Il cambiamento climatico, la COP26 e i giovani
Focus - Capire il nostro ambiente - ENEA per la scuola secondaria di secondo grado
DOI 10.12910/EAI2021-047
di Martina Iorio, Sergio La Motta, Maria Velardi - Sezione trasferimento tecnologico verso i Paesi in Via di Sviluppo in ambito cambiamento climatico, ENEA
A Milano, dal 28 al 30 settembre, al ‘Youth4Climate: Driving Ambition’ i ragazzi di tutto il mondo hanno avuto l’occasione di far sentire la loro voce affinché gli obiettivi sul clima non vengano disattesi o posticipati, facendo pagare proprio a loro il prezzo maggiore. I giovani hanno un ruolo molto importante anche per la COP26 di Glasgow, perché possono indicare obiettivi e misure e vigilare affinchè vengano attuati.
Nella lotta al cambiamento climatico, l’istituzione di maggior rilievo a livello internazionale è la COP - Conferenza delle Parti firmatarie la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Nell’ambito della COP si svolgono i negoziati e si prendono le decisioni per proteggere il clima del pianeta, sulla base delle evidenze scientifiche. La prima COP si è tenuta nel 1995, a Berlino, sotto la presidenza della Cancelliera Angela Merkel: da allora si sono tenute 24 Conferenze delle Parti e la prossima sarà a Glasgow nel dicembre 2021. Si tratta della COP26, inizialmente prevista nel 2020 e poi rimandata a causa della pandemia, che dovrà definire il funzionamento di alcuni meccanismi chiave dell’Accordo di Parigi del 2015 e assicurarne la corretta attuazione. Per preparare l’incontro di Glasgow, l’evento è stato preceduto dalla pre-COP26 di Milano (30 settembre - 2 ottobre 2021) e dal meeting dei giovani di tutto il mondo ‘Youth4Climate: Driving Ambition’ (28-30 settembre, sempre a Milano) per far sentire la loro voce ai decisori della Convenzione sul clima.
Fin dalla sua nascita nel 1988, il mondo scientifico, rappresentato dall’Intergovernmental Panel for Climate Change (IPCC) ha evidenziato che esiste un legame tra l’aumento delle emissioni di gas serra di origine umana (anidride carbonica - CO2, metano – CH4 e protossido di azoto – N2O) e l’aumento della temperatura media del pianeta rispetto all’epoca preindustriale e i conseguenti impatti sui delicati equilibri naturali.
Sulla base di queste evidenze nel 2015, a Parigi, in occasione della COP21, i 197 Paesi partecipanti hanno sottoscritto un accordo per limitare la crescita della temperatura media del pianeta al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli pre-industriali[1], impegnandosi a fare “ogni sforzo” per mantenerla entro 1,5°C. L’Accordo prevede inoltre che le Parti accrescano la propria capacità di adattarsi agli impatti negativi del cambiamento climatico e investano le risorse necessarie per raggiungere gli obiettivi di mitigazione e adattamento[2]. In particolare, l’IPCC precisa che per centrare l’obiettivo degli 1,5°C, sarà necessario arrivare alla cosiddetta neutralità carbonica, ovvero che le emissioni siano completamente compensate dagli assorbimenti da parte del sistema naturale entro il 2050.
Come funziona l’Accordo di Parigi e che cosa ci si aspetta dalla COP26 di Glasgow
L’Accordo di Parigi prevede che ciascun Paese debba presentare il “National Determined Contribution - NDC”, un piano di contenimento delle emissioni, di riduzione della vulnerabilità ai cambiamenti climatici e di messa a disposizione di fondi adeguati; il Piano deve essere aggiornato ogni cinque anni inserendo politiche e misure sempre più ambiziose[3] ed è fondamentale per l’attuazione dell’Accordo stesso.
Gli NDCs sono, quindi, gli strumenti più importanti per dire ai cittadini, in particolare ai giovani, se la risposta internazionale collettiva dei vari Paesi è adeguata ad assicurare che gli obiettivi dell’Accordo di Parigi siano realizzati. Perché ciò avvenga occorre identificare obiettivi ambiziosi e misure d’implementazione credibili di medio periodo (2030), accompagnati da una pianificazione di lungo periodo che preveda un contributo adeguato all’obiettivo di neutralità carbonica entro il 2050.
Particolare attenzione è posta sulla necessità di un cambiamento degli stili di vita come misura di mitigazione, aspetto che non può non riguardare la consapevolezza e l’impegno delle nuove generazioni. Come evidenzia la Figura 1, anche il cibo che mangiamo, l’energia che consumiamo per riscaldarci o per muoverci, il modo in cui viaggiamo, sono tra i fattori determinanti nella definizione della nostra impronta carbonica (carbon footprint).
L’Italia ha aggiornato il proprio NDC nel 2020, in una relazione congiunta con gli altri stati dell’UE ribadendo l’obiettivo di neutralità carbonica al 2050, mentre per il momento altri grandi emettitori, come Corea e Giappone, hanno solo dichiarato i loro impegni. La Cina ancora non ha aggiornato il proprio NDC e, anzi, posticipa il suo obbiettivo di neutralità carbonica al 2060[4].
È incoraggiante invece la posizione degli USA che, con il nuovo Presidente Joe Biden, rientrano nell’Accordo di Parigi dal quale si erano svincolati durante la presidenza di Donald Trump. Per loro, l’Accordo è entrato nuovamente in vigore dallo scorso 19 febbraio 2021: ora ci si aspetta che gli USA aggiornino al più presto il loro NDC per diventare uno dei Paesi guida alla corsa verso la neutralità carbonica.
Ad oggi, tuttavia, l'“Emission Gap Report 2020”, il rapporto sul divario nella riduzione delle emissioni (https://www.unep.org/emissions-gap-report-2020) del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente[5] (UNEP ) evidenzia che sommando gli effetti degli NDCs attualmente presentati, si arriverebbe ad un aumento della temperatura media del pianeta di oltre 3°C entro il 2100, ben lontano dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Un altro nodo negoziale molto delicato riguarda la questione degli aiuti finanziari e tecnologici che i Paesi industrializzati sono tenuti a fornire ai Paesi in Via di Sviluppo (PVS) per aiutarli a raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. La Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici, infatti, vuole che le Parti, ovvero i Paesi firmatari, agiscano in base a responsabilità comuni e condivise, ciascuna secondo le proprie possibilità[6]; inoltre prevede che i Paesi industrializzati aiutino i PVS a raggiungere gli obiettivi climatici attraverso meccanismi finanziari quali il Financial Mechanism ed i fondi operativi posti sotto la guida della COP: il Global Environmental Fund (GEF), il Green Climate Fund (GCF) e l’Adaptation Fund (AF).
Dunque, nel 2015 la COP21 con gli Accordi di Parigi ha confermato e rafforzato gli impegni assunti in precedenza. Inoltre, per quanto riguarda l’attività di supporto ai PVS, ha invitato le Parti a tener ben in conto le esigenze finanziarie e tecnologiche dei Paesi beneficiari con particolare riferimento alle isole ed ai Paesi meno sviluppati tra i PVS.
Nel fare questo, le Parti dovranno bilanciare le azioni di mitigazione con quelle di adattamento, oltre ad impegnarsi a garantire che i flussi di finanziamento, almeno 100 miliardi di dollari l’anno, favoriscano sempre lo sviluppo sostenibile. Infine, secondo l’Accordo, le Parti firmatarie dovranno rendicontare la propria attività di supporto finanziario, tecnologico e di capacity building, seguendo specifiche regole di trasparenza[7]. La COP26 di Glasgow sarà l’occasione per valutare se gli impegni finanziari attualmente intrapresi e assicurati dagli Stati sono congrui con gli obiettivi dell’intesa di Parigi.
Conclusioni
I giovani hanno un ruolo molto importante per la riuscita della COP26, sia per condizionare la negoziazione di obiettivi e misure, nell’ottica di un dialogo che coinvolga tutti i cittadini e i portatori di interesse, sia per vigilare affinché tali misure siano effettivamente attuate anche attraverso un cambiamento degli stili di vita che non può non riguardare la consapevolezza e l’impegno delle nuove generazioni. La posta in gioco è la salute del nostro pianeta e, se gli obiettivi dell’Accordo di Parigi dovessero essere disattesi o posticipati, sarebbero proprio i giovani a pagarne il prezzo maggiore.
[1] Articolo 2 dell’Accordo di Parigi, https://unfccc.int/sites/default/files/english_paris_agreement.pdf
[2] Articolo 4 dell’Accordo di Parigi, https://unfccc.int/sites/default/files/english_paris_agreement.pdf
[3] La prima versione dei Piani è stata inviata dalle Parti nel 2015 ed un primo aggiornamento era previsto per il 2020 per indicare gli obiettivi al 2030 e le strategie al 2050. La stessa COP26, avrebbe dovuto avere come uno degli obiettivi principali quello di creare le condizioni per avere degli NDCs più ambiziosi e il suo rinvio al 2021 non cambia l’urgenza di avere obiettivi di mitigazione e adattamento più ambiziosi.
[4] Il dato è emerso i occasione dell’Assemblea Generale dell’ONU nel settembre 2020
[5] Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (United Nations Environment Programme - UNEP) è un organo sussidiario dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, istituito con la risoluzione 2997 (XXVII) del 15 dicembre 1972. Nel suo mandato rientrano funzioni di studio e operative, per fornire assistenza tecnica ai paesi in via di sviluppo, anche nel settore della legislazione ambientale e, fra gli altri compiti, l’adozione di atti non vincolanti (raccomandazioni e linee guida) e progetti di convenzioni ambientali; il coordinamento delle attività di tutela dell’ambiente svolte nell’ambito dell’ONU; la funzione di segretariato di alcuni trattati ambientali
[6] Articoli dal 9 al 13 dell’Accordo di Parigi.
[7] Articoli dal 9 al 13 dell’Accordo di Parigi.
Riferimenti
- Intergovernmental Panel for Climate Change – IPCC, Quinto rapporto di valutazione, 2014 (https://www.ipcc.ch/report/ar5/syr/)
- Intergovernmental Panel for Climate Change – IPCC, Global Warming of 1.5°C, 2018 (https://www.ipcc.ch/sr15/)
- Interim NDC Registry (https://www4.unfccc.int/sites/ndcstaging/Pages/Home.aspx)
- United Nation Environment Programme – UNEP, Emission Gap Report, 2020 (https://www.unep.org/emissions-gap-report-2020)
- Eurostat – Statistic Explained, Greenhouse gas emission statistics - carbon footprints, 2020 (https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?oldid=473896)
- United Nations Framework Convention on Climate Change – UNFCCC, Climate Finance Data Portal (https://unfccc.int/climatefinance?home)
LE VIDEO-PILLOLE “SALLO - tutto quello che avreSte voluto sApere suL cambiamento cLimaticO”
Nelle VIDEO-PILLOLE “SALLO - tutto quello che avreSte voluto sApere suL cambiamento cLimaticO” che seguono, gli esperti dell’ENEA hanno presentato i risultati aggregati del questionario SALLO!Quiz, un sondaggio online per capire quali sono le convinzioni più diffuse sul cambiamento climatico in Italia, quali i luoghi comuni e le fake news, con l’obiettivo di favorire una corretta informazione e promuovere comportamenti virtuosi. Le video pillole, realizzate e presentate nell'ambito della Pre-COP 26 di Milano, forniscono le risposte corrette, chiariscono e approfondiscono i concetti su cui sono emerse convinzioni errate, per una più attiva partecipazione dei giovani al processo di transizione ecologica.
SALLO! Introduzione e presentazione
SALLO!Pillola 3. Contributi di settore alle emissioni di gas ad effetto serra
SALLO!Pillola 1. Clima e riscaldamento globale
SALLO!Pillola 4. Politiche e strategie per il contrasto al cambiamento climatico
SALLO!Pillola 2. Impatti e costi del cambiamento climatico
SALLO!Pillola 5. Aspettative e Buone Pratiche
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