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La Space Economy tra prospettive di sviluppo nazionali e internazionali

DOI 10.12910/EAI2021-089

di Roberta Cosmi, Ufficio Relazioni con i media - ENEA

Nel settore spaziale stiamo assistendo a una crescita molto rapida delle attività economiche e all’ingresso di soggetti e capitali privati. Di fatto, il mondo dello spazio sta cambiando, di conseguenza, stanno cambiano le prospettive, le opportunità ma anche i rischi. Tutto ciò sia a livello internazionale sia per il nostro Paese, che in questo settore ha una tradizione di eccellenza e obiettivi ambiziosi per il futuro.

1957 l’era spaziale ha inizio! L’Unione Sovietica lancia in orbita lo Sputnik e grazie a questo piccolo satellite compie il primo passo nello spazio. Da allora, il settore ha avuto obiettivi sempre più importanti e ambiziosi come la messa in orbita del primo uomo fino allo sbarco sulla Luna. Le vicende spaziali si sono più volte intrecciate alla fitta rete di dinamiche geopolitiche e la competizione tecnologica e scientifica per il progresso dell’umanità ha virato spesso verso finalità collegate alla sicurezza nazionale per le quali i servizi satellitari hanno avuto una doppia funzione: civile e militare.

Dopo Stati Uniti e URSS, nel 1964 fa il suo ingresso nel mondo dello spazio l’Italia con il lancio del satellite San Marco 1 che fa del nostro Paese il terzo in assoluto a entrare nell’‘era spaziale’. Negli anni ‘60 anche la Cina e l’Europa iniziano a investire ingenti budget nella corsa allo spazio: la collaborazione spaziale europea nasce ufficialmente nel 1962, quando sei paesi - Italia, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito, più Australia come membro associato - istituirono l’European Launcher Development Organisation (Eldo). L’organismo può essere considerato il precursore dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, le cui basi costitutive sono state poste nel 1973, anno in cui venne firmato l’accordo che ne stabiliva i principi costitutivi, ratificato nel 1975 a Parigi. Oggi l’ESA è un’organizzazione internazionale con 22 stati membri.

L’ingresso di questi ulteriori player ha reso necessaria la sottoscrizione di trattati internazionali[1]  per regolare i principi guida nel governo delle attività di esplorazione e utilizzazione dello spazio extra-atmosferico.

La competizione e la cooperazione internazionale sono stati due elementi portanti che hanno condizionato lo sviluppo delle relazioni e delle attività spaziali. Sebbene la prima abbia sicuramente contraddistinto l’epoca storica della corsa allo spazio e la seconda sia il modello a cui oggi le nazioni si ispirano, le due dimensioni hanno spesso coesistito, alternandosi e intersecandosi secondo le differenti politiche e strategie nazionali.

Attualmente più di venti nazioni al mondo gestiscono satelliti in orbita, ma solo sei, di cui cinque potenze nucleari, dispongono delle competenze tecnologiche missilistiche e di una base sul proprio territorio per effettuare lanci nello spazio.

La New Space Economy

Il settore spaziale ha goduto per lungo tempo del prevalente sostegno economico istituzionale e le attività spaziali sono cresciute e si sono sviluppate principalmente per l’iniziativa delle agenzie governative (NASA, ESA, Roscosmos). Sono stati proprio gli investimenti pubblici ad aver spianato la strada all’economia dello spazio; del resto, i programmi spaziali sono sempre stati impegnativi e costosi a causa dell’alta percentuale di fallimento.  

Oggi, tuttavia, assistiamo a un sempre più consistente ingresso di privati nel mondo dello spazio e alla nascita di un comparto tra i più dinamici e promettenti: quello della “new space economy”, un fenomeno che in gran parte coincide con la ‘privatizzazione’ dello spazio. Inizialmente oggetto di interesse da parte del settore scientifico e militare pubblico, ora è soggetto a un ambizioso intervento di investitori privati e all’ingresso del venture capital, grande novità rispetto al passato. Tra gli imprenditori più ambiziosi a livello mondiale vanno ricordati sicuramente Elon Musk, cofondatore e capo di Tesla, SpaceX, Neuralink e fondatore di Space X (lancio di grossi satelliti, con propositi di volo umano), Jeff Bezos proprietario di Amazon e fondatore di Blue Origin (grandi razzi, in prospettiva con equipaggio) e Richard Branson, profeta del turismo spaziale con Virgin Galactic. Ma anche le big four, vale a dire Google, Amazon, Facebook e Apple, stanno investendo sempre di più nel settore.

La “new space economy” comprende svariati settori economici legati all’esplorazione e a tutto ciò che attiene a tecnologie, applicazioni, prodotti e servizi che nascono dall’ambito spaziale e che possono avere diversi impieghi nella vita di tutti i giorni. Generalmente l’economia spaziale viene divisa in tre segmenti: upstream, midstream e downstream.

Per upstream si intende il business “verso lo spazio”: satelliti, manifattura e costruzione di componenti per satelliti, lanciatori e altri velivoli spaziali.

Il midstream, invece, è l’insieme di tutte le infrastrutture funzionali a raggiungerlo: piattaforme di lancio, centri di controllo e così via. 

Il settore downstream include tutte le applicazioni che vengono sviluppate a terra partendo dai dati raccolti dai dispositivi in orbita: elaborazione dei dati stessi, servizi space-based, di telecomunicazioni, di navigazione e di monitoraggio ambientale, di previsione meteo, a supporto dell’agricoltura di precisione, della prevenzione e gestione delle emergenze, del controllo del traffico aereo e automobilistico sino alla potenziale gestione di una pandemia.

È dallo spazio che arrivano i dati per ottenere un posizionamento certo e accurato, tracciare le spedizioni, seguire un treno; sono costellazioni di satelliti come Copernicus che ci raccontano il livello di inquinamento in ogni zona del mondo, i flussi di merci, i movimenti dei ghiacciai, le variabili climatiche e svolgono un ruolo sempre più importante nella salvaguardia del pianeta. Ma è vero anche il contrario: è nello spazio che poi tornano tecnologie e innovazioni concepite a terra come stampanti 3D, robotica, innovazioni nei carburanti, microcircuiti e miniaturizzazione[2].

Il comparto spaziale è ormai un ‘fornitore’ che condiziona fortemente la vita sulla terra. In questo senso rappresenta un asset indispensabile e un’enorme opportunità di crescita e investimento. Secondo le valutazioni di Morgan Stanley[3] e di Merril Lynch[4], a livello mondiale il segmento downstream, costituito dalle applicazioni innovative e dai servizi avanzati, porterà il settore spaziale a raggiungere un valore fra i 1.000 e i 2.700 miliardi di dollari entro il 2040. Dal report di PwC Space Practice (il network multinazionale che offre servizi professionali di consulenza legale e fiscale e di revisione bilancio alle imprese nel settore dello spazio) “Main Trends & Challenges in the Space Sector”[5] pubblicato nel dicembre 2020, emerge che la maggior parte del fatturato (in media più del 70%) riguarda i servizi nel settore downstream e il 30% in media l’upstream.

A livello europeo, il settore vale circa 370 miliardi di euro l’anno, che diventeranno più di 500 entro il 2030.  L’industria europea oggi dà lavoro a 230 mila persone con un giro d’affari annuo di 2 miliardi di euro[6].

L’industria spaziale italiana

L’Italia è uno dei pochi paesi al mondo che può vantare un budget per lo spazio di oltre 1 miliardo di dollari ed è il terzo contributore dell’European Space Agency con 2,3 miliardi di euro dopo Francia e Germania. È anche uno dei pochissimi paesi ad avere una filiera completa su tutto il ciclo, dall’accesso allo spazio alla manifattura, dai servizi per i consumatori ai poli universitari e di ricerca, con un’ottima distribuzione delle attività su tutto il territorio concentrandosi però principalmente nel Lazio, in Lombardia, Piemonte, Campania e Puglia. Un panorama industriale formato da grandi attori presenti sui mercati internazionali che si è arricchito, negli ultimi anni, con il contributo di piccole e medie imprese, come start-up e spin-off, che insieme rappresentano un eccellente potenziale per la crescita.

Questo tessuto industriale è organizzato in distretti tecnologici e in centri di competenza dell’aerospazio: strumenti di coordinamento, consultazione e riferimento che raccolgono in modo coordinato le migliori esperienze e competenze esistenti sul territorio.

Secondo il documento elaborato dal Ministero dello Sviluppo Economico “L’industria italiana dello spazio. Ieri, oggi e domani[7], nel settore spazio operano all’incirca 200 aziende con un fatturato annuo di circa 2 miliardi di euro. Dal catalogo pubblicato e aggiornato annualmente dall’ASI sulla  filiera industriale che collabora con i progetti dell’Agenzia, comprensivo di startup, PMI e big player e dal documento del Ministero si evince che il comparto spaziale italiano è composto per circa l’80% da piccole e medie imprese altamente specializzate nel campo manifatturiero e in diversi ambiti: dai componenti elettronici all’avionica, dall’assemblaggio delle strutture alla creazione di materiali ad hoc, da componenti ingegneristiche a strumentazione ad alta precisione. Circa 50.000 addetti specializzati, su più di 200.000 totali nella filiera, sono impiegati nelle oltre 4.000 aziende che costituiscono l’indotto. La maggior parte di esse, circa il 90%, sono PMI[8].

Il comparto italiano vanta anche diversi big player e grandi imprese (circa il 17%) riconosciute e affermate internazionalmente, che sviluppano la loro attività in diversi ambiti della filiera, principalmente telecomunicazioni e satellitare. Tra le più grandi troviamo Leonardo SpA, una delle prime dieci aziende mondiali ad alta tecnologia che operano nei settori aerospazio, difesa e sicurezza. Le prime attività spaziali di Leonardo risalgono a metà degli anni ‘60, con la partecipazione ai primi programmi europei; da allora ha progettato e prodotto strumentazione come sistemi ottici, pannelli fotovoltaici, sistemi di controllo e dispositivi robotici. Negli ultimi anni ha collaborato alle più importanti missioni spaziali europee quali Rosetta, ExoMars, Galileo, Copernicus, Cosmo-SkyMed, MeteoSat. Al secondo posto Thales Alenia Space, l’azienda italo-francese tra le più grandi in ambito aerospaziale in Italia, poi Avio Aero, Engineering Ingegneria Informatica, Telespazio, e-GEOS SpA, Avio SpA, Exprivia SpA, per citarne alcune.

A livello nazionale i settori cardine che negli ultimi anni hanno capitalizzato il successo dello Stato nello spazio sono: l’osservazione della terra, in particolare con il programma Cosmo SkyMed (con la seconda generazione di satelliti da poco pienamente operativa), l’esplorazione spaziale e la ricerca con un sempre maggiore livello di tecnologia e innovazione, anche a livello ingegneristico.

Il Piano Strategico Space economy dell’Italia e il ruolo del PNRR

Nel 2016 l’Italia si è dotata di un “Piano Strategico Space Economy” - parzialmente confluito, come “Piano a Stralcio Space Economy”, nel Piano Imprese e Competitività Fsc - che prevedeva un investimento paese di circa 4,7 miliardi di euro, di cui circa il 50% finanziato con risorse pubbliche, tra nazionali e regionali, aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate alle politiche spaziali. (https://www.mise.gov.it/index.php/it/impresa/competitivita-e-nuove-imprese/space-economy).

Il Piano si articolava in cinque linee programmatiche, in linea con le iniziative condotte a livello europeo e con l’obiettivo di valorizzare al massimo le ricadute a livello nazionale

  1. Telecomunicazioni satellitari (Mirror GovSatCom)
  2. Supporto alla partecipazione nazionale a Galileo (Mirror Galileo)
  3. Infrastruttura Galileo Prs
  4. Supporto a Copernicus (Mirror Copernicus)
  5. Esplorazione spaziale e sviluppi tecnologici connessi

Adesso, con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il settore spaziale si candida a rappresentare uno dei volani di maggiore potenziale e impatto per la ripresa e crescita del nostro Paese nel breve e medio periodo. Il Piano Nazionale prevede investimenti per 1,2 miliardi per “potenziare i sistemi di osservazione della terra per il monitoraggio dei territori e dello spazio extra-atmosferico e per rafforzare le competenze nazionali nella space economy”. A ciò si aggiungono i 2 miliardi di investimenti approvati dal Comint, il Comitato interministeriale per lo spazio. Più in generale, secondo il ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale con delega allo Spazio e all’Aerospazio, Vittorio Colao “la Space Economy genera investimenti pari a 447 miliardi di dollari: il settore è cresciuto del 4,4% nel 2020 e ci aspettiamo che arrivi a 1 trilione di dollari nei prossimi dieci anni. Le tecnologie spaziali devono essere considerate dal governo un asset fondamentale che può aiutare la società in molti ambiti e a mitigare gli effetti della pandemia. Inoltre, possono essere usate per colmare il gap digitale e contribuire alla sfida del cambiamento climatico”.

Le risorse per lo spazio nel PNRR

Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per lo spazio sono previsti 1,29 miliardi di euro per tecnologie satellitari ed economia spaziale, nell’ambito della missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” a cui sono destinati complessivamente 40,73 mld di euro. “Allo spazio - si legge nel PNRR - è ormai ampiamente riconosciuto il ruolo di attività strategica per lo sviluppo economico, sia per il potenziale impulso che può dare al progresso tecnologico e ai grandi temi di ‘transizione’ dei sistemi economici (ad es. anticipazione delle implicazioni del cambio climatico tramite l’osservazione satellitare), sia per la naturale scala continentale/europea che ne contraddistingue l’ambito di azione e di coordinamento degli investimenti. Analizzando il contesto di mercato globale e le caratteristiche dell’industria spaziale italiana è stato prodotto un Piano Nazionale volto a potenziare i sistemi di osservazione della terra per il monitoraggio dei territori e dello spazio extra atmosferico e a rafforzare le competenze nazionali nella space economy. Il Piano Nazionale include diverse linee d’azione: SatCom, Osservazione della Terra, Space Factory, Accesso allo Spazio, In-Orbit Economy, Downstream. Le risorse stanziate dal PNRR copriranno una quota degli investimenti definiti per queste linee di intervento”.

Rischi e opportunità

Se l’economia dello spazio sta registrando una crescita senza precedenti, gli esperti sottolineano l’importanza di non sottovalutare le criticità emergenti e, in particolare, le problematiche che possono ostacolarne lo sviluppo. Tra le luci, si allungano in particolare due ombre: quella legata al capitale e quella relativa alla sicurezza. Quest’ultima a sua volta comprende due aspetti.

La privatizzazione dello spazio apre la strada a sciami di migliaia di satelliti anche piccolissimi che destano preoccupazione sia per il pericolo di impatti sia per il rischio di creare nuovi pericolosi detriti spaziali. Inoltre, potrebbero compromettere il corretto funzionamento dei sistemi satellitari da cui dipendono numerose attività della nostra vita quotidiana. Per questo da molte parti si chiede una regolamentazione internazionale che tenga conto dei cinquant’anni trascorsi dal Trattato sullo spazio extraatmosferico del 1967.

Vi è poi il rischio di attacchi informatici, tenuto conto che oggi l’infrastruttura spaziale ha più punti di accesso: reti aziendali, satelliti in orbita, stazioni di comunicazione e qualsiasi sistema si connetta alla rete per sfruttarne i servizi. Tra le minacce più diffuse, c’è il cosiddetto "jamming", azione di disturbo che compromette la qualità del servizio fino ad annullarlo (come, per esempio, nel settore delle telecomunicazioni via satellite per le trasmissioni televisive) o l’ancor più pericoloso “spoofing”, un tipo di attacco informatico basato sulla falsificazione dell’identità.

Quasi tutte queste attività fraudolente hanno come target principale i dati e le informazioni sensibili. Riuscire a spiare altre nazioni oltre l’atmosfera terrestre significa trarre vantaggi concorrenziali in un settore cruciale anche a livello industriale, riuscendo a carpire informazioni importanti per la sicurezza collettiva. I sabotaggi a strutture e infrastrutture di interesse nazionale, il furto di proprietà intellettuali inerenti tecnologie spaziali, la violazione dei segreti industriali e militari sono, purtroppo, di estrema attualità. A dimostrare la consistenza e la criticità di questo scenario, è il documento pubblicato nel febbraio 2021 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica che analizza le minacce geopolitiche e geostrategiche del Paese, con particolare riferimento alla cybersecurity e alla sicurezza dell’informazione.

La seconda zona d’ombra è legata al capitale. L’elevato costo di investimento e il rischio di un ritorno economico troppo basso nel medio periodo potrebbe spingere a un utilizzo dello spazio prevalentemente per finalità militari. Di qui la necessità per le imprese di adeguare continuamente l’offerta alla domanda, e questo è possibile solo attraverso competitività e innovazione, filiere integrate ed efficienti, che si informino al principio di “open innovation” dove la collaborazione è aperta a tutti gli attori in grado di dare il loro contributo, con opportunità anche per le imprese più piccole.

Infine, un fattore-chiave per mantenere e rafforzare la competitività nel settore spaziale, è la costante ricerca dell’innovazione, attraverso iniziative di ricerca e sviluppo, attività a sostegno del trasferimento tecnologico e di conoscenze tecnico-scientifiche verso e tra i grandi player, le PMI, le università e i centri di ricerca, ma anche con azioni a supporto delle start-up, nonché alla promozione di investimenti aggiuntivi, pubblici e privati, che agiscano come effetto-leva.

[1] “Trattato sui principi che regolano le attività degli Stati nell’esplorazione e nell’uso dello spazio extra-atmosferico, compresi la Luna e gli altri corpi celesti” del 10 ottobre 1967

[2] Prefazione “L’industria italiana dello Spazio. Ieri, oggi e domani” https://www.mise.gov.it/index.php/it/per-i-media/pubblicazioni/2041575-l-industria-italiana-dello-spazio-ieri-oggi-e-domani

[3] 1 Morgan Stanley, (2017). Space: Investing in the Final Frontier. Research [website]. Accessed May 2018. https://www.morganstanley.com/ideas/investing-in-space.

[4] 2 Tran F., Nahal S., Ma B., Epstein R. and Heelan B., (2017). To Infinity And Beyond – Global Space Primer. Thematic Investing, Bank of America Merrill Lynch.

[5] https://www.pwc.fr/fr/assets/files/pdf/2020/12/en-france-pwc-main-trends-and-challenges-in-the-space-sector.pdf

[6]  “L’industria italiana dello Spazio. Ieri, oggi e domani” – Ministero dello Sviluppo Economico

[7] https://www.mise.gov.it/index.php/it/per-i-media/pubblicazioni/2041575-l-industria-italiana-dello-spazio-ieri-oggi-e-domani

[8] (Fonte: Federazione delle Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza - AIAD/ICE Agenzia)


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