la resistenza dell'aria o turbolenze locali, o piccole oscillazioni, cambi di direzione, dovuti alle manovre dei piloti e alle turbolenze che fanno discostare il valore dell'accelerazione di gravità da quello ideale.
Prima di iniziare la manovra parabolica, l’Airbus Zero-G vola orizzontalmente ad una quota di 6.000 metri, raggiungendo una velocità di circa 810 km/h(Fig.2). Comincia poi la fase di salita fino a toccare i 47° a 7600 metri, ovvero alla "fase di ingresso" nella quale i passeggeri avvertono una sensazione di ipergravità poiché il peso di ogni corpo a bordo è circa 1,8 volte maggiore di quello sulla terra. A questo punto i piloti ‘annullano’ la portanza alare e, contestualmente, lasciano ai motori la sola potenza necessaria per fornire una spinta che possa controbilanciare la resistenza aerodinamica. Questa fase transitoria dura circa 5 secondi.
Da questo momento l'aeromobile e i suoi occupanti sono in caduta libera per circa 22 secondi nei quali l’aereo segue un arco di traiettoria ellittica nel quale la forza di gravità viene bilanciata dalla forza centrifuga. Il percorso, che raggiunge la quota massima di 8.500 metri, ha la forma di un arco di parabola simile a quella che seguirebbe un oggetto lanciato in aria. Quando l'aereo raggiunge nuovamente i 7600 metri, il pilota lo raddrizza e dopo 20 secondi di ipergravità a 1,8 g si ritorna alle condizioni iniziali di volo livellato. Dopo due minuti circa inizia una nuova sequenza. Trenta volte per ciascun giorno dei tre previsti da ogni campagna sperimentale.
Da ENEA nuove tecnologie per lo spazio
Le attività di ricerca in microgravità dell’ENEA hanno inizio nel lontano 2004, con la prima campagna di volo parabolico nell’ambito del progetto BOILING promosso dall’ESA per investigare i fenomeni relativi alla trasmissione del calore in assenza di gravità. Il gruppo di ricerca dell’allora Istituto di Termofluidodinamica guidato dall’ing. Gian Piero Celata ha proseguito poi tale filone di ricerca partecipando, negli anni successivi, ad altri progetti finanziati dall’ESA (MANBO, INWIP, MANBO-2) dedicati nella fattispecie allo sviluppo di sistemi avanzati di controllo termico bifase per applicazioni spaziali, fino ad arrivare alla decima campagna sperimentale di volo parabolico effettuata nel novembre del 2019 (Fig.3).
In particolare, in quest’ultima campagna, la sperimentazione ENEA ha riguardato lo studio, la progettazione e la realizzazione di sistemi innovativi di raffreddamento a flusso bifase (Two-Phase Flow Cooling System) ad alta efficienza, in grado di dissipare il calore generato dalle apparecchiature elettroniche (CPU, GPU, ecc.) durante il loro funzionamento mediante il cambiamento di fase del fluido refrigerante che circola al suo interno (Fig. 4). La trasformazione di un fluido dalla fase liquida a quella vapore, rappresenta, infatti, il meccanismo di trasmissione di calore più efficiente che possa esistere in natura. Efficiente ma assai complesso, la cui piena comprensione rappresenta ad oggi un traguardo da raggiungere, ancor più distante se si parla di applicazioni in ambito aerospaziale dove l’assenza di gravità non consente di utilizzare le correlazioni sperimentali derivanti dal processamento dei dati ottenuti sugli impianti a terra.
La ricerca ENEA in questo ambito si inquadra in un più ampio settore della ricerca scientifica internazionale per nuove tecnologie in grado di assicurare un migliore controllo termico della sofisticata strumentazione elettronica installata a bordo dei veicoli spaziali, satelliti e stazioni orbitanti: obbiettivo per il quale è stato necessario mettere a punto sistemi di trasferimento del calore non solo molto efficienti, ma che possano operare in maniera affidabile anche nello spazio. Con il progresso tecnologico, infatti, si stima che nei satelliti di nuova generazione (piccoli e grandi) alcuni componenti possano raggiungere flussi termici da dissipare fino a 200-300 W/cm2 su piccole superfici di 50-100 cm2. Il raffreddamento bifase a convezione forzata è il solo in grado di gestire flussi termici così elevati, trasportando il calore anche lungo grandi distanze, utile in ambienti di grandi dimensioni dove i radiatori possono trovarsi a vari metri di distanza dai sistemi da raffreddare.
Le dieci campagne del MICRO.BO.
Nel campo della sperimentazione a zero-g è quindi da citare l’impianto MICRO.BO. (MICROgravity BOiling) (Fig.5) dell’ENEA, progettato e realizzato con contributo ASI, è una delle più avanzate facility europee per lo sviluppo e la caratterizzazione di sistemi di trasferimento di calore ad alta efficienza in applicazioni spaziali. Attualmente, l’impianto è impiegato per le prove sperimentali del progetto MANBO (finanziato dall’ESA, European Space Agency).
Si tratta di un impianto sperimentale estremamente sofisticato in termini di sistemi hi-tech di automazione, sistemi di sicurezza, attrezzature tecnologiche (es. telecamere ad alta velocità di ripresa, sensori miniaturizzati, trattamenti di coating su tubi trasparenti per riscaldamento del fluido e contestuale visualizzazione).
Le campagne sperimentali ENEA nel corso degli anni hanno riguardato inizialmente lo studio di base degli aspetti qualitativi della fenomenologia dell’ebollizione in condizioni di assenza di gravità, con particolare riguardo alla distribuzione delle fasi liquida e vapore durante il movimento del fluido all’interno di piccoli canali. È stato inoltre investigato il ribagnamento di pareti ad alta temperatura susseguente alla totale evaporazione del fluido, la cui conoscenza è fondamentale per la corretta movimentazione del combustibile criogenico dei razzi vettore (attività finanziata dall’industria aerospaziale francese Snecma).
L’obiettivo delle successive campagne è stato di ottenere valori quantitativi sul rateo di trasferimento di calore in ebollizione in assenza di gravità utilizzando tubi di tre diversi diametri interni (2, 4 e 6 mm), differenti portate del fluido refrigerante e condizioni termodinamiche specifiche definite sulla base delle precedenti esperienze, focalizzando l’attenzione nella zona di massima influenza dell’assenza di gravità sull’ebollizione.
L’utilizzo di tubi in pyrex trattati con uno speciale rivestimento metallico in ITO (Indium-Tin-Oxide, ossido di Indio e Stagno) di uno spessore inferiore a 100 nanometri, ha consentito sia il riscaldamento del fluido (FC-72 e perfluoroesano) per provocarne l’ebollizione ed effettuare così misure accurate dei relativi coefficienti di scambio termico, sia, grazie allo spessore nanometrico di tale rivestimento, la visualizzazione ad alta velocità degli efflussi bifase (liquido/vapore) all’interno del canale(Fig.6). Questa tecnologia ha consentito di ottenere una dettagliata analisi dei fenomeni caratterizzanti l’ebollizione in regime di convezione forzata in assenza di gravità, con risultati determinanti per la progettazione di scambiatori di calore nelle stesse condizioni di assenza di gravità. La peculiarità della campagna sperimentale del 2014 è consistita nell’applicare artificialmente al fluido refrigerante un campo elettrico, tramite un elettrodo collocato al centro della tubazione, con la funzione di sostituire la forza di gravità assente in condizione di gravità zero con le forze del campo elettrico. Si è trattato di una novità assoluta negli studi sui fluidi in movimento: controllando, tramite il campo elettrico, il fenomeno dell'ebollizione che avviene nel circuito di raffreddamento è infatti possibile “gestirlo” in maniera simile a quanto si riesce a fare a terra. Sono state così acquisite informazioni fondamentali per l’avanzamento tecnologico nella capacità di progettazione di scambiatori di calore per applicazioni spaziali sulla base delle conoscenze derivanti dal loro funzionamento a terra.
Nella campagna 2016 è avvenuta una profonda riprogettazione dell’impianto MICRO.BO, con la suddivisione della struttura originaria in tre rack differenti e la possibilità di avere due differenti circuiti idraulici per la conduzione in contemporanea di altrettanti esperimenti scientifici. Nel primo loop è proseguita la sperimentazione in condizioni di efflusso bifase o flow boiling all’interno di canali circolari di diverso diametro: nella fattispecie, sono stati utilizzati tubi d’acciaio da 1, 2 e 4mm, all’uscita dei quali sono stati collegati dei tubi trasparenti dal medesimo diametro per consentire la visualizzazione dei vari regimi di efflusso (flow pattern) al variare della portata di refrigerante e della potenza elettrica imposte nonché dei diversi livelli di gravità raggiunti durante le parabole. Particolare attenzione è stata in questo caso rivolta al calcolo dei coefficienti di scambio termico nelle fasi di transizione da iper a microgravità e viceversa.
Il secondo circuito, denominato LECOOL (Loop for Electronics COOLing) è stato progettato per eseguire esperimenti di trasferimento di calore in flow boiling in condizioni di gravità variabile utilizzando un innovativo microevaporatore a multicanali, per investigare gli effetti della gravità su tale sistema e testare sul campo un primo dimostrativo tecnologico del two-phase pumped loop sviluppato dai ricercatori ENEA per il controllo termico avanzato dell'elettronica in ambito aerospaziale.
Tale configurazione d’impianto è stata poi mantenuta anche nelle due successive campagne di volo, andando principalmente ad investigare i vantaggi derivanti dall’adozione di nuovi fluidi refrigeranti e di sistemi di regolazione e controllo più sofisticati.
Nello spazio ma non solo
Da quanto detto sin qui si evince come la ricerca ENEA nel campo della trasmissione di calore per applicazioni spaziali possa essere considerata tra le più importanti e all’avanguardia a livello mondiale, grazie alla grande esperienza maturata con i voli parabolici e all’analisi dei dati raccolti in condizioni di microgravità durante le dieci campagne sperimentali effettuate nell’ambito dei progetti ESA.
Ma la ricerca ENEA non si è fermata allo spazio. Nel Laboratorio IPSE del Dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili, vengono attualmente condotte ulteriori campagne sperimentali per l’ottimizzazione del sistema di raffreddamento progettato per lo spazio, sviluppando al contempo soluzioni innovative e prototipi avanzati per un suo utilizzo specifico nel controllo termico dei processori dei computer e dell’elettronica di potenza per applicazioni terrestri, dal raffreddamento di computer ad alte prestazioni (workstation professionali) al controllo termico dei server di un Data Center HPC (High Performance Computing), fino alla gestione termica dell’elettronica dei veicoli elettrici (IGBT, batterie), solo per citare le principali.
Infatti, nel corso degli ultimi anni a causa dell’impennata delle prestazioni dei componenti elettronici e della loro sempre maggiore miniaturizzazione, il raffreddamento di tali dispositivi è diventato un problema estremamente delicato e critico non solo nel settore aerospaziale ma in svariati ambiti dell’industria mondiale. I sistemi, semplici ed affidabili, finora maggiormente adottati, basati sul raffreddamento ad aria (air cooling) o a liquido (liquid cooling) sono caratterizzati da una forte limitazione in termini di massima potenza termica asportabile, in particolare per le geometrie ridotte. La tecnologia studiata in ambito aerospaziale dall’ENEA consente di superare l’inadeguatezza dei sistemi tradizionali e si pone come la nuova frontiera dei sistemi di controllo termico avanzato, evidenziando ancora una volta l’importanza delle cosiddette “ricadute pratiche” della ricerca spaziale nella vita quotidiana di tutti noi.
Ringraziamenti
Un enorme e caloroso ringraziamento va a tutto il personale del Laboratorio di Termofluidodinamica dell’ENEA, oggi Laboratorio Ingegneria dei Processi e dei sistemi per la Decarbonizzazione Energetica, per il supporto tecnico e morale alle attività legate ai voli parabolici. Senza di loro le attività sperimentali in microgravità non avrebbero potuto essere portate a compimento con successo. In particolare: Gian Piero Celata, Francesco D’Annibale, Alberto Lattanzi, Mariano Morlacca, Antonio Scotini, Michele Sica, Luca Simonetti. Un grande ringraziamento va inoltre a coloro che, come assegnisti, dottorandi o tesisti hanno fattivamente contribuito alla preparazione di alcune delle campagne sperimentali del MICRO.BO, partecipando anche ai voli parabolici: César Valencia Castillo, Marco Gervasi, Daiane Iceri e Giorgia Lancione.